WEC | BoP: strumento necessario inserito in un modello sbagliato

La Sei Ore di San Paolo ha messo a nudo i difetti del BoP che andrebbero corretti per generare una competizione davvero equa e non sbilanciata

WEC – Si è da pochi giorni conclusa la 6 Ore di São Paulo che ha visto vincitrice la Toyota, ma che ha lasciato degli sprazzi di polemiche prima e dopo la gara riguardanti il sistema BoP. Lo strumento usato dalla Federazione e Aco per poter bilanciare le prestazioni delle auto e rendere possibile, all’interno della stessa categoria, la coesistenza di architetture progettuali diverse fra loro. 

Questo strumento, spesso preso di mira da tifosi e stampa, soggetto alle più svariate critiche, rimane ad oggi l’elemento essenziale ed irrinunciabile di questa nuova era delle corse Endurance. Senza scendere nei particolari tecnici delle due specifiche di Hypercar presenti nel campionato FIA WEC, il BoP rappresenta l’unico vero anello di congiunzione tra le LMH e le LMDH. La stessa presenza dei costruttori che partecipano al campionato con le LMDH è legata a stretto giro con il Balance of Performance.

Queste ultime infatti, in assenza del BoP, non riuscirebbero mai a girare al di sotto (ottimisticamente) del secondo al giro rispetto alle più sofisticate LMH. Va da sé che la sua eliminazione, come chiesto a fine 2023 da Toyota e Ferrari, non sia possibile a meno che non si crei una categoria a parte, simile a quella che fu la Lmp2 in cui far correre solo i prototipi LMDH.

Ma a quel punto i grandi nomi come Porsche, Bmw, Lamborghini e Cadillac sarebbero ancora disposti ad investire tanti milioni per competere in una categoria inferiore? Beh, la risposta è molto semplice: no. 

6H Sao Paulo
Trasferta brasiliana deludente per le Ferrari 499p

WEC, BOP: uno strumento da migliorare

Partendo quindi dal presupposto della necessità dello strumento e della sua corretta fattura tecnica, cerchiamo di capire cosa è giusto e cosa invece è sbagliato nel processo di applicazione del Balance of Performance.

Partiamo dalla “prima regola del fight club“. Ossia “non parlare del fight club“. Si perchè esiste una voce nel regolamento sportivo, che vieta alle squadre di poter esprimere qualsivoglia giudizio sul BoP: “[…] Costruttori, concorrenti, piloti e qualsiasi persona o entità associata alle loro iscrizioni non devono cercare di influenzare la definizione del BoP o commentare i risultati, in particolare attraverso dichiarazioni pubbliche, media e social network”.

Regola infranta da Toyota nelle vesti del suo direttore, Rob Leupen, nella settimana antecedente l’evento di Interlagos, in un’intervista rilasciata a Motorsport Olanda. Per questo punita dalla FIA con una multa di € 10.000,00, poi sospesa per essere stata la prima violazione all’articolo in questione. 

Per molti questa norma è assurda, ma chi scrive non la ritiene tale. La ragione è semplice. Trovo giusto che il legislatore provi a difendere se stesso e il proprio lavoro, cercando di togliere alle squadre il potere di usare i media o i social, per influenzare e/o cercare di manipolare l’applicazione del BoP e trarne dei vantaggi in pista.

Non bisogna cadere nell’errore di giudicare nel modo sbagliato i team. Non spendono milioni per andare in pista a “pettinare le bambole”, e se gli offri il fianco, loro ti colpiscono e sfruttano la situazione a loro vantaggio. Lo vediamo tutti gli anni in Formula 1, dove tutto è concesso e dove queste guerre mediatiche fratricide tra team e tra quadre contro la federazione, sono all’ordine del giorno e tengono banco di continuo sui media. Quindi sì, è un bene che esista una regola del genere.

Doppietta Toyota nella Hyperpole della 6 Ore di Sao Paulo

WEC, BOP: dove il meccanismo si inceppa? 

Per capirlo, ci vengono in aiuto le parole di Rob Leupen. Quello che il Direttore di Toyota evidenzia come il problema principale del processo decisionale è la mancanza di trasparenza. Nello specifico ci porta a conoscenza del fatto che la Federazione adotta un modello comunicativo a senso unico.

“I processi con cui si stilano i BoP si possono definire in modo trasparente. Si potrebbe dire: ‘Eccoli e questo è il modo in cui lo faremo’. Si potrebbero anche ottenere dei feedback. Noi ne diamo dopo ogni gara, solo che non ne riceviamo in cambio”.

“In questo caso, ovviamente, la comunicazione è a senso unico. Non funziona. Bisogna lavorare insieme per migliorare la situazione. Naturalmente i costruttori forniscono molte informazioni che sono top secret”.

“Non vogliamo che Porsche, Ferrari o Cadillac sappiano le nostre cose, e lo stesso vale al contrario. Ma ci sono modi per farlo. Credo che si debba solo fare un passo avanti. Credo che anche loro siano molto impegnati in questo senso, perché stanno ricevendo pressioni e molte aspettative – non solo da noi, ma da tutte le parti – sul fatto che le cose dovrebbero essere diverse”.

Nella stessa direzione vanno anche le parole di Antonello Coletta nelle consuete dichiarazioni rilasciate sul sito Ferrari nel post gara: “Al termine di una gara come quella vissuta qui in Brasile è difficile trovare le parole migliori per esprimere la frustrazione ed il senso d’impotenza che la squadra ha provato.

“Nonostante un lavoro impeccabile nella preparazione dell’evento e durante la corsa, non è stato possibile ottenere un risultato migliore in pista. Eravamo consapevoli che non avremmo avuto modo di competere per la vittoria e purtroppo quanto emerso nelle simulazioni è stato confermato da quanto si è verificato in corsa. Ci auguriamo di avere ad Austin la possibilità di batterci equamente.”

“Il senso di impotenza” è un’espressione abbastanza eloquente, che va a confermare i concetti espressi da Leupen, sul fatto che le squadre non hanno nessun modo di dialogare in maniera costruttiva con la Federazione

Antonello Coletta, responsabile attività GT Ferrari

Ed è qui, secondo me, che sta il nodo da sciogliere. La FIA dovrebbe abbandonare questo modello comunicativo ed attuativo, per abbracciarne uno che sia a doppio senso, trasparente ed elastico. Un modello dove venga implementato il confronto costante con i Team, dentro e fuori la pista. 

Non può andare bene un atteggiamento del tutto arbitrario senza possibilità di replica. Le gare di quest’anno ne sono la dimostrazione. Prendiamo ad esempio la 1812 km del Qatar. Prima delle sessioni ufficiali, c’è stato il prologo sulla stessa pista. Era chiaro come il sole che Ferrari e Toyota non sarebbero state della partita, con un BoP assurdo.

In quel caso la Federazione avrebbe avuto il tempo e lo spazio per apportare delle modifiche, e non mortificare chi fino a due mesi prima si giocava e vinceva un mondiale. In questi frangenti è giusto che ci sia un dialogo costruttivo tra le parti, ed è giusto dove possibile apportare dei correttivi. E’ del tutto inutile farlo dopo, anzi probabilmente è controproducente. Come avvenuto ad Imola, dove il BoP del Qatar è stato rivoltato come un calzino e la Ferrari, di colpo, si è trovata con tre auto che avrebbero vinto passeggiando. 

Questo tipo di modus operandi, non rende giustizia al BoP, e pone dei seri dubbi sull’operato della Federazione. Chi scrive non pensa che siano in mala fede. Nella maniera più assoluta. Penso invece che questo atteggiamento faciliti certi tipi di giudizi e renda il loro lavoro ancora più complicato. 

Ecco perché il confronto interno sarebbe un’arma in più per fare, come dice Leupen, il passo avanti che tutti si aspettano. Alla federazione, tornerebbe utile per poter offrire ai team un terreno di scontro “ paritario “ o per lo meno il più equo possibile, mantenendo vivo il più a lungo possibile un campionato incredibilmente bello, senza vanificare l’egregio lavoro regolamentare fin qui fatto.

Ai team  servirebbe per poter eliminare dall’equazione, dubbi e sospetti. E servirebbe anche a noi umili spettatori che di fronte ad una prestazione opaca del team di turno, potremmo evitare di gridare allo scandalo e derubricare il fatto ad una mancanza del team, piuttosto che ad una macchinazione politica della Federazione.

Certo il lavoro di FIA ed Aco si complicherebbe un pochino di più, ma hanno uomini e mezzi ormai all’avanguardia per poter svolgere un lavoro egregio. Si potrebbero sollevare dubbi sul fatto che i team potrebbero cercare di influenzare le decisioni della FIA mascherando le prestazioni in pista, e che il dialogo diventerebbe più un’arma a doppio taglio che un vantaggio, ma questo oramai non è più possibile.

Le auto hanno talmente tanti sensori, e vengono sottoposte ad un monitoraggio costante che è impossibile fare sandbagging senza che un arbitro non se ne accorga. Chi segue le sessioni tramite il live timing sa perfettamente che è così. Non esistono reali svantaggi, ma ci sarebbero solo dei vantaggi a medio e lungo termine per tutti gli attori in gioco.

In conclusione, spero che la presa di posizione del direttore di Toyota, possa dare una spinta decisiva alla Federazione e alle altre squadre nel trovare una strada di dialogo diversa e che questo possa portare ad un deciso passo in avanti nell’uso del BoP, tale da farci godere tutti di una competizione migliore, spogliata dalle inutili polemiche e priva di sospetti e macchinazioni. 


Crediti foto: Endurance Info, Toyota, Ferrari

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