Chi si prende la briga di leggere i miei scritti, sa benissimo come la penso sulle tante “modernità” di questa F1 che, ogni anno che passa, sta perdendo la sua vera anima per far posto al sensazionalismo, a un racconto sempre più orientato al gossip da quattro soldi e a una spettacolarizzazione che trasforma una gara automobilistica in uno spettacolo.
In quest’ottica ci si può lamentare all’infinito, ma come dice il nostro collega ed amico Giovanni nei nostri brainstorming di redazione, bisogna accettare i cambiamenti, non vederli in senso negativo ma come un’ evoluzione verso la modernità, come richiesto dal pubblico più giovane che ormai è il principale fruitore di questo sport.
F1: l’evoluzione è inevitabile
Nell’evoluzione di questo sport c’è ancora spazio per i tracciati old style? Se paragoniamo alcuni circuiti storici come, ad esempio, quelli di Suzuka, Imola e Montecarlo, rispetto a piste di nuova generazione come Miami, Las Vegas o Baku, la risposta a tale domanda sarebbe assolutamente retorica se consideriamo l’alto tasso tecnico delle piste di vecchia generazione rispetto a quelle più recenti e il fascino legato alle imprese del passato.
Tuttavia oggi questi aspetti risultano secondari rispetto all’unica cosa che conta: lo spettacolo, e in quest’ottica i tracciati di vecchio tipo non sono adeguati a questa generazione di monoposto così ingombranti, essenzialmente perché hanno carreggiate troppo strette, scarsi o nulli punti di sorpasso, e sono scarsamente modificabili.
L’aspetto tecnico interessa sempre meno, e ciò che il pubblico chiede sono i duelli in pista con sorpassi e controsorpassi che ormai avvengono spesso anche all’esterno, non perché i piloti di oggi siano tutti dei fenomeni, come vogliono raccontarci i moderni narratori, ma perché le attuali Formula 1 hanno un’aderenza mostruosa.
Se guardiamo al Gran Premio del Giappone, ci rendiamo conto del fatto che non abbia offerto sorpassi significativi e la prima posizione di Max Verstappen non è mai stata in discussione, non tanto perché le McLaren non avessero la possibilità di attaccare, ma perché la pista giapponese non offre punti dove si possa tentare un sorpasso senza rischiare la collisione.
La difficoltà della pista, le sue curve così particolari e tecniche vengono comunque messe da parte rispetto a uno spettacolo di molto inferiore rispetto a piste ben più modeste che però offrono più divertimento e location suggestive.
Quindi dobbiamo adattarci ai nuovi tracciati? La risposta è certamente sì, in primis perché la direzione della massima formula è chiara ed irreversibile, poi perché un po’ tutti ci stiamo abituando sempre di più a un tipo di gare infarcite di sorpassi, che, pur frutto di un artificio come il DRS, ormai sono imprescindibili. E paradossalmente i tracciati moderni, per quanto presentino dei disegni a dir poco osceni e non abbiano curve selettive da un punto di vista tecnico, hanno comunque almeno due chiari punti di sorpasso e sono sempre dotati di lunghi rettilinei dove sfruttare il DRS.
Il rovescio della medaglia è che non è più possibile tenere dietro gli avversari per tanti giri, però le difese interessavano poco già in passato, figuriamoci oggi! In effetti, sanguina ancora il cuore a ricordare la gialla Renault di Vitaly Petrov che, per colpa di quell’obbrobrio di pista di Abu Dhabi, tenne dietro per gran parte della gara il povero Fernando Alonso, facendogli perdere un mondiale che poteva invece giocarsi alla pari.
Hanno vinto i “Tilkodromi”
Parliamoci chiaro, certe piste dove non si sorpassa neanche se guidi un missile terra-aria rimangono in calendario per la loro storia e perché ancora riescono a pagare il conto, ma la logica porta a pensare che piano piano continueranno a sparire. E anche quest’anno si cerca di rivitalizzare un Gran Premi anacronistico come Montecarlo, imponendo obbligatoriamente due pit stop, ma difficilmente le cose cambieranno e ci saranno sempre i soliti trenini soporiferi.
Chi come me, già dalla fine degli anni Novanta, si è indignato per le piste progettate e realizzate da Hermann Tilke, l’architetto della Formula 1 scelto e sostenuto da Bernie Ecclestone, che rappresentano la stragrande maggioranza dei nuovi circuiti, oggi alza bandiera bianca perché “i Tilkodromi“ hanno vinto: rappresentano i tracciati migliori per la nuova generazione di monoposto, i gusti del pubblico e le finalità di Liberty Media. Non resta che adeguarsi e brontolare di meno.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Renault, F1
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