La Ferrari 2026, nome in codice Progetto 678, non è una monoposto qualsiasi. È il risultato di un incrocio tra la necessità di interrompere una lunga siccità mondiale e la volontà di affrontare di petto la rivoluzione regolamentare che ridisegnerà la Formula 1 dal 2026. A Maranello lo sanno bene: il margine d’errore è ridotto al minimo, e ogni scelta tecnica compiuta nei prossimi mesi peserà come un macigno sul futuro della Scuderia.
L’atmosfera che circonda il progetto è carica di tensione. L’ottimismo pubblico del presidente John Elkann e del team principal Frédéric Vasseur convive con preoccupazioni profonde all’interno della struttura, soprattutto per quanto riguarda il comparto motori. Ed è proprio lì che si gioca una delle partite più delicate: l’addio di Wolf Zimmermann e Lars Schmidt, in direzione Audi, ha privato la Ferrari di due figure chiave, lasciando un vuoto che non si colma facilmente.

L’eredità pesante dei vuoti nel comparto motori
Zimmermann e Schmidt non erano semplici ingegneri, ma due colonne portanti del progetto power unit di nuova generazione. Il loro trasferimento ad Audi non rappresenta soltanto una perdita di competenze, ma anche una potenziale fuga di know-how in un momento in cui ogni dettaglio conta. La Ferrari si è affidata a uomini di continuità come Enrico Gualtieri e Davide Mazzoni, quest’ultimo responsabile del motore a combustione interna, per mantenere la rotta. Tuttavia, la sensazione è che la squadra sia costretta a un’accelerazione forzata per riorganizzarsi e integrare nuove figure in tempi rapidi, cercando di aggirare anche i possibili ostacoli dei periodi di gardening leave.
Il nodo resta lo sviluppo della power unit in vista della stagione 2026. Il nuovo regolamento FIA imporrà un bilanciamento radicale tra motore elettrico e ICE interna, con una percentuale molto più alta di energia proveniente dalla componente ibrida. Ciò significa che efficienza, affidabilità e capacità di rigenerazione energetica diventeranno decisive. Ed è proprio qui che il vuoto lasciato dai due tecnici tedeschi rischia di pesare in maniera significativa, costringendo la Ferrari a una corsa contro il tempo per non presentarsi impreparata.

Ferrari 678 – Il peso delle nuove regole e la sfida del telaio
Non si tratta solo di motori. La rivoluzione regolamentare 2026 porterà con sé un peso minimo fissato a 768 chili, una soglia che obbliga tutti i team a un approccio ingegneristico estremo. Ogni grammo conta, e a Maranello si lavora su soluzioni innovative per ottimizzare l’intero pacchetto.
La riduzione dei pacchi radianti è uno degli scenari più concreti su cui sta puntando la Ferrari. Radiatori più compatti significano fiancate più strette e affilate, con vantaggi aerodinamici immediati: maggiore deportanza, migliore gestione dei flussi d’aria e un profilo più aggressivo. Tuttavia, questa scelta porta con sé anche rischi elevati sul fronte del raffreddamento, soprattutto considerando le condizioni climatiche estreme di alcuni Gran Premi. Un compromesso delicato, che potrebbe trasformarsi in un vantaggio competitivo o in un punto debole cronico della monoposto. Rischio che i tecnici vogliono scongiurare
Le simulazioni al banco e in galleria del vento diventano così decisive. Ferrari punta a coniugare le caratteristiche del telaio con quelle del motore in maniera molto più integrata rispetto al passato, cercando di massimizzare ogni interazione possibile. Ma questo processo, se da un lato promette benefici, dall’altro richiede una coesione interna e una chiarezza tecnica che le recenti uscite dal reparto motori hanno inevitabilmente messo in discussione.
Negli ultimi tempi la Ferrari ha dragato il mercato degli aerodinamici. Ricorderete, lo abbiamo raccontato (leggi qui) che Pino Pesce, figura di rilievo della McLaren, aveva detto no alle avances di Fred Vasseur. Altri profili sono stati vagliati per essere affiancati a Diego Tondi ma per ora la ricerca non ha prodotto frutti. E ciò ci dice che forse c’è un certo grado di insicurezza in relazione a un comparto chiave, specie dopo aver osservato l’andamento della SF-25 che pecca non solo nella sfera meccanica (le sospensioni il grande problema), ma che non eccelle di certe sul versante aerodinamico.

Ferrari, nonostante tutto l’ambizione è vincere nel 2026
John Elkann lo ha fatto intendere in diversi momenti nelle uscite pubbliche degli ultimi anni: l’obiettivo per la Ferrari è tornare a vincere il titolo mondiale nel 2026. Una dichiarazione d’intenti non troppo velata che non lascia spazio a interpretazioni e che carica di responsabilità tutti i coinvolti nel Progetto 678. La Ferrari non vince un mondiale costruttori dal 2008 e un titolo piloti dal 2007: quasi due decenni di attesa per un team che vive di vittorie e di storia.
Frédéric Vasseur, dal canto suo, vede nella rivoluzione regolamentare un’opportunità unica. È convinto che la Ferrari possa sfruttare la discontinuità per colmare il divario con i rivali, in particolare McLaren, Red Bull e Mercedes. L’idea è quella di trovarsi pronti al momento giusto, quando tutti saranno costretti a ripartire quasi da zero. Ma tra teoria e pratica si apre un abisso, che solo la qualità del lavoro in fabbrica e in pista potrà colmare.

Un equilibrio precario tra innovazione e rischio
La 678, in questo senso, rappresenta molto più di una monoposto. È una dichiarazione di intenti, un manifesto della volontà di Maranello di non accontentarsi più di podi occasionali ma di tornare protagonista assoluta. Tuttavia, il percorso scelto porta con sé un livello di rischio molto alto.
Spingere su soluzioni aerodinamiche aggressive, ridurre i sistemi di raffreddamento, integrare motore e telaio con logiche nuove: tutto ciò può trasformarsi in un vantaggio competitivo, ma al tempo stesso può generare fragilità strutturali difficili da correggere in corso d’opera. In Formula 1, una stagione sbagliata può significare anni di rincorsa. La Ferrari si trova così a un bivio: giocare sul sicuro, rischiando però di restare alle spalle dei rivali, o osare con una filosofia progettuale che potrebbe aprire un nuovo ciclo vincente.
Guardando al quadro complessivo, la sensazione è che la Rossa stia scegliendo la seconda strada. L’approccio di Elkann e del confermato Vasseur lascia intendere che il Cavallino Rampante sia pronto a rischiare molto pur di ribaltare lo status quo. Ma ogni salto nel buio porta con sé il rischio di cadere.
Maranello scommette su un progetto che deve fare i conti con un reparto motori riorganizzato in corsa, con una filosofia aerodinamica che potrebbe prospettarsi audace e con un regolamento che non ammette distrazioni: chi parte in ritardo difficilmente recupererà nel brevissimo periodo, lo insegna la storia recente della Formula 1. Se la scommessa riuscirà, il 2026 potrebbe davvero segnare l’inizio di una nuova era e riportare la Ferrari dove i tifosi sognano da anni: sul tetto del mondo.
Se invece la 678 dovesse rivelarsi fragile o incompleta, il rischio è di aggiungere un altro capitolo doloroso a una storia recente fatta di promesse mancate. Un salto nel buio, appunto, che può trasformarsi in un volo verso la gloria o in una caduta rovinosa. La Ferrari, a questo punto, è forse costretta a rischiare. Il futuro dirà se Maranello avrà avuto il coraggio – o l’obbligo – della visione o l’azzardo dell’imprudenza.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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