Toto Wolff non ha dimenticato. E fa bene. A quasi quattro anni da quella notte di Yas Marina, il team principal Mercedes ha ripreso in mano uno dei capitoli più controversi della storia recente della Formula 1, definendo Michael Masi “un lunatico che ha distrutto il record del più grande campione di tutti i tempi”. Una frase brutale, che però fotografa l’essenza di ciò che accadde il 12 dicembre 2021: una distorsione delle regole, deliberata e inaccettabile, che cambiò per sempre il destino di Lewis Hamilton e l’immagine della FIA.
Chi ha la memoria corta farebbe bene a tornare ai documenti. L’articolo 48.12 del Regolamento Sportivo 2021 stabiliva chiaramente che, in regime di Safety Car, tutte le vetture doppiate dovevano poter sdoppiarsi prima che la vettura di sicurezza rientrasse. L’articolo 48.13 aggiungeva che solo dopo la comunicazione “Safety Car in this lap” la corsa sarebbe ripartita nel giro successivo. A Yas Marina, nulla di questo avvenne. Masi permise lo sdoppiaggio solo di alcune vetture – quelle poste tra Hamilton e Verstappen – e diede il via libera immediato alla ripartenza.

Due violazioni, una scelta: lo spettacolo prima del regolamento. La logica del “let them race”, introdotta come principio di libertà agonistica, fu piegata a un uso arbitrario. Wolff lo ricorda come “una perdita di controllo mai vista prima”. Una definizione che risulta inattaccabile. Non fu un errore tecnico: fu un atto d’autorità, privo di fondamento giuridico e con conseguenze irreversibili.
Susie Wolff ha raccontato che in casa Mercedes regnò lo smarrimento. “La decisione di una sola persona di interpretare le regole in un modo mai visto prima aveva causato un epilogo incredibile”, ha detto. Incredibile, sì, ma anche devastante: perché da quel momento la Formula 1 non è più stata percepita come uno sport regolato da norme certe, ma come un prodotto televisivo in cui le regole diventano flessibili al bisogno.
La FIA, travolta dalle polemiche, allontanò Masi nel 2022 e introdusse una nuova struttura di direzione gara con due direttori alternati (paradigma poi accantonato) e il supporto del Virtual Race Control. Ma l’impressione è che sia mancata la cosa più importante: un’ammissione chiara di responsabilità. La relazione d’inchiesta parlò di “buona fede” e di “circostanze eccezionali”, ma nessuna di queste attenuanti può giustificare una manipolazione del regolamento.

Oggi, le parole di Toto Wolff hanno un valore che va oltre la rivalsa. Sono la voce di chi difende il principio cardine del motorsport: la certezza del diritto sportivo. Se un direttore di gara può decidere quali vetture far sdoppiare e quando, allora non esiste più una competizione regolata, ma solo una narrazione.
Abu Dhabi 2021 è stata la notte in cui la Formula 1 ha scelto la fiction al posto della giustizia sportiva. E se la FIA non avrà mai il coraggio di definire apertamente quell’episodio come un abuso procedurale, farà bene a sopportare che Wolff lo ricordi ogni volta che può. Perché la memoria è l’unico modo per impedire che il “let them race” torni a significare “let them decide”.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, FIA
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