Sono lontani i tempi in cui il commento di una gara di F1 era il resoconto puntuale di quello che avveniva in pista arricchito da analisi, note tecniche, storiche e di colore, che i cronisti sapevano mescolare sapientemente con la loro cultura del motorsport per regalare emozioni e passione senza bisogno di urlare, usare ridicoli soprannomi, adire a complotti, o inventare spot per santificare questo o quel pilota.
La F1 è diventata uno spettacolo a pagamento eppure il servizio offerto è nettamente peggiorato rispetto a quando la visione era in chiaro
Un vero paradosso culminato al Gran Premio del Belgio durante la sprint race, dove si è toccato il fondo in termini qualitativi e di povertà del servizio offerto allo spettatore, perché al di là dell’imbarazzante campagna elettorale permanente nei confronti di Max Verstappen a cui siamo rassegnati, abbiamo ascoltato una cronaca completamente avulsa rispetto a quello che succedeva in pista preferendo la solita narrazione forzata e fuori luogo del grande campione che con il suo trabiccolo riesce a tenere dietro i due piloti McLaren evidentemente mediocri (perché perdere con un mezzo nettamente superiore è da mediocri) che pur guidando una astronave non riescono a superare il Dio Max sceso in terra.

Ma chi sta in cabina di commento non dovrebbe “spiegare” la corsa a chi guarda il gran premio e paga un abbonamento? Abbiamo ascoltato l’ennesima magnificazione del talento del campione olandese (c’è bisogno di farlo ossessivamente?), creando l’ennesima grande impresa che certificasse lo slogan diventato il marchio di fabbrica imperante: uomo contro macchina!
Analizzare quello che avviene in pista fornendo allo spettatore uno spaccato reale sminuisce il valore di una vittoria?
Nel mondo reale assolutamente no ma in quello artefatto che si vuol creare dalla cabina di commento evidentemente si. Anziché urlare all’ennesima impresa (ormai ogni week end) del pilota più forte del mondo e della galassia, si doveva spiegare che Max Verstappen ha vinto perché doveva essere aggressivo per recuperare un distacco in classifica che si sta facendo pesante; che ha attaccato perché non aveva nulla da perdere.
Al contrario andava rimarcato come le due McLaren non sono state tenute dietro con il coltello tra i denti e una guida magistrale che ha compensato le carenze del mezzo (tanto carente poi da essere più veloce sul dritto rispetto agli avversari che usavano il DRS), ma semplicemente che Oscar Piastri non ha avuto alcun interesse ad attaccare per raggranellare un punticino sull’olandese rischiando la collisione.
Sarebbe stato da stupidi rischiare un attacco quando stai perdendo un punticino da chi è molto staccato in classifica e ne stai guadagnando uno dal tuo competitor. Che senso poteva avere rischiare una collisione regalando 8 punti a Lando Norris quando sei in una situazione di assoluto confort?
Questo è un racconto signori miei, questa è una lettura di quello che effettivamente accade durante la corsa invece di alimentare ossessivamente il mito di super Max anche quando non serve, e questo episodio fa il paio con la qualifica di Silverstone con una pole fatta passare per miracolosa e invece frutto di un assetto scarico che ha favorito il giro push e penalizzato la gara. Con tutto il rispetto, la prestazione del pilota olandese che appare sempre notevole pur non riconoscendogli la capacità di trasformare l’acqua in vino.

Perché informazioni importanti come un assetto più scarico in qualifica non vengono trasferite allo spettatore preferendo invece gridare al miracolo sempre e comunque?
La gara della domenica ha riportato la chiesa al centro del villaggio, nel senso che il campione del mondo ha terminato il gran premio del Belgio alle spalle di un ottimo Charles Leclerc. Cosa significa questo? Che il campione del mondo non è poi così forte? Ma assolutamente no, nessuno mette in dubbio il fatto che il driver olandese sia un campione vero e sicuramente nell’olimpo dei più forti, e allora perché ha terminato quarto dietro una Ferrari sicuramente inferiore? Per l’assetto da pioggia come si è detto? Ma perché Charles Leclerc girava con quello d’asciutto? E se anche lo aveva, ha tenuto dietro super Max anche nelle fasi iniziali bagnate.
La risposta è semplicissima e torna all’affermazione nel titolo iniziale, ovvero che il concetto di uomo contro macchina non esiste, un pilota ha bisogno della macchina e del team per vincere, capita di essere in condizioni di inferiorità e di metterci del proprio ma il supporto del team e della vettura ci deve sempre essere, raccontare il contrario è semplicemente ignoranza dell’argomento di cui si parla.
Citare poi fasi del gran premio sia in Belgio che in Inghilterra dove la McLaren era più veloce di 2 secondi al giro non vuol dire che è di un altro pianeta ma che in quelle condizioni di pista è la monoposto che si adatta nettamente meglio rispetto a tutti, altrimenti farebbe tutte le pole con distacchi siderali e vincerebbe ogni gara, cosa che evidentemente non accade.

Con quale diritto chi ha un microfono in mano può umiliare i piloti McLaren ritenuti talmente mediocri da non riuscire a vincere nemmeno con un mezzo nettamente superiore?
Ebbene si, questo è il messaggio che passa ad ogni sessione di ogni gran premio perché dire “uomo contro macchina” presuppone che, come già affermata in precedenza, questa sia guidata da piloti che non sono capaci a disegnare un cerchio con il bicchiere altrimenti come si fa a perdere guidando un “astronave” rispetto agli Ape Cross della concorrenza?
Capiamo le esigenze della comunicazione moderna di trovare continuamente spunti di interesse che solletichino il pubblico ma la Formula 1 è uno sport amato da tanti per la complessità e per il connubio che si crea tra uomo, macchina e team. Ridurlo costantemente ad una telenovelas argentina stile Grecia Colmenares non fa bene né alla dignità di questo sport, né agli appassionati che pagano per avere un servizio di approfondimento e non meritano i supereroi creati in cabina di commento.
E su chi obietta che non è facile intrattenere per due ore il pubblico, invito a seguire le telecronache del WEC dove si racconta il motorsport con passione e competenza per ore con una leggerezza disarmante, si trasmettono emozioni pure senza urlare e senza inventare supereroi riducendo ad una manica di schiappe tutti gli altri piloti dello schieramento.
P.S. a parte i piloti McLaren che stanno conducendo il mondiale in maniera non dissimile ai grandi campioni della storia della Formula 1, gente come Charles Leclerc e George Russell potrebbero giocarsela alla pari con Max Verstappen se avessero anche loro il mezzo giusto e questo non vuol dire sminuire in alcun modo la grandezza dell’olandese, sicuramente il più talentuoso pilota in griglia senza bisogno di sparate
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari HP, McLaren F1
Seguici sul nostro canale YouTube: clicca qui
Disamina impeccabile. Purtoppo Vanzini da quando ha cominciato ad urlare è uscito dalla sua nicchia diventando in qualche modo famoso, ora fa i film in cui urla, le pubblicità di Mario Kart in cui urla, i TikTok che diventano virali anche all’estero in cui urla, e per questo penso che dal suo punto di vista sia questo quello che bisogna fare, che “funziona oggi”.
Poi evidentemente a Sky nel corso degli anni sono andati via tutti e per anzianità è diventato anche capo redattore, cosa che non può minimanente fare. La linea editoriale è fatta a sua immagine e somiglianza, supeficiale, caricaturale, priva di qualsiasi fondamento tecnico. Poi essendo il capo anche i colleghi compententi, come Chinchero e Bobbi, non sono nella posizione di poter contraddire o questionare tutto quello che dice (cosa che andrebbe fatta praticamente ogni volta).
Il risultato è un prodotto che qualitativamente è caduto a picco, ma non necessariamente rispetto a quello che veniva fatto in altre televisioni, rispetto anche solo a quello che era Sky i primi anni che avevano preso i diritti. In cui Vanzini faceva soltanto il telecronista e non faceva il fenomeno