C’è un equivoco di fondo che rischia di falsare la lettura del 2026 di Max Verstappen: non si tratta soltanto dell’ennesimo cambio regolamentare, di una Formula 1 che riscrive se stessa sul piano tecnico, aerodinamico e motoristico. Per il quattro volte campione del mondo, quello che si profila all’orizzonte è qualcosa di più radicale. È un vero e proprio anno zero, nel senso più pieno e meno retorico del termine.
Negli ultimi mesi, senza un vero argine, l’universo tecnico e umano che ha accompagnato Verstappen nella sua ascesa si è progressivamente sgretolato. Non per un singolo strappo traumatico, ma per una somma di addii che, messi insieme, raccontano una frattura strutturale. Tom Hart, ingegnere delle prestazioni, ha accettato l’offerta della Williams. David Mart, esperto di propulsori, ritroverà Jonathan Wheatley in Audi. Michael Manning, figura chiave dell’entourage tecnico di Max, dopo un primo ripensamento ha definitivamente chiuso la sua avventura in Red Bull. Non si tratta di semplici cambi di organigramma: sono tasselli che hanno contribuito, giorno dopo giorno, a costruire un ecosistema cucito su misura attorno al pilota di Hasselt.

Il quadro si fa ancora più netto se si allarga lo sguardo allo “stato maggiore” della Red Bull. In meno di due anni sono usciti di scena Adrian Newey, il sopra menzionato Jonathan Wheatley, Christian Horner e, per ultimo, Helmut Marko. Quattro colonne portanti, ciascuna con un ruolo diverso ma complementare: la visione tecnica, la gestione sportiva, il potere politico, la tutela del talento. Newey ha scelto Aston Martin, Wheatley ha colto l’occasione Audi per diventare team principal, Horner e Marko sono stati allontanati con modalità differenti ma con un identico risultato. La Red Bull che Verstappen conosceva, e nella quale si muoveva come centro di gravità assoluto, non esiste più.
A questo va aggiunto un elemento spesso sottovalutato, ma “pesante”: Honda. Con il passaggio al nuovo ciclo motoristico, Max perderà non solo un fornitore, ma un partner tecnico con cui si era creato un rapporto profondo, fatto di fiducia, dialogo e continuità operativa. Anche qui non si azzera solo un motore, ma un metodo di lavoro che va ricostruito con gli uomini della Ford che collaborerà col comparto powertrains.
Come se non bastasse, persino il rapporto più solido del box Red Bull, quello tra Verstappen e Gianpiero Lambiase, racconta di un possibile epilogo. I team radio di fine stagione ad Abu Dhabi hanno lasciato intendere che nel 2026 potrebbero non essere più una “coppia di fatto”. Le smentite non sono mancate, ma il semplice fatto che lo scenario venga considerato plausibile è indicativo del momento. Juan Pablo Montoya, da osservatore esterno ma lucido, ha circostanziato il punto: secondo lui Red Bull non andrà a pescare figure dall’esterno, Mekies sta facendo un buon lavoro e Lambiase potrebbe essere promosso a un ruolo più manageriale, meno legato alla macchina. Una scelta che, per quanto sensata dal punto di vista aziendale, costringerebbe Verstappen a confrontarsi con un nuovo ingegnere di pista, con tutte le incognite del caso.

Ed è qui che emerge il vero nodo della questione. Max Verstappen non è mai stato solo un pilota straordinariamente veloce. È sempre stato il perno di un sistema progettato per esaltarlo, proteggerlo e metterlo nelle condizioni ideali per esprimere il suo talento. Nel 2026 quel sistema verrà smontato e rimontato quasi da zero, nello stesso momento in cui la Formula 1 cambierà volto sul piano tecnico.
Per la prima volta dopo anni, Verstappen potrebbe non partire da una posizione di controllo totale. Dovrà ricostruire riferimenti, fiducia, linguaggi comuni. Dovrà adattarsi a una Red Bull diversa, a un motore diverso, forse a un ingegnere diverso. Non è detto che questo lo renda meno competitivo: i grandi campioni si misurano proprio quando il terreno sotto i piedi smette di essere solido. Ma è innegabile che il 2026 rappresenti una discontinuità profonda, forse la più grande della sua carriera.
Altro che semplice cambio di regole. Per Max Verstappen, il futuro prossimo assomiglia molto a un reset completo. Tecnico, umano, identitario. E questa, nel bene e nel male, è una notizia che può cambiare gli equilibri della Formula 1 più di qualsiasi nuovo regolamento.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing
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