Sono passati quasi due mesi dall’ultimo pezzo; nel frattempo ho scritto tanto altro, ma per altre necessità. A un certo punto mi sono chiesta, mentre scrivevo nel mezzo della disperazione (ed è stata tanta), se sarei stata prima io a consegnare la tesi di dottorato oppure la Ferrari a svelare il suo potenziale, quello tanto decantato da Vasseur. Ho vinto!
La dirigenza Ferrari è totalmente assente, un po’ come il potenziale. Per la brutta figura del sabato di qualifica solo Leclerc si è sentito in dovere di scusarsi. Come ho già detto più volte, l’aziendalismo di Leclerc è un problema non certo per Ferrari, visto che può tranquillamente permettersi di rimanere zitta – ma proprio per Charles, che così diventerà il capro espiatorio per il futuro. Anche qui, come sempre, aspettiamo che il manager del pilota si manifesti, anche lui latitante insieme alla dirigenza e al potenziale della Ferrari.

Nell’ultima intervista alla Gazzetta, Leclerc continua a parlare di Vasseur come “onesto e competente”. E la cosa lascia alquanto interdetti. Parlare di onestà in F1 è come parlare di diritti umani in Arabia Saudita: sono cose che ti fanno sorridere. Però Mattia Binotto è da un po’ che non è più il TP, e quindi andrei anche avanti, visto che non mi sembra che le cose siano migliorate.
Sulla competenza non saprei giudicare, ma non credo che un TP di un top team possa dichiarare apertamente che la vettura è al 90% opera di Cardile e che gli errori li sta correggendo Serra, facendolo passare da incompetente. Quando poi – vedi a volte la sfiga – proprio la squadra di Cardile (la sempreverde Aston Martin) ha portato una versione B della vettura che ha mostrato decisi segni di miglioramento, entrando in Q3 (a differenza di altri…). Si dice che Newey non ci abbia messo il naso; Alonso, giusto per farsi amare ancora di più, sostiene che Adrian si sia giusto intrattenuto in pausa pranzo con chi lavora attualmente sulla vettura per scambiarsi qualche idea.
Avrebbe potuto farlo a Maranello, ma come dicono Vasseur e Gené “meglio il gruppo che il singolo”. E quindi, in mensa a Maranello trovi Hamilton -magari lo potessi incontrare tutti i giorni a mensa – però diciamo che attualmente è un po’ come la dirigenza, il potenziale e il manager di Leclerc: disperso.

Anzi, peggio che disperso: talvolta disperato. In realtà, non si può dire che non sappia più guidare; quelle volte in cui ha piovuto o c’erano condizioni miste è riapparso come le lumache. Ma di questa macchina sembra ancora che ci abbia capito molto poco. Non c’è ancora intesa con Adami, con alcuni team radio decisamente poco edificanti. Qui però non è lo stesso problema intercorso tra Leclerc e Marcos: Adami ha lavorato con Raikkonen, Vettel e Sainz, l’esperienza è tanta e varia, quindi stupisce un po’ questo smarrimento iniziale. E qui viene da pensare a una scarsa capacità di adattamento di Hamilton, non solo a livello tecnico ma anche “umano”. Abbiamo un altro precedente: nel 2016 in Mercedes decisero di cambiare alcuni meccanici e mandarli nel box di Rosberg.
Hamilton non la prese bene e promise la pubblicazione, dopo dieci anni, di un libro, che probabilmente solo io e il solito giornalista che ad Abu Dhabi gli ricorda questa promessa stiamo aspettando. Quel fatto condizionò la testa di Hamilton, e sappiamo tutti chi vinse quel mondiale. Storicamente, Hamilton è stato sempre coccolato dalla squadra – forse anche troppo per alcuni – e probabilmente Lewis, per dare il massimo, ha bisogno di essere circondato da un gruppo che crede ciecamente in lui e che lo supporta in tutti gli aspetti.
Hamilton è conosciuto per le sue lamentele alla radio, le famose vibrazioni che sente ma che non vengono rilevate dai sensori, e le risposte di Bono (suo storico ingegnere di pista) con l’intento di rassicurarlo. In Ferrari difficilmente troverà un atteggiamento di questo tipo: è una cultura di squadra diversa, dove sei tu pilota a dover tirare i componenti della squadra.
Lo dimostra la storia: tra i piloti vincenti in Ferrari citiamo Lauda, Schumacher, Raikkonen. Questo discorso non vuole sminuire le capacità di Hamilton – che sono molte – ma invece far capire quanto il mondo Ferrari sia a parte rispetto alle altre squadre inglesi. Tutti i piloti vorrebbero indossare per un giorno la tuta rossa, ma non tutti i piloti hanno la capacità di vivere e sopravvivere in questo ambiente che rischia di fagocitarti. Vettel è l’ultimo esempio significativo.
È delizioso però osservare il “sarcasmo” di Lewis a Miami attraverso i suoi team radio. E di come abbia raccontato dell’interazione post gara avuta con Vasseur. Vasseur che entra nella stanza di Hamilton (magari bussando, “toc toc, disturbo?”), Lewis che paternalmente gli pone la mano sulla spalla e gli dice: “Eddai Fred, stavo a scherzà, e fattela ‘na risata!”.
Succedeva uguale uguale pure in Mercedes, c’è da scommetterci, soprattutto con Toto! Ritorniamo al discorso di prima: diciamo che, al suo posto, dopo questo racconto da cabaret, avrei valutato le dimissioni. Ma forse la dignità è un concetto sopravvalutato.
Mentre Ferrari affonda, Verstappen giganteggia
Questa Formula Uno sarebbe così noiosa se non ci fosse Max Verstappen, oramai lo ammettono pure i suoi detrattori. Meno male che non ha la McLaren, così ci fa divertire sia il sabato che la domenica.
Fatemelo dire: i piloti McLaren sono noiosi. Riponevo un po’ di speranza in Piastri – l’avrei riposta anche su Stroll, basta che non sia Norris – ma tutta questa “cattiveria” non si vede proprio. Oppure Verstappen mi sta abituando troppo bene e il resto scompare?
A proposito di piloti che conducono le squadre: al netto della bontà dei tecnici Red Bull, Verstappen ha più volte mostrato quella capacità di riportare alla squadra quella tensione agonistica che ti dà concentrazione e ti fa lavorare per un unico obiettivo: vincere. Arriverà il momento in cui accetterà quella sfida, e secondo me il mondiale lo riporta lui – e i predestinati muti. Ma prima mi sa che Max farà altre cose.
Ad esempio, farsi un giro al Nürburgring con una Ferrari 296 GT3 scatena già il panico di Maro Engel. Le voci di paddock, sempre maligne, parlavano di un assetto più leggero, smentite direttamente dallo stesso Verstappen. Anche fuori dal circus Max sa essere temibile. E chissà che, prima o poi, non decida di gareggiare nel WEC con il pilota che più lo stima nel paddock: il signor Fernando Alonso.
Il pilota più sfortunato del mondo. Fernando sa essere sempre esemplificativo rispetto a ciò che lo circonda e questa volta lo fa su se stesso. In un weekend positivo per Aston Martin rimane senza punti. Nel post gara dice che “gente che ha avuto un weekend molto mediocre è ancora tra i primi cinque”, e qui è proprio chiaro il riferimento ad Albon. Siete voi che ci vedete la critica feroce a Hamilton; del resto, il 2007 è oramai un discorso chiuso, e poi gli è anche venuto in mente di andare in Ferrari, con la quale i trascorsi sono stati meravigliosi.
Nelle interviste post qualifica Nando era ritornato a sorridere, voglio vederlo come un segnale. In questi momenti di difficoltà è rimasto “quasi” calmo; anche qui, probabilmente, è possibile che veda una progettualità e una speranza. Meno male che l’auto è verde.

L’anno prossimo probabilmente non si correrà più a Imola. La F1 correrà su parcheggi da centro commerciale come a Madrid, in orrori come Baku ed Abu Dhabi, e così i circuiti storici come Imola vengono tolti. Come dice Verstappen, questi ultimi sono quelli che hanno fatto innamorare della F1 non solo lui, ma tantissimi tifosi.
Questa pista porta un nome storico, “Ferrari”, contiene gioia e morte, così com’è la vita. Per me rimarrà la pista dove Schumi vinse dopo la morte della mamma, e delle sfide con Alonso. Se ultima gara di Formula Uno doveva essere, allora è giusto che l’abbia vinta il migliore, in modo straordinario.
Mancherai molto, cara Imola.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari HP, Aston Martin
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