Tra i piloti più amati e discussi che hanno corso con Ferrari in Formula 1, Sebastian Vettel rientra sicuramente tra questi. Il suo approdo a Maranello, nel 2015, accanto a Kimi Räikkönen, rappresentava molto più di un semplice cambio di squadra: era la realizzazione di un sogno d’infanzia, alimentato anche dall’ammirazione per il connazionale Michael Schumacher.
Dopo anni di dominio in Red Bull e quattro titoli mondiali, Vettel arrivava in Ferrari con un obiettivo chiaro e dichiarato: riportare il titolo mondiale piloti a Maranello. Un’impresa che, come già accaduto a Fernando Alonso, non sarebbe riuscita, lasciando un bilancio sportivo fatto di grandi momenti ma anche di rimpianti condivisi.
Vettel e Ferrari: sei stagioni tra speranze e rimpianti
Dal 2015 al 2020, Sebastian Vettel ha vissuto sei stagioni in Ferrari caratterizzate da alti e bassi. Il bilancio parla di 14 vittorie, 12 pole position e 55 podi, numeri importanti ma non sufficienti a cancellare l’amarezza per un titolo solo sfiorato.
Il 2018 resta l’anno simbolo. Alla guida della SF71H, Vettel ha alimentato concrete speranze mondiali, arrivando alla pausa estiva da leader del campionato. Poi, una serie di errori e un contesto tecnico sempre più favorevole alla Mercedes hanno ribaltato la situazione.
L’episodio di Hockenheim, sotto la pioggia, ha segnato uno spartiacque psicologico, seguito da altri momenti controversi che hanno incrinato il suo percorso. Non sono mancati, però, episodi di puro talento: i sorpassi su Hamilton a Spa e in Austria, le battaglie con Bottas, la capacità di esaltarsi nei duelli diretti. Segni di un campione che, a Maranello, ha mostrato tanto ma non tutto.

L’arrivo di Leclerc e il cambio di equilibrio
Il 2019 segnò un passaggio cruciale con l’arrivo di Charles Leclerc. Il giovane monegasco si impone rapidamente come riferimento del team, catalizzando entusiasmo e attenzione. Il rapporto tra i due, inizialmente corretto, si incrina progressivamente fino allo scontro diretto di Interlagos, simbolo di un equilibrio ormai compromesso.
Vettel si trova a convivere non solo con una Ferrari meno competitiva, ma anche con una nuova generazione che avanza senza timori reverenziali. Un contesto che incide profondamente anche sul piano umano.
Intervenuto al podcast ufficiale della Formula 1 Beyond the Grid, Sebastian Vettel ha ripercorso quegli anni con grande lucidità. Il tedesco ha ammesso come il suo picco sia arrivato molto presto, già nel 2010, e come in Ferrari fosse mosso da un’unica ossessione: vincere.
“Volevo il trofeo più grande, volevo sapere di aver vinto”, racconta. Ma l’arrivo di Leclerc ha rappresentato uno specchio difficile da accettare: “Charles aveva un’energia incredibile. Io ero in una fase diversa, viziato dai successi. Per lui un quinto o sesto posto era motivo di entusiasmo, per me no”.
Una differenza di prospettiva che ha segnato l’inizio delle difficoltà più profonde, culminate nella consapevolezza maturata durante il 2020, complice la pausa forzata della pandemia.
Sebastian Vettel e gli ultimi anni in Formula 1
Il 2020 segna la fine dell’avventura in Ferrari. Nessuna vittoria, una sola volta sul podio e la sensazione di un ciclo ormai concluso. Gli ultimi due anni in Aston Martin hanno rappresentato una fase di transizione: una vettura poco competitiva, ma anche prestazioni di spessore, come il podio in Azerbaigian e le gare solide nel 2022, anno del ritiro.
Nonostante tutto, Vettel ha chiuso la sua carriera in Formula 1 con dignità, lasciando l’immagine di un campione capace di mettersi in discussione. Il percorso di Sebastian Vettel in Ferrari resta uno dei capitoli più complessi della storia recente del team.
Non solo per ciò che è mancato sul piano sportivo, ma per ciò che ha rappresentato umanamente: l’incontro tra un campione al culmine della carriera e una squadra in cerca di identità. Oggi, nelle sue parole, non c’è più amarezza, ma consapevolezza. Ed è forse questa l’eredità più autentica lasciata da Vettel in rosso.
Crediti foto: Formula 1, FIA
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