Quel maledetto dito

Devo smetterla di innamorarmi dei piloti tedeschi

La memoria ha un funzionamento davvero particolare, il nostro cervello è un enorme database di ricordi, i quali si innescano in maniera davvero particolare e spesso fulminea. Proust definiva questi fenomeni epifanie menzionando come il sapore di una comune madeleine sia in grado di rievocare ricordi rimasti assopiti nei meandri della mente.

Un gesto che rievoca un ricordo

Oggi me ne stavo per casa, in un raro momento di serenità: moglie e figlia in visita da amici e casa completamente libera, situazione ideale per mettere in cuffia tutto quel repertorio musicale immutato da 15 anni e vagare per il corridoio in mutande beneficiando del clima primaverile generato dal potente climatizzatore.

Ed è in questo momento idilliaco che, mentre Brennan Heart tira giù una bassline micidiale, comincio a gesticolare come un fesso sollevando il dito indice.

L’Epifania, rapida e devastante

Quel semplice gesto innesca immediatamente un ricordo, anzi una serie di ricordi e nella mia mente compare un volto. Capelli corti biondi, occhi azzurri e un sorriso che esprime tutta la sua gioia. E quel dito indice sollevato. Quel maledetto dito.

Mi è bastato alzare l’indice per viaggiare nel tempo e tornare a poco poi di 10 anni fa, quando un certo Sebastian Vettel prendeva a schiaffi tutti i suoi avversari e portava a segno una streak di 4 mondiali vinti di fila.

Seb, odio e amore

Il mio rapporto con Seb è sempre stato caratterizzato da un forte sentimento:

Ti sono stato accanto anche nella tua avventura in Aston Martin, quando tutti erano già scesi dal tuo carro e ti accusavano di non essere riuscito a riportare il mondiale a Maranello.

Quando alzavi quel dito, prima era dolore, poi è diventata gioia allo stato puro.

È sempre colpa di un tedesco su una macchina rossa

Il ricordo di Seb innesca una reazione a catena che mi porta ancora più indietro nel tempo, a quando ero solo un bambino.

Una Ferrari al primo posto, l’inno tedesco che suona e un ragazzone fa un balzo dal primo gradino del podio. Sto parlando proprio di te, Michael.

Il telefono vibra, notifica: “Amor che dici ti vuoi avviare?”. Sì amore, meglio che mi avvii, altrimenti qui facciamo notte.

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