Laurent Mekies non ha usato giri di parole: sviluppare una power unit interna per il 2026 sarà come “scalare l’Everest”. Una dichiarazione resa a Motorsport nella sua edizione nipponica che fotografa senza giri di parole il momento storico che sta vivendo Red Bull: dopo aver dominato un’era intera grazie all’abbinata Newey–Honda–Verstappen, la scuderia austriaca si trova ora davanti alla prova più critica della sua storia. Per la prima volta, infatti, dovrà costruire un motore in autonomia, affidandosi alla struttura creata da pochi anni, il Red Bull Powertrains (RBPT).
Il messaggio di Mekies è chiaro: non ci si può illudere di essere competitivi fin dall’inizio contro costruttori che sviluppano propulsori da decenni. “È sciocco pensare di poter raggiungere Ferrari o Mercedes dal primo anno”, ha ammesso. Un bagno di realismo che suona come avvertimento a tifosi e addetti ai lavori: Red Bull, nel 2026, sarà probabilmente costretta a inseguire.

Red Bull Powertrains: la follia calcolata di Milton Keynes
Christian Horner, nel difendere la scelta di costruire un proprio motore, aveva parlato di un passo necessario per l’indipendenza tecnica del gruppo. Mekies, subentrato alla guida, ha definito questa decisione “folle”, ma coerente con lo spirito Red Bull: rischiare dove altri non oserebbero.
Red Bull è nata come “outsider” capace di sfidare colossi storici. Dal 2009 in poi ha saputo scrivere cicli vincenti grazie alla genialità aerodinamica di Adrian Newey, prima con i motori Renault, poi con il matrimonio con Honda. Ma sviluppare un’intera unità propulsiva è un salto in una dimensione completamente nuova. Non si tratta di affinare l’aerodinamica o di ottimizzare l’assetto, bensì di gestire una catena industriale complessa fatta di ricerca termodinamica, elettronica avanzata, sviluppo batterie, carburanti sintetici e banchi prova dedicati.
Ferrari e Mercedes hanno costruito la loro credibilità proprio attraverso la continuità motoristica. Red Bull, invece, parte da zero. E per questo motivo Mekies ha avvertito: il 2026 non sarà un anno di dominio, ma di apprendimento.
I tre fronti tecnici della sfida di Red Bull Powertrains
Lo sviluppo della power unit 2026 presenta criticità notevoli, soprattutto in tre aree:
ICE e carburanti sostenibili
Il motore a combustione interna, pur ridimensionato nel bilanciamento complessivo, resterà centrale. La sfida riguarda l’efficienza con carburanti 100% sostenibili. Ferrari e Mercedes hanno già anni di collaborazione con partner energetici e chimici, mentre Honda ha sfruttato il know-how acquisito in Giappone e nei suoi centri di ricerca. Red Bull deve ancora colmare un divario infrastrutturale e relazionale: non basta avere il carburante, bisogna adattarlo al ciclo termodinamico della PU con una precisione chirurgica.
L’ibrido (ERS) e il raddoppio della potenza elettrica
La novità più rilevante del regolamento 2026 è l’aumento della potenza elettrica, che passerà da circa 120 a oltre 350 kW. Questo comporta la necessità di sviluppare batterie più performanti e sistemi di raffreddamento inediti senza più contare sul motogeneratore MGU-H che renderà un fratello solitario l’altro elemento: l’MGU-K che avrà un impatto sensibile anche sugli impianti frenanti: leggi qui. È proprio l’area dove Honda aveva fallito all’inizio dell’era ibrida, quando i suoi motori soffrivano di surriscaldamento e inefficienze. Red Bull rischia di ripercorrere lo stesso calvario, almeno inizialmente, con inevitabili problemi di affidabilità e di gestione energetica.
L’integrazione con il telaio
Il punto di forza della Red Bull targata Newey è sempre stato il telaio. Ma la nuova PU dovrà sposarsi perfettamente con l’aerodinamica e la distribuzione dei pesi. Il packaging del motore, la disposizione delle batterie e il sistema di raffreddamento influenzeranno direttamente il design della monoposto. Ferrari e Mercedes hanno la possibilità di poter lavorare in sinergia tra reparto motore e telaio da decenni, mentre a Milton Keynes dovranno costruire un dialogo tecnico ex novo tra due comparti che non hanno ancora una storia comune.

Il nodo organizzativo: la vera partita si gioca fuori dalla pista
Mekies lo ha sottolineato: non si tratta solo di sviluppare un motore, ma di costruire un’organizzazione. La sfida più grande non è meccanica, ma umana.
Ferrari a Maranello e Mercedes a Brixworth dispongono di stabilimenti con una filiera consolidata: banchi dinamici, simulazioni integrate, software di analisi predittiva e personale specializzato formato in anni di esperienza. Red Bull sta solo ora completando il suo campus motoristico a Milton Keynes. È una struttura futuristica, ma la tecnologia non basta senza l’esperienza.
Serviranno mesi, forse qualche anno, per creare una cultura motoristica interna, per definire gerarchie ingegneristiche e per amalgamare centinaia di tecnici provenienti da background diversi. Nel frattempo, i rivali corrono già con una macchina organizzativa collaudata.
I cicli regolamentari come spartiacque
La storia della Formula 1 insegna che i cambi di regolamento aprono cicli lunghi. Nel 2014 Mercedes ha inaugurato l’era turbo-ibrida con un vantaggio clamoroso, frutto di un lavoro iniziato anni prima: quel margine ha permesso alle Frecce d’Argento di vincere otto titoli costruttori consecutivi e sette piloti. Nel 2022 Red Bull ha saputo interpretare meglio degli altri l’introduzione del nuovo regolamento aerodinamico, costruendo il ciclo attuale di dominio.
Il 2026 potrebbe replicare questo schema: chi parte forte avrà una base solida per dettare legge fino al 2030. Ed è proprio qui che nasce la preoccupazione: se Red Bull dovesse presentarsi con una PU acerba, il rischio è di consegnare il trono a Ferrari o Mercedes per diversi anni.

F1 2026: cosa aspettarsi dai rivali?
Ferrari
La Scuderia di Maranello può contare su una tradizione motoristica ininterrotta dal 1950. Il reparto del Cavallino Rampante lavora da anni sui carburanti sintetici e ha mostrato segnali di competitività anche con l’attuale PU. La grande incognita non è la qualità del motore, ma la capacità di tradurla in successi continui: un aspetto che la gestione Fred Vasseur sta cercando di stabilizzare.
Mercedes
Brixworth è un tempio della motoristica moderna. La struttura guidata da Hywel Thomas ha dimostrato una capacità quasi unica di interpretare i regolamenti, dominando l’era ibrida dal 2014 al 2021. Il know-how tecnico e l’esperienza accumulata nel campo elettrico garantiscono a Mercedes una posizione privilegiata nella sfida 2026.
Honda
Il ritorno ufficiale della Honda è un altro elemento critico. Dopo anni di collaborazione con Red Bull, la casa giapponese si lega ad Aston Martin con un progetto completo. Honda ha già superato il trauma dell’inizio fallimentare dell’era ibrida e oggi dispone di una PU efficiente e potente, come ha raccontato con chiarezza il Gran Premio d’Italia. L’esperienza accumulata potrà essere riversata nel nuovo ciclo, rendendo Aston Martin un avversario pericoloso e privando Red Bull di un partner affidabile.
Gli outsider
Cadillac verrà valutata solo nel 2028, quando scenderà in pista con la sua power unit dopo aver sfruttato per due anni quella Ferrari. Audi, invece, vivrà una situazione simile a quella Red Bull, anche se la sua lunga storia nelle corse probabilmente offre una mentalità più strutturata di quella che può avere un progetto nascente come quello di Milton Keynes. Anche la casa dei Quattro Anelli, in ogni caso, potrebbe partire uno step più indietro di Mercedes (la grande favorita secondo il parere più diffuso), Ferrari e Honda.

Red Bull tra rischio e opportunità
Nonostante i rischi, la filosofia Red Bull resta improntata all’audacia. “È tipico di Red Bull affrontare sfide folli”, ha ribadito Mekies, sottolineando che il team non ha paura delle notti insonni necessarie per recuperare il terreno. L’approccio sarà graduale: costruire competenze, consolidare il reparto motoristico e puntare a ridurre progressivamente il gap.
Se la scalata riuscirà, sarà una delle imprese più leggendarie della storia della Formula 1: un team nato come outsider, trasformatosi in campione, e infine diventato costruttore indipendente capace di sfidare giganti industriali. Ma se l’Everest si rivelerà troppo alto, il rischio è di inaugurare un ciclo di rincorsa, proprio mentre Ferrari, Mercedes e Honda saranno pronte ad aprire un nuovo dominio.
Il 2026 non sarà un anno qualunque: segnerà il confine tra l’era del dominio Red Bull e l’inizio di una fase incerta. Le parole di Mekies sono un avviso: il team di Milton Keynes non sarà al vertice sin da subito, ma dovrà costruire passo dopo passo la propria credibilità motoristica. L’Everest è davanti e la salita è appena cominciata.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, Honda, Mercedes A-AMG Petronas F1 Team
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