Qualche mese fa, a seguito di riflessioni nemmeno troppo profonde, Renault F1 ha alzato bandiera bianca per manifesta incapacità di creare un propulsore turbo-ibrido all’altezza della situazione. Oltre dieci anni senza cavare il ragno dal buco, troppe stagioni di promesse disattese, teste tagliate tra i vertici e bocconi amarissimi da ingerire.
Dismettere parzialmente il comparto propulsori di Viry-Châtillon è stata la mossa più comoda per la Losanga, che si è affidata alla Mercedes, ritenuta da molti il soggetto già avvantaggiato in chiave 2026, pur senza aver visto numeri e riscontri.
La fabbrica francese è diventata terreno di caccia: molte realtà concorrenti hanno fatto man bassa degli ingegneri che lavoravano al V6 turbo-ibrido di nuova generazione, impoverendo un comparto glorioso che nei prossimi tempi si occuperà soltanto delle categorie minori e del WEC, campionato nel quale Alpine non riesce comunque a essere sullo stesso livello di Ferrari, Toyota e Porsche.

Ritorno all’aspirato: una beffa per Renault F1
Ma forse la beffa più grande è quella che si sta per consumare. Ormai le voci si fanno così insistenti da sembrare un poderoso coro che intona canti su tonalità altissime: la Formula 1 è pronta a rimettere in discussione tutto il quadro normativo impostato negli anni precedenti per abbracciare nuovamente le motorizzazioni plurifrazionate e aspirate. Via il turbo. Via, forse, anche il motogeneratore MGU-K, per ritornare a uno schema che è stato in voga fino a quando i V6 non presero il sopravvento nel 2014.
Sapete qual è la burla per gli orgogliosi francesi? Che si rischia di tornare a usare i V10 con i quali la Renault ha scritto le pagine più importanti della sua storia. Se non è questa una nemesi spietata, poco ci manca. L’eventuale ritorno al passato non farebbe altro che dimostrare che certe scelte – se mai dovessero concretizzarsi – sono state prese in fretta e furia dai vertici della serie, altrimenti il costruttore francese mai avrebbe chiuso la sua storia in Formula 1. O quantomeno ci avrebbe riflettuto più a lungo prima di mollare la ciurma.

F1 aspirata: un modo per richiamare competitor?
Non è molto chiaro quale sia il motivo delle riflessioni in corso. La Formula 1 era stra-convinta di proseguire con le attuali propulsioni, ma forse ci si è resi conto che qualcuno è troppo indietro e che i biocarburanti sono invece così avanti nello sviluppo da poter garantire anche un ritorno a schemi che si pensavano potessero servire costruttivi solo nei musei come retaggio storico.
È chiaro che un motore più semplice può attirare più soggetti e può sicuramente tirare fuori dalle difficoltà chi potrebbe annaspare, come Red Bull Powertrains o Cadillac, che nel 2028 si unirà alla compagnia. Ma potrebbe essere anche il modo per permettere alla Renault di rivedere le sue posizioni, così come fece Honda quando capì che i motori 2026 sarebbero andati maggiormente incontro alle proprie necessità aziendali.
Insomma, se la Formula 1 decidesse veramente di virare verso i plurifrazionati, si potrebbero riaprire scenari molto interessanti, allargando la competizione a più soggetti. Per Renault sarebbe relativamente semplice ritornare in campo, poiché ha un team di proprietà da sfruttare appena scaduto il legame con Mercedes. Un lasso di tempo nel quale avrebbe la possibilità di mettere a punto un’arma affilata per ripresentarsi come soggetto forte e riportare in cima al motorsport un nome che la storia della Formula 1 l’ha fatta a tutti gli effetti.
Crediti foto: Alpine F1, Renault