Questo scritto non vuole affrontare questioni tecniche né essere un’algida carrellata di ciò che ha fatto Carlos Sainz nella sua esperienza ferrarista. È semplicemente una riflessione, con lettere e punteggiatura, volta a evidenziare quanto sia scorretto, inaccettabile e sì, ridicolo, l’accanimento di una parte del tifo rosso nei confronti del madrileno.
Carlos Sainz, per alcuni, è una sorta di vaso di Pandora, quel recipiente che, nella mitologia greca, contiene tutti i mali del mondo separati dall’essere umano fino alla sua apertura. “Piove? Governo ladro!”, si diceva un tempo. Oggi sembra proprio che il nome di Sainz possa sostituire quello di chi esercita il potere politico.
Sainz ha avuto una grande “colpa” e per questo sconta accuse lunari: essere venuto in Ferrari per fare la spalla e diventare, nei fatti, un pilota libero di correre, poiché il suo livello prestazionale generale non era poi così lontano da quello di Leclerc. Mettiamo subito le cose in chiaro: in termini di cruda velocità, Charles è e resta più veloce di Carlos. Su questo non possono esserci dubbi, e i numeri parlano chiaro, soprattutto guardando l’esercizio del giro di qualifica, dove emerge la velocità pura.
Ma un pilota non è solo questo. Un driver efficace deve possedere altre caratteristiche nel suo bagaglio tecnico: visione strategica, capacità di lettura del momento, adattamento a monoposto non perfette, abilità nel guidare lo sviluppo tecnico degli ingegneri e tanti altri elementi necessari per vincere le sfide della Formula 1.
Carlos Sainz possiede tutte queste doti e lo ha dimostrato nel suo quadriennio ferrarista. I numeri sono sotto gli occhi di tutti e non possono essere confutati nemmeno dai più integralisti tra gli odiatori, quelli che in questi giorni stanno dando il peggio di sé sui soliti social network, agorà trasformate in sfogatoi per punti di vista discutibili che dovrebbero far vergognare gli autori.

Molti ridono, perfetti stolti, del “downgrade” che lo spagnolo avrebbe fatto andando in Williams. Probabilmente Carlos è stato vittima della sua stessa cifra tecnica. Uno così avrebbe fatto comodo alla Red Bull, ma non a Max Verstappen, che preferisce al suo fianco un Pérez o un Liam Lawson, e non certo qualcuno con una caratura tecnica e una tenuta mentale di alto livello. Meglio un cavaliere servente che un pilota strutturato e fastidioso.
Anche Mercedes ha valutato lo spagnolo, ma la sua candidatura è stata scartata non per un deficit professionale, bensì per puntare su un investimento interno, Andrea Kimi Antonelli, in un anno di transizione come sarà il 2025. Insomma, Carlos è stato incastrato dagli eventi e ha dovuto scegliere una nobile decaduta che, però, ha ambizioni solide e possibilità di risalire lentamente la china, sfruttando magari la rivoluzione regolamentare del 2026.
Carlos ha fatto bene in Ferrari ma ha dovuto cedere il sedile a un sette volte campione del mondo, un’opportunità che Maranello non poteva lasciarsi sfuggire. Sainz è stato una vittima del nuovo corso: Fred Vasseur è sempre stato molto vicino a Leclerc, avendolo cresciuto, ed è da sempre legato a Lewis Hamilton, di cui ha seguito gli inizi dello carriera.
Ciò non significa che il rapporto tra il manager francese e il pilota madrileno fosse compromesso, tutt’altro. Allontanare Sainz è stata una scelta sofferta, che poteva generare tensioni interne alla Ferrari. E se ciò non è accaduto, è merito della professionalità di Carlos, che ha sempre messo il bene della squadra al primo posto.
Nella vulgata popolare, invece, passa il messaggio secondo cui Sainz abbia pensato solo al proprio tornaconto. E perché? Perché in alcune circostanze ha fatto il racer, duellando con il compagno di squadra. Questo è ciò che un pilota professionista fa, soprattutto in un contesto in cui il team principal lascia libertà di duello. Una evidenza che alcuni stolti da tastiera non hanno voluto considerare nelle loro strampalate ricostruzioni.
Perché tutto questo astio? Non c’è una risposta univoca. È difficile entrare nelle dinamiche psicologiche del tifoso, mosso da pulsioni violente più che dalla necessaria razionalità. Forse Sainz sconta il “peccato originale” di essere stato un uomo di Mattia Binotto, che lo scelse per sostituire Sebastian Vettel quando si pensava che quest’ultimo avrebbe rinnovato il contratto.
L’attuale dirigente Audi è un altro uomo su cui pendono critiche feroci, alcune delle quali lecite. Per una parte del tifo ferrarista, spesso troppo divisiva, lo spagnolo arrivava esautorando un mito rosso come Seb, e questa cosa ha sempre fatto storcere il naso a qualcuno.

Ma la storia di Sainz in rosso è quella di un grande professionista che ha operato con i suoi alti e le sue normali cadute, che ogni pilota affronta nella carriera. Errori e battute d’arresto non sono mancati, ma Carlos è sempre stato vicino a Charles, sia in pista che fuori. Vedere un pilota così attaccato alla causa ferrarista essere bistrattato in modo così becero fa male al cuore e ferisce l’intelletto.
Liberatevi da questo complesso e godetevi la crescita della Ferrari, tributando i giusti onori a un conducente che ha contribuito a scrivere qualche pagina della grande storia del Cavallino Rampante. Una storia che sarà sempre superiore ai personaggi che l’hanno costruita, che si chiamino Michael Schumacher, Carlos Sainz, Charles Leclerc, Lewis Hamilton o qualsiasi altro pilota che, da qui al futuro, abbraccerà la causa rossa.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP