Tra i protagonisti silenziosi del mondo Ferrari, c’è Fredrik Westin, responsabile del sistema turbo della Scuderia Ferrari. In vista del Gran Premio del Canada (qui il programma completo), l’ingegnere svedese ha condiviso una panoramica tecnica sulla gestione della power unit sul tracciato di Montreal, raccontando anche il complesso lavoro di pianificazione che regola l’utilizzo dei propulsori durante la stagione e il suo percorso professionale a Maranello.
Montreal: tra staccate violente e gestione dell’energia
Il Circuit Gilles Villeneuve, che si snoda per 4.361 metri lungo l’isola di Notre-Dame, è uno dei tracciati più impegnativi per le power unit: leggi l’anteprima. La combinazione tra lunghi rettilinei e curve strette mette sotto pressione l’intero sistema propulsivo, soprattutto in fase di frenata e accelerazione. Ben 9 delle 14 curve presenti sono angolate a 90 gradi o più, costringendo la monoposto a repentini cambi di ritmo. Particolarmente insidiosa è la celebre chicane finale, che sfocia nel famigerato “muro dei campioni”, spesso impietoso con chi sbaglia l’uscita di curva 14.
Dal punto di vista del recupero energetico, la pista canadese si colloca nella media stagionale. I tratti ad alta velocità offrono al turbocompressore l’opportunità di rigenerare efficacemente l’energia necessaria al sistema ibrido. A complicare il quadro ci sono però le condizioni meteo (leggi qui), che a Montreal possono cambiare rapidamente. Quest’anno, le previsioni indicano temperature più contenute rispetto alla media, un fattore che gioca a favore sia del raffreddamento della power unit sia dell’efficienza del compressore.
Gestione delle unità: una strategia calibrata al millimetro
Nel cuore dell’attività tecnica di ogni team c’è una meticolosa pianificazione dell’impiego delle power unit e delle relative componenti, il cui numero è rigidamente limitato dal regolamento FIA. Secondo Westin, la gestione annuale si fonda su tre direttrici principali.
La priorità assoluta è garantire l’affidabilità sull’arco dell’intero campionato, riducendo al minimo il rischio di rotture in gara. Per farlo, le squadre distribuiscono con attenzione il chilometraggio su ciascun componente, evitando che una singola unità venga sollecitata oltre misura. Ogni tracciato presenta esigenze specifiche e, all’occorrenza, le scelte possono essere riviste alla luce dei controlli effettuati dopo ogni Gran Premio.
Il secondo punto riguarda la disponibilità strategica di componenti già utilizzati ma ancora funzionanti, fondamentali per evitare penalità in caso di emergenze. Avere una power unit “di scorta” può fare la differenza nel corso della stagione: guasti imprevisti, segnali anomali in telemetria o incidenti possono richiedere la sostituzione immediata di una parte, anche solo per motivi precauzionali. In queste situazioni, evitare l’impiego di una quinta unità – non prevista dal regolamento – diventa cruciale.
Infine, l’introduzione di una nuova power unit viene pianificata in funzione del calendario: la scelta ricade su circuiti dove la potenza fa davvero la differenza, ma senza anticipare troppo l’inserimento per non compromettere il margine di gestione nei mesi successivi.

Dalla Svezia a Maranello, passando per la ricerca
L’arrivo di Fredrik Westin in Ferrari risale al 2012. Dopo un dottorato dedicato ai turbocompressori e varie esperienze nel settore automotive, il passaggio in Formula 1 è stato quasi naturale. Quando i turbo sono tornati in auge nel 2014, Maranello era alla ricerca di un profilo esperto proprio in quell’ambito tecnico. “Era il momento perfetto e il lavoro dei sogni”, racconta Westin. Da allora, la sua carriera è progredita di pari passo con l’evoluzione delle power unit ibride, lavorando a stretto contatto con il cuore tecnologico della monoposto più iconica del Circus.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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