“Senna”, la miniserie biografica brasiliana targata Netflix, incentrata sulla vita del tre volte campione del mondo di F1, il pilota brasiliano Ayrton Senna, ha ottenuto un discreto successo in termini di ascolti e critica. Eppure, c’è chi ha storto il naso.
Partendo dalla finzione audiovisiva, la miniserie inizia dalla tragica fine del campione carioca, mostrandoci i vari pezzi scagliati in aria della sua Williams FW16, dopo il violento impatto fatale (che non viene ovviamente evidenziato) contro il muro della Curva Tamburello, il maledetto 1 maggio di Imola.
Da dove ha fine, inizia la straordinaria storia di Ayrton Senna.
Si ritrova il giovane Da Silva (solo in seguito adotterà il cognome della madre, “Senna”) che coltiva il sogno di correre un giorno in Formula 1. Ma per farlo, dovrà abbandonare il suo Paese, il Brasile, e andare nella fredda e piovosa Inghilterra. La Terra d’Albione si dimostra ostile al brasiliano che, a causa della sua provenienza, dovrà faticare ancora di più in quel mondo dove tanto desidera stare.
Riuscirà a farsi valere sulla pista, ma a causa di una promessa fatta, tornerà nel suo paese a lavorare nell’azienda di famiglia. Finché un giorno non vede in TV un altro brasiliano, Nelson Piquet, portare il paese in cima al mondo, e lì la fiamma del pilota, mai del tutto spenta, riprende vigore. Ritornerà in Inghilterra, dove dominerà di nuovo nelle formule minori per poi approdare in F1, dove diventerà leggenda.
Dal punto di vista della storia, la produzione, anche grazie alla collaborazione della “Fondazione Senna”, oggi guidata dalla sorella di Ayrton, Viviane, si è attenuta piuttosto fedelmente alla vita di Senna, seppur prendendosi alcune libertà, come il “Senna sciupafemmine” che seduce una contessa di Monte Carlo, il giorno prima del suo primo straordinario Gran Premio di Monaco.
“Senna” la serie: quando gli interpreti non convincono
L’attore che interpreta il pilota, il brasiliano Gabriel Leone, è il principale punto debole del prodotto, non tanto per la sua interpretazione, quanto per la sua scarsa somiglianza con il campione brasiliano. L’attore aveva già avuto esperienza con il mondo delle corse: nel 2023 aveva interpretato il pilota spagnolo Alfonso de Portago in Ferrari (diretto da Michael Mann), tragicamente scomparso durante la Mille Miglia del 1957.
Un altro aspetto critico è la figura di Ron Dennis, team principal della McLaren in quegli anni. Ricordato come un uomo forte e burbero, ma qui sembra somigliare più all’attuale direttore tecnico della scuderia di Woking, l’italiano Andrea Stella. Probabilmente, se fosse stato scelto un doppiatore con una voce più ruvida, rispetto a quella cristallina di Francesco Bulckaen, il “Ron Dennis” di Senna ne avrebbe giovato maggiormente.
Dal punto di vista tecnico, le scene in pista, grazie al montaggio, non disorientano lo spettatore, risultando dinamiche e avvincenti. La produzione brasiliana non ha potuto usufruire di un budget (circa 170 milioni di dollari) paragonabile a quello dei blockbuster hollywoodiani, come quello che ha avuto l’atteso film che si sta ancora girando sulla massima serie del motorsport, “F1″ (per questa produzione sono stati stimati circa 250/300 milioni di dollari), ma l’ha resa comunque la serie più costosa nella storia del Brasile.

Ad Alain Prost non è piaciuta la miniserie. Il francese ha accusato Netflix di renderla troppo commerciale, anche se il progetto ha avuto l’avallo della famiglia del campione scomparso.
Il mondo dell’intrattenimento ha sempre portato sul grande e piccolo schermo i personaggi che hanno fatto la storia e Senna è uno di essi. Ed è giusto che venga raccontato. Il gusto personale, poi, renderà ogni racconto apprezzabile o meno.
Senna: la miniserie che non piace alla F1
Gli appassionati di questo sport sono generalmente molto conservatori su quasi tutte le novità che riguardano la Formula 1. Basti pensare al già citato film in preparazione, che è stato stroncato già quando è stata annunciata la produzione, nonostante oggi abbiamo visto solo un teaser trailer e alcune scene girate durante i vari Gran Premi della stagione.
La miniserie Senna è stata acclamata dagli esperti del settore in Italia, con ottime recensioni, rispetto all’estero, dove è stata accolta più tiepidamente. Per chi non è un appassionato, è un’occasione da non perdere per conoscere la figura di questo grande campione e ciò che ha rappresentato per la F1.
È pur sempre un prodotto commerciale e va preso per quel che è, ma volendo trovare qualcosa di meno cinematografico, si può guardare il documentario omonimo di Asif Kapadia del 2010. La serie, disponibile su Netflix, è composta da 6 episodi, che vanno dai 53 ai 71 minuti.
Pensavo che la serie fosse almeno in parte girata a Imola, ma sento parlare di altre località.e di altri fatti,per cui non la guarderò..
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