In un tranquillo martedì di inizio Maggio, in Alpine si è consumato l’ennesimo taglio di testa. Stavolta sembrerebbe volontario, un’auto-ghigliottina, considerando che parliamo di dimissioni. A cadere è stato il team principal Oliver Oakes, che si è dimesso per contrasti interni dovuti probabilmente alla gestione dei piloti. Già oggi potrebbe essere annunciata la promozione di Franco Colapinto a driver titolare in luogo di Jack Doohan, il cui destino è segnato sin da quando Flavio Briatore ha messo piede a Enstone.

L’ex numero 1 della Benetton non ha mai fatto mistero che quella dell’australiano era una soluzione di ripiego, dopo aver provato vanamente a portare Carlos Sainz nel team francese. Con la spada di Damocle di un programma da sei Gran Premi di valutazione, il figlio del leggendario Mick si è barcamenato in prestazioni mai troppo performanti, ma comprensibili vista la pressione che da rookie doveva gestire all’interno della squadra.
Alla fine passa la linea Briatore, che vedrà Colapinto affiancare Pierre Gasly. Ma questa politica ha creato l’ennesimo ribaltone all’interno di una squadra che non trova pace. Il “Flavio nazionale” si prende l’interim nella gestione del team, acquisendo ulteriori poteri ma non mettendo fine alla serie di cambiamenti schizofrenici operati negli ultimi anni.
Laurent Rossi, Otmar Szafnauer, Alan Permane, Matt Harman, Dirk de Beer, Bob Bell, Rob White… sono alcuni dei personaggi fatti fuori negli ultimi tempi. Partenze che sono state inizialmente coperte da un rimpasto interno, per poi essere completate dall’ingaggio, nel comparto tecnico, dell’ex ingegnere di Ferrari e McLaren David Sanchez, che aveva assunto il ruolo di direttore tecnico esecutivo.

Luca De Meo: la firma sul fallimento Alpine
Ieri, come detto, sono arrivate le dimissioni di Oliver Oakes, sostituito temporaneamente (?) da Flavio Briatore. Un altro terremoto, dopo quello più massiccio del 2024, consumato non nella sede storica di Enstone, bensì a Viry-Châtillon, dove è allocato il reparto powertrains della Renault, che è stato di fatto chiuso. O, per meglio dire, drasticamente limitato in grandezza e produzione, visto che continuerà ad operare per produrre i propulsori che alimentano le vetture delle categorie propedeutiche e quelli del WEC, programma che i francesi non hanno inteso ridimensionare. Almeno per ora.
Alpine, è cosa ormai nota, continuerà in Formula 1 affidandosi ai motori Mercedes. Nonostante le pressioni politiche e sindacali, Luca De Meo non ne ha voluto sapere e ha deciso di serrare un comparto che ha fatto la storia della Formula 1, soprattutto con i propulsori aspirati. L’era turbo-ibrida è rimasta indigesta ai transalpini, che non sono riusciti a primeggiare né con Red Bull, né con McLaren, né tantomeno con il interamente tutto made in France.
Abbandonarsi a un motorista esterno dà ovviamente grandi vantaggi in termini di pacchetto: ci si affida a un propulsore bello e fatto – e pure parecchio performante – spendendo cifre ampiamente inferiori a quelle necessarie a tenere in vita un comparto molto grosso e strutturato. Proprio su questo aspetto hanno battuto all’interno del team, vendendo una dismissione come una grande operazione tecnica e finanziaria. Balle!

Aver dovuto chiudere un fiore all’occhiello del motorsport, un punto di riferimento tecnico, è sicuramente una grande sconfitta per tutto il movimento francese, sia quello sportivo che quello riferibile all’automobile in generale.
Con le nuove regole 2026 le propulsioni di Formula 1 diventano ancor più vicine a quelle della produzione. La categoria sarebbe potuta essere una grande palestra tecnica per riversare know-how nelle auto di tutti i giorni. Ma evidentemente Renault – e Luca De Meo l’ha spiegato spesso – crede fermamente in un’elettrificazione quasi totale e forse è questa una delle vere ragioni alla base di una destrutturazione aziendale che non può essere giustificata soltanto per ragioni commerciali e finanziarie.
Dall’esterno non si riesce a comprendere quale sia la linea operativa seguita dai vertici della Losanga. Le attuali figure apicali continuano a parlare di un progetto per arrivare alla vittoria, cosa che tra l’altro accadeva già in passato col famoso programma quinquennale che alla fine si è rivelato – anche grazie ai mozzamenti di capo di De Meo – un grandissimo flop.
Ma anche nel caso in cui Alpine dovesse trionfare, in un futuro indefinibile, con i propulsori Mercedes, rimarrà l’onta di aver alzato bandiera bianca andando a chiedere il supporto di un colosso non francese com’è quello della Stella a Tre Punte. La possono raccontare come vogliono, ma la chiusura del progetto motori F1 è e resta una grande sconfitta.

Chi prende certe decisioni avrà sicuramente uno schema attuativo che dall’esterno non risulta però troppo leggibile. Il grande architetto di tutte queste operazioni, quel Luca De Meo presidente e amministratore delegato di Renault, opera con la scure e non in punta di diplomazia. Forse questo modo di procedere può funzionare nel mondo dell’automotive, ma non attecchisce in Formula 1. A memoria, non si è mai vista una franchigia sportiva imporsi alla concorrenza feroce provando a non annegare nel tumultuoso fiume del costante cambiamento.
A un certo punto bisognerebbe fermarsi, riflettere e procedere pragmaticamente senza lasciarsi andare dall’umore e senza, come nel caso Oakes, mettere un dirigente nelle condizioni di essere scavalcato da un consigliere nel decidere quale debba essere la line-up piloti. È evidente che a Enstone e nella sede della Renault la confusione regni sovrana.
A proposito di re: proprio la storia della Francia ha insegnato che anche chi porta la corona al capo e tiene lo scettro in mano non deve sentirsi così sicuro del suo posto, perché la ghigliottina è sempre ben oliata…
Crediti foto: Alpine F1, Renault
Seguici sul nostro canale YouTube: clicca qui