Sembra un paradosso, eppure i numeri parlano chiaro. Due delle più grandi icone rosse dello sport mondiale – la Scuderia Ferrari e il Manchester United – condividono un destino beffardo: chi li lascia, vola. Chi resta, si brucia.
Non è questione di talento scarso o di scelte sbagliate in fase di scouting. È qualcosa di più profondo e strutturale che accomuna il paddock di Maranello e gli spogliatoi di Old Trafford: una cultura della pressione che schiaccia, una ricerca ossessiva del colpevole, un peso storico che impedisce di lavorare con serenità.
Il risultato? Una scia interminabile di professionisti che, dopo anni di sofferenza in rosso, rinascono altrove come fenici. E non parliamo di seconde scelte o dignitose carriere di ripiego. Parliamo di veri e propri campioni, leader dei rispettivi settori, uomini che raggiungono l’eccellenza mondiale solo dopo aver abbandonato queste cattedrali del passato.
Maranello: la fabbrica dei campioni… altrui
A Maranello non si scherza. La pressione mediatica è asfissiante, la politica interna è un campo minato, ogni errore viene amplificato mille volte dalla stampa italiana. Manager e tecnici vengono bruciati in tempo record. Ma c’è un dettaglio: una volta fuori, questi “falliti” non solo trovano lavoro, ma diventano i migliori al mondo nei loro ruoli.
Stefano Domenicali: da “dimissionario” a CEO della Formula 1
L’esempio più clamoroso è quello di Stefano Domenicali. Team Principal della Ferrari dal 2008 al 2014, si dimise nel momento più buio, prendendosi colpe che non erano solo sue per i disastri di una Ferrari ancora orfana di un leader come Schumacher. Un fallimento, dissero. Un manager da dimenticare.
E invece? Domenicali ha preso la Lamborghini e l’ha trasformata in una macchina da guerra commerciale. Sotto la sua guida è nato l’Urus, il SUV che ha letteralmente raddoppiato il fatturato del marchio di Sant’Agata Bolognese, portandolo a livelli record mai visti prima.
Ma non finisce qui. Oggi Stefano Domenicali è il CEO della Formula 1. L’uomo “scartato” da Maranello ora comanda l’intero circus mondiale. È lui che decide i calendari, i regolamenti, le strategie commerciali del campionato. Da “dimissionario” a capo supremo dello sport.
Il messaggio è chiaro: la Ferrari ti boccia, il mondo ti promuove.
La Mercedes vincente grazie agli “scarti” di Maranello
Ma Domenicali non è un caso isolato. La dominazione Mercedes nell’era ibrida (2014-2021) è stata costruita letteralmente sulle macerie della Ferrari. Otto titoli mondiali costruttori, sette iridati piloti: un’egemonia assoluta firmata da tecnici italiani “cacciati” o fuggiti da Maranello:
- Aldo Costa, licenziato dalla Ferrari nel 2011 come capro espiatorio per i risultati deludenti, è finito alla Mercedes. Lì ha progettato le leggendarie “frecce d’argento” che hanno dominato per quasi un decennio. Oggi è il Direttore Tecnico della Dallara, una delle eccellenze mondiali nell’ingegneria automobilistica;
- James Allison, Direttore Tecnico Ferrari fino al 2016, ha lasciato Maranello in circostanze poco chiare. Approdato in Mercedes, è diventato il pilastro tecnico che ha mantenuto la squadra vincente anche dopo gli addii eccellenti. Il suo contributo è stato determinante per mantenere lo status quo di Mercedes;
- Lorenzo Sassi, ex capo motoristi Ferrari, è stato allontanato nel 2017 dopo l’ennesima stagione senza titoli. La Mercedes lo ha accolto a braccia aperte e oggi è il capo del reparto Powertrains, contribuendo ai successi recenti della Stella a tre punte.
Pattern ricorrente: Ferrari scarica, Mercedes raccoglie e vince. Non serve aggiungere altro.
I nuovi capi della F1? Tutti ex Ferrari
Talvolta gli ingegneri rossi riescono a dimostrarsi leader ricoprendo ruoli di rilievo in altre realtà:
- Andrea Stella ha passato 15 anni a Maranello. È stato l’ingegnere di pista di mostri sacri come Michael Schumacher, Kimi Räikkönen e Fernando Alonso. Nel 2023 è diventato Team Principal della McLaren e in una sola stagione ha riportato il team inglese sul tetto del mondo, dopo anni di mediocrità. La sua rinascita è stata così rapida da far impallidire la Ferrari stessa;
- Mattia Binotto, cacciato dalla Ferrari nel 2022 dopo l’ennesima stagione fallimentare, è stato a seguito nominato a capo dell’intero progetto Audi F1. Un colosso mondiale come il gruppo Volkswagen gli ha affidato le chiavi del regno per l’ingresso nel mondiale 2026.
La domanda sorge spontanea: è possibile che siano tutti incompetenti in Ferrari e geni appena varcano i cancelli di Maranello?
Old Trafford: Lo Stesso Copione in Rosso
Il parallelismo con il Manchester United è impressionante. Anche Old Trafford è diventato negli ultimi anni un cimitero per le carriere, con la Serie A che si è trasformata nella clinica di riabilitazione preferita per gli ex Red Devils.
Scott McTominay, venduto per fare cassa, è diventato un idolo a Napoli con gol e prestazioni da leader. Romelu Lukaku, deriso a Manchester per lo stop di palla, è stato MVP della Serie A e trascinatore dello Scudetto nerazzuro. Henrikh Mkhitaryan, discontinuo allo United, è il cervello insostituibile dell’Inter odierna.
La lista dei rimpianti è infinita: Gerard Piqué lasciato andare gratis, diventato leggenda del Barcellona. Paul Pogba perso a zero, esploso alla Juve, ricomprato a 105 milioni senza mai rendere come a Torino. Ángel Di María, fallimento a Manchester, campione del mondo con l’Argentina.
Il paradosso delle leggende rosse
Cosa accomuna Ferrari e Manchester United? Un pattern strutturale inquietante:
- Cultura della colpa. Si cerca sempre il capro espiatorio invece di analizzare il sistema. L’ingegnere, l’allenatore, il Team Principal: c’è sempre qualcuno da sacrificare sull’altare della tradizione;
- Pressione soffocante. La storia del brand pesa come un macigno. Ferrari e United non sono squadre normali, sono istituzioni che muovono masse e fatturati. Ma proprio questo peso impedisce di lavorare con serenità: ogni errore diventa un dramma;
- Ambienti tossici. Le politiche interne, le lotte di potere, la stampa che amplifica ogni crepa: tutto contribuisce a creare un clima in cui è impossibile esprimere il proprio meglio;
- La rinascita altrove. Appena questi professionisti arrivano in ambienti più pragmatici (Mercedes, McLaren, Audi) o più passionali ma “familiari” (Napoli, Inter), le loro qualità – che non erano mai sparite – riemergono prepotentemente.
Quando il portfolio diventa un bagaglio a mano
Se sei un ingegnere della Ferrari e vieni criticato per l’ennesimo fallimento stagionale, se sei un calciatore del Manchester United in panchina nonostante le qualità, la statistica ti dice una cosa chiara: scappa.
Non è rassegnazione, è pragmatismo. Perché i numeri dimostrano che la miglior mossa per la tua carriera è, paradossalmente, voltare le spalle a queste leggende rosse.
Fuori da Maranello diventerai il CEO della Formula 1, progetterai le frecce d’argento dominanti, guiderai la McLaren alla rinascita o costruirai il programma Audi. Fuori da Old Trafford vincerai scudetti e diventerai insostituibile. Il talento non ti manca: è l’ambiente che lo soffoca.
Ferrari e Manchester United: due cattedrali magnifiche dove pregare il passato. Ma se vuoi costruire il futuro, meglio cercare altrove.
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