L’estensione annuale del contratto che lega Yuki Tsunoda alla Visa Cash App, squadra controllata direttamente dalla Red Bull, potrebbe non essere una buona notizia per Sergio Perez. Il messicano, che dopo Monaco ha chiuso un’altra qualifica disastrosa (P16), ha prolungato l’intesa con il team di Milton Keynes per due stagioni.
In realtà si tratta di un contratto 1+1 con opzione in favore del team. Tradotto: se nel 2025 (o magari prima) le cose vanno male l’anno successivo la squadra si può riservare di dare il benservito al messicano con una semplice PEC. O in qualsiasi modo si chiami in Austria, dove giace la sede legale di Red Bull GmbH.
Le strategie dall’esterno sembrano molto chiare: si intende valutare per un anno ancora il giapponese prima di offrirgli, eventualmente, un sedile per la prima Red Bull di nuova generazione.
Si è molto raccontato di un ambiente costruito intorno a Verstappen, ma le prestazioni di Perez tendono a mostrare una preoccupante ciclicità: il messicano parte bene (quest’anno meno del solito visto che non è stato in grado di vincere) e si perde per strada. Un’attenuante che ormai non convince più quella dello sbilanciamento in favore dell’olandese.
Max è un fuoriclasse, è uno di quei piloti generazionali che nascono ogni paio di decenni; quelli che scrivono la storia a suon di record. Ma una forbice così ampia in termini di prestazioni non si può tollerare. E infatti in Red Bull c’è chi ha ripreso a lamentarsi, per ora in maniera blanda, delle performance di Perez.
“Non è un problema della macchina, lo si vede con Max. Penso sia più psicologico”. Giudizio, neppure così duro, espresso da Helmut Marko la cui posizione in seno al team non è più solida come un tempo. Perché se lo fosse, giurateci, Perez sarebbe al canto del cigno.
Il manager austriaco è il responsabile del programma piloti e, come tale, avrebbe voluto affidare il sedile della Red Bull a un prodotto del vivaio. Quindi a Yuki Tsunoda o a Liam Lawson. Invece si è trovato ancora tra i piedi Checo che forse deve la sua riconferma alla capacità di muovere consenso e soldi in Sudamerica.
Scelte commerciali che ricordano quelle della Ferrari che insistette con Rubens Barrichello prima e con Felipe Massa poi. Ma i due erano piloti di tutt’altra caratura. Maranello univa l’utile al dilettevole, per così dire.
Red Bull ha scelto la stabilità, ma ciò non vuol dire che sia convinta al 100% di quanto stabilito. O almeno ha la possibilità di tenersi aperta una via di fuga. Il vecchio contratto di Perez prevedeva delle clausole di protezione che lo mettevano al sicuro da arretramenti nell’allora AlphaTauri. Figuriamoci un appiedamento in tronco.
La nuova versione dell’intesa non prevede tutele analoghe. Se è vero quel che dice Marko, ossia che Checo sente lo stress mentale, le condizioni che ha accettato per provare a tenersi stretto il sedile della Red Bull non lo aiuteranno di certo a trovare serenità.
Perez deve darsi una mossa e deve farlo immediatamente perché rischia di veder smarrita la pazienza anche in chi, in fondo, lo ha sempre difeso e tutelato: Christian Horner.
Ora che il Mondiale Costruttori è a rischio e che Max è costretto a lottare da solo senza un vantaggio prestazionale rassicurante come quello su cui poteva contare l’anno scorso e nel 2022, il messicano non può continuare a cullarsi sugli allori altrui.
L’ombra di Tsunoda si allunga minacciosa sulla vettura del conducente di Guadalajara. Questi saprà reagire alla minaccia ricacciandola a Faenza?
Crediti foto: Visa Cash App RB, Oracle Red Bull Racing