“Red Bull, una volta, Red Bull per sempre”, questa frase sarà la chiave di tutto ciò che leggerete da qui in avanti in questo scritto. Il gigante delle bevande energetiche austro-thailandese è l’unico a possedere ben due team in Formula 1, quello omonimo e quello “junior”, la VISA CashApp Racing Bulls (o se preferite VCARB o semplicemente “Racing Bulls”).
La scuderia principale possiamo definirla di religione monoteista, un luogo in cui tutto ruota attorno a Max Verstappen e in cui il secondo pilota c’è solo perché lo impone il regolamento. Un soldatino che deve farsi trovare pronto per qualsiasi evenienza, fino ad aiutare la scuderia madre, sempre nella figura di Verstappen. Insomma nei momenti di difficoltà o per ostacolare i principali avversari, il campione olandese ha ben tre piloti pronti a supportarlo, cosa che ha poco a che fare con i valori dello sport.

Red Bull: “Liam, a rapporto!”
Ad Abu Dhabi, Verstappen aveva ben poche possibilità di diventare campione del mondo per la quinta volta in carriera. Doveva vincere, come ha fatto, ma doveva sperare che Norris non salisse sul podio. La McLaren che non lottava per vincere la gara, preferendo proteggere il podio dell’inglese, ha differenziato le strategie con Piastri con le gomme hard e Norris con le medie, per non permettere all’olandese di formare un trenino dietro di lui. Il team di Milton Keynes ha optato per una gara regolare per sperare in un miracolo, come capitato nel 2021.
Norris è stato il primo dei tre in testa a entrare ai box per il primo cambio-gomme. L’inglese all’uscita dei box si ritrova in 9° posizione dovendo superare in pista ben 6 monoposto, tra cui due della famiglia Red Bull: quelle di Liam Lawson e Yuki Tsunoda.
Se i piloti delle altre scuderie hanno avuto un comportamento “leale” con Norris, non lo possiamo certamente definire tale per i due piloti dell’ecosistema RB. Al giro 19, alla staccata del primo dei due rettilinei di Abu Dhabi, Norris supera sia Stroll che Lawson, in un sorpasso simile a quello di Hakkinen ai danni di Schumacher, a Spa, con Zonta tra i due. Il neozelandese della VCARB non si perde d’animo e tenta di infastidire Lando alla fine del secondo rettilineo, all’esterno, ma l’inglese non se ne ravvede e prende, velocemente, il largo.

Yuki Tsunoda e le ultime parole famose
Superato senza troppi patemi il primo ostacolo targato RB sulla strada verso il primo titolo mondiale dell’inglese, si palesa il compagno di squadra di Verstappen in Red Bull, il da poco retrocesso a terzo pilota, Yuki Tsunoda. Il team avvisa il giapponese che da lì a poco avrà la McLaren MCL39 n°4 alle calcagna e Tsunoda, come capita a tanti altri prima di lui, risponde con la tipica frase da spaccone: “so cosa fare, lasciatelo a me”, le cosiddette ultime parole famose.
Arrivati sul primo dei due rettilinei di Abu Dhabi, Tsunoda compie una serie di cambi di direzione contrari al regolamento per la loro pericolosità. Norris, così come il giapponese, si fa beffe delle regole e decide di sorpassarlo fuori dalla pista. Entrambi finiscono sotto la lente d’ingrandimento degli steward della FIA che decidono di penalizzare Tsunoda per la sua serie di manovre e non Norris, giustificato proprio dalle scorrettezze del giapponese.
La difesa imbarazzante del nipponico ha provocato lo sfottò divenuto virale sui social dell’ex pilota del team anglo-austriaco, Sergio Pérez, memore della difesa ad oltranza su Lewis Hamilton nel 2021.

Tsunoda & Lawson: la sindrome di Stoccolma della F1
Yuki Tsunoda e Liam Lawson hanno una cosa in comune: entrambi sono stati defenestrati dalla RB. Lawson è stato retrocesso alla Racing Bulls dopo solo due Gran Premi per esser sostituito proprio da Tsunoda per poi disputare una stagione quasi totalmente anonima. Tutti noi penseremmo che se un pilota venisse retrocesso senza troppi complimenti come capitato a Lawson e a Tsunoda, potrebbe avere il dente avvelenato nei confronti del team che lo ha scaricato. Ma, nel caso della Red Bull, questo non avverrà mai. Quando si entra nella famiglia RB, si stringe un vero e proprio patto di sangue che, una volta sancito, non può essere sciolto così facilmente.
Ma le cose in futuro, chissà, potrebbero camniare. La scuderia di Milton Keynes dopo aver licenziato lo storico team principal Christian Horner nello scorso mese di luglio, ha appena detto addio anche a chi ha cresciuto i loro piloti, Helmut Marko. Senza l’austriaco forse vedremo piloti meno fedeli alla causa “Verstappen” e più a sé stessi. O magari continueranno ad accettare qualsiasi ordine di scuderia per un presunto bene superiore che va contro di loro e anche contro lo spirito dello sport…
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Crediti foto: F1




