Si è tanto scritto sul rapporto tra Carlos Sainz e Charles Leclerc. Una rivalità concreta? Certamente in pista, come logico che sia, ma che al di fuori del recinto dell’autodromo esiste solo in un mondo immaginario fatto da elfi, nani e troll. Soprattutto da questi ultimi.
Un contrasto, quello tra i due alfieri del Cavallino Rampante, presunto, costruito a tavolino, alimentato dalla stampa (spagnola sicuramente, ma anche noi i italiani non scherziamo) e dal tifo esagitato di entrambe le fazioni che non riescono a contenere istinti un po’ troppo bassi. Scadenti.
La verità è che i due protagonisti della Ferrari, al di là di qualche normale screzio che sorge e muore nelle gare, roba normalissima tra “animali competitivi”, è saldo e sincero. E lo dimostrano tanti piccoli segnali, a partire dalla sincera gioia che si leggeva sul volto di Leclerc dopo la vittoria del rientrante compagno di squadra che aveva saltato il Gran Premio dell’Arabia Saudita per un’appendicectomia improrogabile.

Tensione Sainz – Leclerc: cui prodest?
Chi trae vantaggio da una narrazione tossica, decentrata e lontana dal vero? Non mi è difficile ammettere che, pur facendone parte (ma con stile si spera molto diverso), i beneficiari di un’opposizione creata a tavolino sono proprio i media. Flame. Questo è il termine chiave.
Per chi non fosse avvezzo al gergo degli internauti, fare “flaming” significa letteralmente “infiammare”. Questa espressione si riferisce all’atto di offendere, all’insultare, al provocare una persona sulle piattaforme web. Il fine è quello di infuocare gli animi per alimentare discussioni, talvolta verbalmente violente, con uno scopo ancora meno nobile: aumentare il numero delle connessioni.
Il mondo del giornalismo sta cambiando ed è stato proprio internet ad avviare un processo che, inesorabilmente, ha svuotato le copie fisiche – quelle che si compravano in edicola e che macchiavano le mani di inchiostro stampato su supporti che dovevano avere vita breve – in favore di spazi virtuali i cui ghost writer non sempre si comportano in maniera deontologica.
Quante volte avete notato un titolo su Michael Schumacher protagonista di miracolosi recuperi salvo poi verificare che la notizia era una summa di fesserie senza costrutto né decenza? Testi fatti e finiti per attirare l’ignaro tifoso.
“Pesca a strascico” e clickbait: i meccanismi sui quali si reggono troppe realtà che pretendono d’essere un punto di riferimento ma che invero sono un coacervo di futilità senza contenuti solidi ma che generano succulenti profitti.
Districarsi in questo mare di bestialità è sempre più difficile perché la deriva acchiappa-lettori affligge anche giornali che un tempo avevano credibilità e rispetto riconosciuto.
Sarebbe tedioso spiegare come avviene la remunerazione di un sito internet, ma potete immaginare come funziona l’ovvio: più visitatori ci sono su una web infarcita di pubblicità, link esterni, finestrelle accattivanti, popup rompicazzo e autorefresh fastidiosi che non rispettano il lettore, più si incassa grana.
Non si vuole affermare che il meccanismo sia concettualmente errato, anche Formulacritica vive e vivrà di introiti da click, ma c’è un’etica nell’ottenerli. Adombrare complotti tra i piloti che corrono per il team più famoso del globo, ve lo posso assicurare, è un’ottima fonte di contatti a buon mercato che generano guadagni ad alto voltaggio, per dirla alla Fernand Braudel.
Succede che colossi dell’informazione facciano prime pagine roventi o che altre testate che provano a darsi un tono sgomitando in un catino forse troppo affollato inizino a comportarsi come auto dichiarati soggetti bene informati. I cosiddetti “insider” che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono persone “normalissime” chiuse dentro le loro case a creare news che non esistono. Altro che buoni uffici presso i team o gli organi federali.
Questo articolo non dà notizie, questo testo è un avviso ai naviganti, una sorta di libretto delle istruzioni, un invito a non cadere nel tranello, un suggerimento a selezionare per bene le fonti e a non alimentare il meccanismo del flame che degrada una nobile professione e, in fondo, non vi fa nemmeno godere della vostra passione.
Perché, amici ferraristi, qual è il senso di queste baruffe di palazzo? Davvero vi interessa di più insultare Leclerc o Sainz a seconda dello schieramento di appartenenza piuttosto che gioire dei trionfi rossi? Siete voi che potete inaridire questa fonte di guadagno costruito sulle vostre ignare spalle. Pensateci, agite.