Il cambiamento in arrivo per la Formula 1 nel 2026 non è una semplice evoluzione normativa. È una rivoluzione a tutto campo, forse la più imponente degli ultimi trent’anni. Motore, aerodinamica, meccanica, regolamento sportivo: tutto sarà ripensato, riscritto, ricostruito. E Frédéric Vasseur, team principal della Ferrari, non nasconde la portata epocale della sfida che il legislatore impone.
La nuova bozza del regolamento è arrivata sul tavolo dei team non troppi giorni fa, ma Vasseur non si nasconde dietro la diplomazia. Ammette di non aver ancora avuto il tempo di discuterne a fondo con i suoi tecnici motoristi, ma l’approccio è chiaro: apertura mentale e senso di responsabilità collettiva. “È la prima volta che un cambio regolamentare impatta contemporaneamente su power unit, aerodinamica e sport”, avverte il manager di Draveil. E l’invito alla cautela è diretto: “Non possiamo permetterci di pensare a chi avrà un piccolo vantaggio in termini di potenza. Dobbiamo concentrarci su cosa è meglio per il futuro della Formula 1”.
Parole che suonano come un richiamo, quasi un monito. Perché la posta in gioco è molto più alta di qualche chilowatt di differenza tra un costruttore e l’altro. Negli ultimi anni, la categoria regina del motorsport ha aumentato esponenzialmente il “peso” della componente elettrica delle power unit. Una trasformazione radicale, accolta con entusiasmo sul piano tecnologico, ma sottovalutata nei suoi effetti pratici, come ha dimostrato la pista.
Il peso delle vetture è cresciuto, le prestazioni hanno subito contraccolpi, l’aerodinamica ha dovuto adattarsi, e oggi si parla di modalità a maggior efficienza come necessità strutturale. Nel 2026 la quota elettrica crescerà ancora di più e il dibattito su una rivisitazione delle percentuale elettrico – endotermico è ancora in corso, nonostante le norme siano state definite.
In questo scenario la Ferrari non sarebbe del tutto restia a rivedere i parametri. Vasseur va oltre la tecnica e guarda anche al rischio di frammentazione politica che incombe sul paddock dopo che Red Bull ha spinto per rivedere le quote e Mercedes e Audi si sono opposte con fermezza, rivendicando il diritto di essere coerenti con decisioni prese mesi fa e che hanno condizionato lo sviluppo di propulsori che ormai girano ai banchi prova nelle loro versione i quasi definitive. “Abbiamo bisogno di dialogo, non di scontri. Le divisioni sarebbero lo scenario peggiore”, ha detto con lucidità a margine del Gp dell’Arabia Saudita.
E ha ragione: il rischio che i team finiscano impantanati in schermaglie su vantaggi marginali è concreto. Ma sarebbe un errore imperdonabile non unirsi, soprattutto in un momento in cui la F1 ha la possibilità – e la responsabilità – di reinventarsi davvero.
Del resto, una trasformazione di queste dimensioni non si era mai vista. Non negli ultimi venticinque, forse trent’anni. Mai era accaduto che motore, telaio e regolamento sportivo venissero ripensati simultaneamente. È una sfida senza precedenti non solo per le scuderie, ma anche per la FIA, che si ritrova a dover normare un futuro ancora incerto: nessuno, oggi, può prevedere con precisione quali saranno i livelli di carico aerodinamico o le prestazioni reali delle nuove vetture.

In questo quadro di incertezza, la riunione tecnica avuta in Bahrain – secondo Vasseur – ha rappresentato un momento incoraggiante, fatto di confronto aperto. Ma resta la consapevolezza che, finché si sarà immersi in una competizione serrata, il sospetto e la protezione degli interessi particolari rimarranno difficili da sradicare.
Un incontro che non ha generato una sintesi definitiva. Trovare un compromesso sarà difficile. Ma necessario. Perché la posta in gioco non è solo il regolamento del 2026. È la credibilità stessa della Formula 1 come sport, come laboratorio tecnologico e come spettacolo globale.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP