Con i suoi sette chilometri di sviluppo, Spa-Francorchamps non è solo il circuito più lungo della stagione di Formula 1, ma anche uno dei più complessi dal punto di vista energetico. La configurazione del tracciato alterna lunghi tratti a piena gas a curve ad alta velocità, creando condizioni estreme per la gestione della power unit.
Gp Belgio 2025, Roel Sourbron parla delle sfide per il motore Ferrari
“Dal nostro punto di vista“, spiega Sourbron. “I due lunghi rettilinei sono gli elementi più critici. Nel primo, che include Eau Rouge e Raidillon, si resta con l’acceleratore completamente premuto per 23 secondi: 1,8 km senza soluzione di continuità. Ma ciò che rende unico questo tratto è che inizia dopo la curva più lenta del circuito. Questo ci obbliga a ottimizzare il rendimento della PU sin dalle basse velocità per assicurare la massima accelerazione in uscita“.

La sfida non è solo orizzontale. Dopo l’Eau Rouge, la salita è ripida: la pendenza può toccare il 14%. “È una combinazione impegnativa, tanto che – pur con oltre 900 cavalli disponibili – la vettura perde velocità per via dell’inclinazione e della resistenza meccanica“.
Il secondo tratto critico include Blanchimont, altra curva che si percorre in pieno. Qui, i motori restano al massimo carico per 20 secondi, coprendo 1,6 km. “Tutte queste sezioni sono collegate da curve rapide e una chicane molto lenta: trovare il giusto compromesso nell’uso dell’energia e del carburante è un lavoro di bilanciamento costante“.
L’estensione della pista ha un impatto diretto anche sul consumo di benzina, che a Spa risulta tra i più alti del mondiale. “L’altimetria esige una valutazione estremamente precisa sul carico di carburante per garantire leggerezza e performance senza mettere a rischio l’autonomia“.
Pressione atmosferica e meteo: gli altri nemici del motore
Spa è anche sinonimo di imprevedibilità climatica. Dalla nebbia al sole, dalla pioggia battente all’asfalto completamente asciutto, le variabili meteorologiche cambiano di continuo e impattano fortemente sulla gestione del motore.
“Quando le temperature sono elevate, il motore a combustione lavora in condizioni limite, perché la richiesta di prestazione è continua. Ma quando il meteo vira verso il freddo e l’umidità – come spesso accade nelle Ardenne – la situazione cambia radicalmente. La pressione di combustione diventa più intensa e i componenti interni subiscono stress molto diversi“, racconta Sourbron.
Altro elemento non trascurabile è l’altitudine. Il tracciato si sviluppa fino a 461 metri sul livello del mare, con un dislivello complessivo superiore ai 100 metri. Questo comporta fluttuazioni nella pressione atmosferica che influenzano direttamente il funzionamento del turbo. “Un po’ come avviene in Austria, ma ancor più in Messico, siamo costretti ad aumentare la velocità di rotazione del turbocompressore, avvicinandoci ai limiti meccanici della componentistica“.
E in caso di pioggia, la partita si gioca su un terreno ancora diverso: “La pura prestazione della PU passa in secondo piano. Diventano centrali la guidabilità e la precisione nella gestione dell’energia. Curve come l’Eau Rouge e Blanchimont non si affrontano più a pieno carico, e la risposta dell’acceleratore deve essere il più progressiva possibile, per evitare perdite di trazione“.

Dalle tribune di Zolder alla tuta rossa di Maranello
L’ingegneria del motorsport è una disciplina che spesso nasce da una vocazione precoce. Nel caso di Roel Sourbron, tutto ha avuto inizio a pochi chilometri da casa.
“Sono cresciuto vicino al circuito di Zolder, dove la Formula 1 corse l’ultima volta nel 1984. Spa, invece, dista appena un’ora dalla mia città natale. Il motorsport è sempre stato nel mio DNA. Ricordo che quando mio padre mi parlò di Thierry Boutsen, l’unico pilota belga in F1 all’epoca, mi raccontò che aveva studiato ingegneria. Da quel momento, sapevo cosa volevo fare“.
Con questa ambizione chiara, Sourbron ha costruito passo dopo passo il proprio percorso. Una laurea in Ingegneria dell’Automobile nei Paesi Bassi, un master in Motorsport Engineering & Management a Cranfield nel Regno Unito e poi l’occasione giusta: “La mia tesi di laurea mi aprì le porte di un team di F1 come ingegnere di affidabilità motore. Dopo diverse esperienze, nel 2012 sono approdato a Maranello. Da allora, lavoro sullo sviluppo e la calibrazione della power unit Ferrari: esattamente ciò che sognavo da ragazzo“.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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