“Ho recuperato 4 punti sulla testa della classifica? No, ne ho persi 10 da Norris. Per avere delle chance di confermarmi campione dobbiamo essere perfetti e qui non lo siamo stati. Spero che nelle prossime gare non capiti di nuovo una situazione di difficoltà evidente come accaduto qui, vedremo quello che potremo fare”. Max Verstappen ha parlato con toni insolitamente misurati al termine del Gran Premio del Messico, una gara in cui la Red Bull ha mostrato per la prima volta dopo molte gare un segnale di vulnerabilità tecnica.
Eppure, dietro la compostezza e la parvenza di resa che traspare dalle sue parole, si cela qualcosa di molto più sottile: la consapevolezza del quattro volte campione del mondo di come gestire il peso del momento e, soprattutto, quello psicologico della battaglia iridata.

Il linguaggio di Max Verstappen: apparente resa o strategia mentale?
Quando Verstappen parla di “perfezione mancata” e di “situazione di difficoltà evidente”, non è soltanto autocritica. È una costruzione narrativa, un messaggio indirizzato tanto all’interno del suo box quanto agli avversari. Max non è nuovo a questo tipo di comunicazione: nei momenti in cui la Red Bull sembra soffrire, lui tende a spostare il discorso sull’efficienza del pacchetto tecnico, quasi a togliersi di dosso la responsabilità immediata, ma mantenendo una pressione latente sull’intera struttura del team.
Allo stesso tempo, dichiarazioni come “vedremo quello che potremo fare” sono tipiche del Verstappen calcolatore, quello che preferisce abbassare le aspettative per poi colpire nel momento in cui tutti si rilassano. In altre parole: l’impressione è che Max stia giocando d’astuzia.
La partita mentale con Norris
Il riferimento diretto a Lando Norris non è casuale. L’olandese non ha mai nominato il britannico con toni di rivalità diretta, ma in Messico il suo linguaggio è cambiato. Il “ne ho persi dieci da Norris” non è solo un dato aritmetico: è un riconoscimento, quasi un segnale di rispetto verso un avversario che fino a poche gare fa sembrava lontano anni luce. Ma anche qui Verstappen, da veterano, sceglie la strategia più saggia: ammettere il momento no per alleggerire la pressione, spingendo Lando a convivere con il nuovo ruolo di favorito.
Max sa bene quanto la narrativa influenzi le dinamiche di un campionato. Presentarsi come “inseguitore rassegnato” è il modo migliore per farsi dimenticare dai riflettori e lavorare con meno tensione. Allo stesso tempo, sposta il baricentro psicologico su Norris e sulla McLaren, che ora devono dimostrare di saper gestire la leadership e la pressione di chi non può più permettersi errori.

Red Bull: un problema più gestionale che tecnico
Sul piano tecnico, il GP del Messico ha mostrato una Red Bull disordinata. Il bilanciamento aerodinamico della RB21 è apparso instabile nei tratti più lenti, anche se in gara, con una grande gestione delle gomme, è emersa alla distanza. Ma i limiti non sembrano irreversibili: il pacchetto resta competitivo, e se il team riuscirà a riordinare le idee, il potenziale per reagire c’è tutto. L’Hermanos Rodriguez, con i suoi oltre 2200 metri di altitudine, è un tracciato deviante e altri analoghi non ve ne saranno.
Verstappen, da parte sua, ha scelto di interpretare il weekend come un punto di svolta interno. Quando dice “dobbiamo essere perfetti e qui non lo siamo stati”, lo fa più come monito che come rassegnazione. È un messaggio chiaro: serve compattezza, serve precisione, serve ritrovare la lucidità che aveva reso la Red Bull un meccanismo perfetto dal Gp d’Olanda in poi.
La calma di Max Verstappen come arma tattica
Chi conosce Verstappen sa che la sua calma post-gara non è mai sinonimo di resa. È piuttosto la maschera di un pilota che sta studiando la prossima mossa. Max non è un campione che accetta la sconfitta: la elabora, la scompone e la trasforma in carburante. Giocare a “fare il battuto” in pubblico può essere un modo per nascondere la vera intensità del suo lavoro dietro le quinte.
L’olandese sa che quattro gare e due sprint sono ancora un’eternità in Formula 1, e che basta un weekend perfetto per ribaltare l’inerzia. Da qui la nostra convinzione: Verstappen non ha alzato bandiera bianca, anzi. Sta solo facendo ciò che i grandi fanno meglio: far credere agli altri che il vento sia cambiato, mentre in realtà sta solo cambiando direzione.

Il tono sommesso, le parole calibrate e l’assenza di polemica sono parte di un disegno preciso. Verstappen non è in crisi: sta abbassando il volume del rumore esterno per aumentare la concentrazione interna. È la versione 2025 di un pilota che ha imparato a gestire la pressione e a manipolare la percezione del proprio stato d’animo.
In fondo, il vero Max non è quello che “spera” di non rivedere le difficoltà: è quello che le studia per non ripeterle. E se la McLaren o Norris dovessero davvero rilassarsi, credendo che il leone si sia ammansito, potrebbero scoprire molto presto che in realtà stava solo trattenendo il morso.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, McLaren F1
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