Un’indiscrezione, quando è firmata da Jon Noble, non è solo un rumore di fondo. È un segnale. E quello che arriva da The-Race va letto con attenzione, perché riguarda una figura che più di molte altre incarna la continuità tecnica, emotiva e operativa dell’era Verstappen in Red Bull: Gianpiero Lambiase.
Il fatto che Lambiase starebbe trattando con Aston Martin (mai come stavolta il condizionale è d’obbligo) non è una semplice indiscrezione di mercato. È un indizio pesante. Perché il tecnico italiano non è un ingegnere qualunque, non è intercambiabile, non è sostituibile con un colpo di penna sull’organigramma. È il punto di contatto tra Verstappen e la macchina, tra Verstappen e il muretto, tra Verstappen e la struttura. È la voce che Max ascolta quando la gara si rompe, quando la strategia va riscritta, quando il caos diventa sistema. E se figura voce inizia a guardarsi intorno, significa che qualcosa, a Milton Keynes, si è incrinato.

Secondo quanto riportato dal media inglese, Aston Martin avrebbe discusso con Lambiase di un ruolo dirigenziale di primissimo livello, addirittura assimilabile a quello di team principal o amministratore delegato, all’interno di una riorganizzazione manageriale profonda che la compagine di Lawrence Stroll sta compiendo ormai da diversi anni. Non una proposta estemporanea, ma una posizione pensata, strutturata, coerente con una visione di lungo periodo. E non è un dettaglio che in quella struttura ci sia Adrian Newey, diventato team principal dopo che un altro pezzo grosso, Andy Cowell, è stato spostato in altre mansioni. Le connessioni non sono casuali. Sono fili che vengono tesi con metodo.
È chiaro che, nell’immediato, Red Bull abbia già in mente un piano B. Simon Rennie è il nome naturale per sostituire Lambiase come ingegnere di pista del quattro volte campione del mondo. Lo ha già fatto, lo conosce, è una figura competente. Ma il punto non è la singola sostituzione. Il punto è il contesto in cui questa eventuale uscita si inserisce.
Red Bull: emorragia senza fine
La franchigia anglo-austriaca, da mesi, non perde pezzi: perde coesione. L’universo tecnico e umano costruito attorno a Verstappen si sta lentamente svuotando, senza un’esplosione improvvisa ma con un’erosione continua, quasi silenziosa. Tom Hart ha scelto Williams. David Mart ha seguito Jonathan Wheatley in Audi. Michael Manning, dopo un primo tentennamento, ha chiuso definitivamente il suo capitolo in Red Bull. Non sono figure mediatiche, ma sono ingranaggi fondamentali di un sistema che funzionava proprio perché ogni ruolo era chiaro, stabile, riconosciuto.
Allargando lo sguardo, il quadro diventa ancora più netto nei confini. In meno di due anni sono usciti di scena Adrian Newey, Jonathan Wheatley, Christian Horner e Helmut Marko. Quattro pilastri, ciascuno con una funzione diversa ma complementare. La visione tecnica, la gestione sportiva, il potere politico, la protezione del talento. La struttura di potere che aveva reso Red Bull una macchina quasi invincibile non esiste più. È stata smontata pezzo dopo pezzo, senza che ne emergesse una nuova altrettanto solida.
E a questo va aggiunto un elemento che pesa parecchio: l’addio di Honda. Il nuovo progetto power unit in collaborazione con Ford è una scommessa enorme, affascinante sulla carta ma piena di incognite. La solidità tecnica del reparto motori è tutta da dimostrare e nel nuovo ciclo regolamentare del 2026 questo aspetto non sarà negoziabile. Verstappen lo sa. E chi sta preparando il terreno attorno a lui lo sa ancora meglio.

Aston Martin, un progetto attraente
È qui che Aston Martin entra in scena non come semplice alternativa, ma come progetto costruito per attrarre il pilota più determinante della griglia. Newey al centro, una struttura manageriale ridisegnata, investimenti continui, ambizioni dichiarate. E ora, potenzialmente, anche Lambiase. Non è un corteggiamento esplicito, non ancora. È una preparazione del campo. È la creazione di un ambiente familiare, riconoscibile, affidabile. Esattamente ciò che Red Bull, oggi, fatica a garantire.
La coppia Verstappen-Lambiase ha vinto quattro titoli mondiali e 71 gare. Non è una statistica, è una storia di fiducia reciproca. E quando quella fiducia inizia a essere messa in discussione, non lo fa mai per caso. Se anche uno solo di questi tasselli dovesse davvero spostarsi, il messaggio sarebbe chiaro: la Red Bull non è più il luogo naturale di approdo per il futuro di Max.
Red Bull non sta semplicemente attraversando una fase di transizione. Sta rischiando qualcosa di più profondo: lo sgretolamento della propria identità vincente. Aston Martin, al contrario, non sta inseguendo il presente. Sta preparando il futuro. E quel futuro, sempre più chiaramente, sembra avere un nome e un cognome. Max Verstappen. Certe dinamiche ricordano molto da vicino ciò che la Ferrari fece negli Anni Novanta svuotando la Benetton e gettando così le basi per la sua fase storica più gloriosa.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing
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Manca solo Max in Aston….Poi possiamo dire addio sogni di gloria per gli altri….