Cari lettori e tifosi della Ferrari, immaginate una stanza sotterranea, illuminata solo dal bagliore degli schermi e connotata dal ticchettio di orologi che contano i minuti. 19, per l’esattezza. È la “Situation Room” della Casa Bianca nel film “A House of Dynamite”, presentato alla scorsa Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e uscito da pochi giorni su Netflix.
In quella stanza, la regista premio Oscar Kathryn Bigelow (Point Break, Strange Days, The Hurt Locker), ci chiude dentro con il Presidente – interpretato da Idris Elba – e il suo staff mentre un missile nucleare anonimo punta su Chicago. Nessun eroismo hollywoodiano: solo voci tese, protocolli, dubbi. “Il mondo è una “casa di dinamite”“, dice il Presidente. Basta una scintilla e tutto salta.
Ora cambiate scenario. Spostatevi a Maranello, Emilia-Romagna. Un’altra stanza sotterranea, la Gestione Sportiva della Scuderia Ferrari. Schermi, telemetrie, orologi che contano decimi di secondo. 19 giri di vantaggio da difendere, o da inseguire. Un pit-stop sbagliato, una gomma che non tiene, un ordine di scuderia mal interpretato: la stagione salta in aria. Il mondo della Formula 1 è anch’esso una casa di dinamite, tinta di rosso.
Il paragone non è ardito: è inevitabile.

La catena di comando fragile
Nel film, ogni telefono è un detonatore. Il generale Brady (interpretato da Tracy Letts) vuole rispondere al fuoco; il consigliere Baerington (interpretato da Gabriel Basso) frena. Il Presidente ascolta, suda, esita. A Maranello è lo stesso: Fred Vasseur team principal del Cavallino Rampante, deve mediare tra Leclerc che attacca e Hamilton che farebbe di tutto pur di salire sul podio. Un team radio ambiguo e il mondiale va in fumo. Entrambe le “case” vivono di gerarchie che sembrano solide ma sono fatte di carta: un ordine sbagliato e l’incendio è servito.
Bigelow ci inchioda a quei 19 minuti reali. Non c’è montaggio furbo: il cronometro scorre in tempo reale. In F1 il tempo è ancora più tiranno: 1.2 secondi di pit-stop, 0.3 secondi di reazione al semaforo. Il missile del film ha 19 minuti per arrivare; le monoposto di Maranello hanno 19 giri per recuperare punti. In entrambi i casi, quando l’orologio arriva a zero, non si torna indietro.
Noi spettatori di A House of Dynamite siamo come i tifosi in tribuna: vediamo tutto, urliamo, ma non possiamo intervenire. Possiamo solo stringere i braccioli del divano o del sedile mentre il missile (o la McLaren) si avvicina al bersaglio. La frustrazione è la stessa: “Perché non sparano prima?” / “Perché non chiamano Charles ai box prima?”.

La redenzione o l’apocalisse della Ferrari
Il film finisce in sospeso: il missile è ancora in volo, la decisione non è presa. La Ferrari, ogni domenica, vive lo stesso finale aperto: pole position o problemi in gara. Ma c’è una differenza chiave. Nel film, se sbagli, finisce il mondo. In Formula 1, se sbagli, finisce solo l’evento. Poi arriva il prossimo GP, la prossima stagione, il prossimo missile da intercettare.
Eppure, in fondo, entrambe le storie ci dicono la stessa cosa: viviamo in case di dinamite, che siano di mattoni o di carbonio. Basta una scintilla, un ingegnere distratto, e tutto brucia. La Rossa ci insegna che si può ricostruire. Il film di Bigelow ci ricorda che, per la “casa di dinamite” vera, una seconda chance potrebbe non esserci.
Quindi la prossima volta che vedrete una monoposto rossa fiammante girare in tondo a 340 all’ora, pensateci: non è solo un’auto, è un missile con il Cavallino Rampante. E noi, dal divano, stiamo solo pregando che qualcuno prema il pulsante giusto.
Forza Ferrari.
E che Dio salvi Chicago.
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Crediti foto: Netflix, Ferrari





