Nel pomeriggio di ieri la McLaren ha annunciato che, a partire dal 2026, la nota compagnia di carte di credito americana, la Mastercard, sarà il title sponsor del team che, di fatto, perde la sua unicità in F1, essendo finora stata l’unica scuderia a non avere uno sponsor nel nome.
Il gigante americano della finanza era già uno degli sponsor della franchigia inglese dallo scorso anno e, dal prossimo, salirà di livello. Si parla di un accordo da 100 milioni di dollari all’anno.
Ma questa non è la prima volta per la compagnia americana in Formula 1. Bisognerà andare indietro nel tempo, di quasi 30 anni, per conoscere una delle peggiori esperienze che la massima categoria del motorsport abbia mai visto.
La Mastercard Lola Formula One Racing Team, spesso abbreviata come Mastercard Lola o semplicemente Lola, è stata una delle avventure più brevi e disastrose nella storia della categoria. Si tratta di un team britannico che ha partecipato solo alle qualifiche del Gran Premio d’Australia del 1997, per poi ritirarsi immediatamente dal campionato a causa di problemi tecnici, finanziari (sembra un paradosso) e di prestazioni catastrofiche. La squadra ha lasciato un’eredità di debiti e fallimenti, ma è anche un esempio tangibile di come le pressioni commerciali possano rovinare un progetto ambizioso.
Le origini: la Lola Cars e l’ingresso in F1
Lola Cars fu fondata nel 1958 da Eric Broadley, un architetto britannico appassionato di motori e ingegneria automobilistica. Il nome “Lola” deriva dalla canzone “Whatever Lola Wants” dal musical Damn Yankees. Inizialmente, Broadley finanziò il progetto con il suo lavoro da geometra, producendo auto da corsa per vari campionati. Negli anni ’60, Lola entrò nel mondo della Formula 1 come fornitore di telai per team come BMW, March e Shadow, ma non come squadra autonoma. Tra gli anni ’70 e ’80 il successo arrivò in altre categorie, come la Formula 2, la IndyCar e le sportscar, con vittorie anche a Le Mans.
Negli anni ’90 Lola fornì telai a team di Formula 1 come la Larrousse e la Scuderia Italia, nel 1993 con la T93/30. Broadley decise allora di fare il passo successivo: creare un team tutto suo. Nel 1995, un prototipo chiamato T95/30 fu testato dallo scozzese Allan McNish, ma mancavano i fondi per svilupparlo. A fine 1996, le cose cambiarono grazie a un accordo con Mastercard, che divenne title sponsor.
L’idea era ambiziosa: debuttare nel 1998, con un motore V10 in proprio e un budget sostenuto da un “F1 Club” per i titolari di carte della compagnia americana con un proto-crowdfunding. Broadley mirava a superare il nuovo team, la Stewart Grand Prix, e a competere con la Arrows, che aveva ingaggiato il campione del mondo in carica Damon Hill.

La pressione della Mastercard e l’esordio anticipato
Il piano originale per il 1998 saltò a causa delle pressioni della compagnia di carte di credito, che voleva lanciare il suo “F1 Club” un anno prima per competere con rivali come il gruppo bancario della HSBC, sponsor della Stewart. Broadley cedette: nel novembre 1996 annunciarono l’ingresso per l’anno successivo. Questo forzò una preparazione lampo: solo quattro mesi per progettare e costruire l’auto, senza tempo per test adeguati.
La vettura, la Lola T97/30, progettata da Broadley e Chris Saunders, fu basata su tecnologia IndyCar e CART, ma non fu mai testata in galleria del vento e accumulò solo pochi giri su pista, appena 12, a Silverstone. Il motore V10 Lola non era pronto, così usarono un vecchio Ford-Cosworth Zetec-R V8 del 1995, lo stesso della Sauber e del fallito team Forti, obsoleto e poco potente. Pesava 520 kg, montava gomme Bridgestone e aveva una livrea arancione-rossa con il logo della compagnia ben visibile.
I piloti furono l’italiano Vincenzo Sospiri, campione di F3000 nel 1995, ex collaudatore della Benetton, e il brasiliano Ricardo Rosset con un passato all’Arrows. Entrambi avevano corso insieme in F3000 nel 1995. Sospiri firmò un contratto quadriennale, rinunciando al ruolo che aveva in Benetton per un posto da titolare. Un altro pilota italiano, Andrea Montermin, fu ingaggiato come collaudatore. La presentazione della T97/30, avvenne il 20 febbraio 1997 all’Hilton Hotel di Londra. Broadley dichiarò: “Puntiamo al titolo mondiale entro quattro anni“. Ma la realtà fu diversa.

Il debutto disastroso: il Gran Premio d’Australia 1997
Il primo e unico weekend di gara fu al Gran Premio d’Australia a Melbourne, il 7-9 marzo 1997. Le auto arrivarono complete solo poche ore prima delle prove libere, grazie a turni di lavoro non-stop dei meccanici. Il pilota canadese della Williams Jacques Villeneuve conquistò la pole con un 1:29.369. La regola del 107% permetteva di qualificarsi entro 1:35.625.
I piloti della Lola Mastercard si esibirono in una performance che andava oltre il disastro: Sospiri chiuse le qualifiche con 1:40.972, 11 secondi più lento della pole, 5 secondi oltre il 107%, e Rosset andò ancora peggio, 1:42.086, 12.7 secondi dalla pole.
Entrambi fallirono la qualificazione, senza eccezioni, non avendo tempi validi nelle libere. La T97/30 mancava di grip meccanico, era instabile in curva e lenta in rettilineo. Sospiri descrisse l’auto come “difficile da guidare, che oscillava a destra e sinistra anche in linea retta“. Rispetto allo Stewart, l’altro team esordiente, che si qualificò, la Lola fu umiliata. Broadley aveva puntato a battere proprio loro, ma fu un flop totale.

Il crollo e il ritiro della Lola Mastercard
Le auto furono spedite in Brasile per il Gran Premio di Interlagos, e i piloti arrivarono sul posto. Ma il 26 marzo, la Mastercard ritirò il finanziamento, seguita da altri sponsor, citando “problemi tecnici e finanziari“. Sospiri seppe del ritiro da un giornale brasiliano: “Ho chiamato Rosset, che era nel camion pronto a essere sigillato. Tutto finì lì“. Il team tornò in Inghilterra senza correre.
Lola accumulò 6 milioni di sterline di debiti, portando l’azienda sull’orlo della bancarotta. Poche settimane dopo, entrò in amministrazione controllata. L’imprenditore irlandese Martin Birrane comprò la Lola, salvandola e rilanciandola in altre serie, come la IndyCar e l’A1GP, ma non tornò mai in Formula 1 come team. L’azienda vendette a Zoran Stefanović i suoi materiali per il progetto fallito Stefan Grand Prix nel 1998.
Sospiri non corse mai in F1 e la sua carriera ne risentì gravemente: “era il mio sogno, ma la realtà non era come promesso“. Rosset corse con la Tyrrell nel 1998. Nel 2009, Lola tentò un ritorno per il 2010, ma la FIA lo bloccò. L’azienda chiuse nel 2012, per poi rinascere nel 2022 e annunciare l’ingresso in Formula E nel 2025 con la Yamaha.
La Lola è spesso citata tra i peggiori team di F1 di sempre, terza in una classifica di Motorsport Week del 2021, dopo la Life e l’Andrea Moda. Generò zero punti, zero partenze e un debito enorme. Simboleggia i rischi di entrate frettolose spinte da sponsor. Broadley, in un’intervista del 2008 a Motorsport, ammise: “fu un errore entrare un anno prima“. Oggi, Lola è sinonimo di romanticismo fallito nella Formula 1, ma il suo ritorno in Formula E potrebbe riscattare parte della storia.
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Crediti foto: Sutton Images, The Times