Creare un team vincente è come definire una ricetta alchemica. Sono tante le variabili che entrano in gioco e sbagliare il dosaggio di un singolo elemento può risultare fatale per il risultato finale. Red Bull ha impiegato anni, dopo il periodo di dominio dell’era Sebastian Vettel, per mettere insieme le confuse tessere del puzzle.
Un lavoro lungo, certosino, che ha dato frutti dolcissimi. Il perno intorno al quale la squadra si è avvitata è Adrian Newey che rappresenta la continuità non solo tecnica ma anche storica. Un atollo di salvataggio cui appigliarsi nei momenti più difficili. E Red Bull ne ha superati diversi nell’era turbo-ibrida finché non è giunta l’intuizione Honda che ha permesso di far dispiegare le ali della genialità dell’ingegnere di Stratford-Upon-Avon.
Red Bull, nei primi due anni della F1 “next gen”, ha letteralmente sbattuto in faccia al resto della griglia la sua forza. Ciò è potuto accadere poiché è stata la prima squadra a prevedere il problema del porpoising, concetto che ultimamente è uscito dai radar della narrativa del motorsport ma che ha pesato molto di più di quanto non si sottolinei tutt’oggi.
Se molti team sono rimasti letteralmente e colpevolmente sorpresi da una monoposto che rimbalzava imponendo assetti “debilitanti”, il progettista che ha fatto le fortune della compagine austriaca aveva già considerato il problema adeguando il progetto RB18 alla necessità di superarlo prima ancora che la macchina mordesse l’asfalto.

Adrian Newey: guardare avanti interrogando il passato
Newey ha acquisito il fondamentale know-how sulla materia all’inizio della sua carriera. In un’intervista di qualche tempo fa, il vulcano di idee ex Williams, aveva spiegato perché non si era fatto trovare impreparato alla più grande rivoluzione che la classe regina del motorsport ha conosciuto negli ultimi 40 anni: “Ho incontrato l’aerodinamica a effetto suolo anni addietro e il mio ultimo progetto durante gli studi riguardava la sua applicazione alle auto sportive”.
“Stavo cercando uno stage e ho scritto ai team che hanno corso nella stagione 1980. La maggior parte di loro non rispose. Harvey Postlethwaite, che all’epoca lavorava alla Fittipaldi, mi offrì un lavoro come apprendista nel suo reparto di aerodinamica“.
Dalla teoria alla pratica. Il giovane Newey fu immediatamente proiettato nel “campo di battaglia” divenendo subito capo-dipartimento. Una vera e propria ordalia del fuoco superata in scioltezza che è servita come palestra conoscitiva per affrontare – e vincere – la sfida delle F1 “contemporanea. “Avevo intuito cosa ci aspettava – ha spiegato il tecnico – Al massimo sono rimasto sorpreso dalla portata. In realtà tutti avrebbero dovuto saperlo. È un fenomeno che è nel DNA di queste auto”.
Perché molti l’hanno sottovalutato allora? É lo stesso Newey a spiegarlo quando afferma che il pompaggio aerodinamico è molto difficile da riscontrare in galleria del vento e nei modelli computazionali. Nonostante ciò, però, c’erano altri modi per anticiparlo. Cosa che Red Bull ha fatto garantendosi un vantaggio prestazionale sul quale il team ha potuto sviluppare la macchina del 2022 e del 2023 nonostante le afflizioni della penalità e del contingentamento orario determinato dall’Aerodynamic Test Regulation.
Per il campionato che sta per iniziare – e questa è la speranza che covano i team rivali – le competenze acquisite, il balance of performance regolamentare e la convergenza concettuale (alla quale la RB20 sembra poter sfuggire grazie alle novità introdotte), possono erodere alle fondamenta quel vantaggio conoscitivo che Adrian Newey ha messo a disposizione della sua squadra sfornando vetture che hanno cancellato e riscritto i record della F1.
Newey è saldamente al timone dell’ufficio progettazione ma c’è qualche voce fuori dal coro che lo vorrebbe lontano da Milton Keynes. Una possibile soluzione per la Ferrari che sta ristrutturando se stessa partendo dall’ingaggio di Lewis Hamilton. Scenario di difficile realizzazione. Max Verstappen, un altro catalizzatore di forze della Red Bull, spera che il professionista possa rimanere a lungo in squadra.
“Nessuno sarà mai come Adrian. Non si può sostituire, c’è solo un Adrian . Ma è meraviglioso vedere l’arrivo di nuovi talenti con cui ha lavorato a lungo, ed è meraviglioso vedere come questo talento vada per la sua strada e come riusciamo a realizzare ciò che facciamo. Dobbiamo anche riconoscere l’intero gruppo di persone che c’è dietro – ha spiegato Max a motorsport magazine – perché non si tratta solo di Adrian, ma di tutto lo staff di ingegneri che lo circonda. Ci sono nuovi talenti che stanno emergendo, e poi c’è Adrian. È come un mentore”.

In effetti, lo spiegò lo stesso Newey, nel team opera un’organizzazione interconnessa, di stampo orizzontale. Chi è in cima alla scala piramidale non impartisce ordini e basta, è aperto a sentire suggerimenti e a valutare progetti che arrivano anche dai livelli teoricamente più bassi della struttura. Questo tipo di architettura del lavoro ha fatto la differenza e potrebbe continuare a farla anche nel clamoroso caso, ad oggi non in agenda, di un addio del preziosissimo ingegnere.
Quindi Verstappen può dormire sonni sereni, almeno nell’immediato. Quello che – riposare placidi e sicuri – difficilmente faranno i rivali della Red Bull che stamattina hanno potuto vedere i dettagli della RB20 che, ancora una volta, mostrano quanto sia capace Adrian Newey nell’azzardare anche in un conteso normativo bloccato.
Crediti Foto: Oracle Red Bull Racing