Probabilmente Mohammed Ben Sulayem, presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile da ormai tre anni, soffre della sindrome di accerchiamento. Quella patologia che ti fa sentire al centro del mondo, ovviamente vessato, senza che in realtà gli altri ti stiano accusando indebitamente per cose fatte.
Sì, perché le critiche al numero uno di Place de La Concorde non sono frutto della sua fantasia. Si tratta di atti concreti che provengono da un po’ ovunque. A margine a una tappa della Dakar, l’ex rallista emiratino se l’è presa nuovamente con la stampa, rea di vituperarlo e di accusarlo chissà per quali “delitti gestionali” che egli rispedisce al mittente.
Nei mesi scorsi, Ben Sulayem si era scagliato contro i media inglesi, rei di metterlo in cattiva luce per il suo modo di gestire la Formula 1. All’epoca aveva risposto affermando che la cosa non lo sfiorava e che i giornalisti non avevano alcun potere sulla Federazione Internazionale.
“I media britannici, come tutti gli altri media, non hanno diritto di voto. Il potere ce l’ha l’Assemblea Generale della FIA, non i media inglesi”, aveva tuonato il manager, come un bambino che possiede il pallone e, a un certo punto, decide di mettere fine ai giochi perché non riesce a vincere la partita.

Mohammed Ben Sulayem e quelle intolleranze alle critiche
Se si sono levati cori di protesta rispetto all’operato del numero uno della Federazione, è perché questi ha messo mano a una profonda ristrutturazione dell’ente che guida, una rivisitazione procedurale mossa da poca trasparenza e da un accentramento di poteri senza precedenti.
Veniamo ai fatti. La FIA, per volontà di Mohammed Ben Sulayem, intendeva proporre un cambio che, secondo molti, poteva mettere a rischio la trasparenza e la stessa governance dell’ente parigino.
Il 13 dicembre è stata ratificata una serie di novità che, nei fatti, hanno reso il processo decisionale della FIA molto meno aperto. Modifiche statutarie (approvate da una maggioranza molto ampia composta da delegati che hanno sponsorizzato la candidatura di Ben Sulayem) non propriamente incoraggianti in termini di democraticità del processo di controllo.
Si è decretato che d’ora in poi saranno solo il presidente della FIA e quello del Senato a poter decidere sui reclami. Di fatto, tutto il Senato verrà esautorato dalle sue funzioni primordiali.
Ancora, il responsabile della conformità, altra figura chiave nel controllo delle procedure, non avrà più la possibilità di effettuare una verifica indipendente sulle questioni finanziarie. Ma non finisce qui: il numero uno della FIA e il capo del Senato potranno, in piena indipendenza, nominare i vertici del comitato etico e di quello della conformità.

Mohammed Ben Sulayem e il Marchese del Grillo
Sinteticamente, oggi abbiamo un Mohammed Ben Sulayem asso pigliatutto che sta trasformando Place de la Concorde nel giardino di casa. C’è preoccupazione poiché queste scelte controverse rischiano di marginalizzare la Federazione Internazionale, l’ente che organizza i più importanti campionati del mondo relativi al motorsport: la Formula 1, le categorie propedeutiche F2 e F3, il WEC, il Rally e molte altre competizioni con minore esposizione mediatica.
Questo atteggiamento di malcelata superiorità del numero uno della Federazione Internazionale, che ricorda molto l’uscita di Alberto Sordi nel famoso film di Mario Monicelli, parafrasata nel titolo di questo articolo, di certo non può imbavagliare chi ha il compito di riportare notizie e di fare analisi e valutazioni sulle stesse.
I giornalisti, una categoria fin troppo bistrattata, hanno diritto di fare cronaca e anche di far luce sugli aspetti meno limpidi, in qualsiasi ambito. Si agiti quanto vuole, il prode presidente, ma troverà sempre chi condannerà questo atteggiamento e lecitamente esprimerà il suo punto di vista. In democrazia funziona così. Qualcuno glielo spieghi.
Crediti foto: F1, FIA