La stagione 2024 della Red Bull si è chiusa con il quarto titolo di fila per Max Verstappen. Questo basterebbe per definirla gloriosa, ma non è così. I paragoni si sa, si fanno con l’anno precedente e i fatti dicono che la spia del motore si è accesa di un rosso fuoco. Da 21 gare vinte e a 9. Sergio Perez che non ne marca una, unico tra i piloti dei quattro top team. Peggio va nello score costruttori: un terzo posto con 589 punti totali a fronte di un primo del 2023 con un bottino di ben 860 punti.
Numeri impietosi, cifre che raccontano di una frenata che ha ragioni societarie (Horner-Gate e guerra interna tra ala thailandese e austriaca), gestionali (partenza di Adrian Newey, Jonathan Wheatley e altri ingegneri meno mediaticamente esposti) e direzione tecnica errata presa con la RB20 che ha annaspato per buona metà della stagione.

Red Bull RB21 e il monito di Adrian Newey
L’addio tra la Red Bull e Newey si è consumato il 1° Maggio del 2024, ma la frattura si era già aperta nei mesi precedenti. L’ingegnere non era più a suo agio in un contesto lavorativo diventato improvvisamente rovente ed era altresì alla ricerca di nuovi stimoli. Ma forse, tra le cause alla base del divorzio, c’è l’incapacità di incidere nel suo staff; una condizione inedita che ha segnato il genio inglese che ha forzato la mano per giungere all’addio.
Newey, in un’intervista ad AMuS ha evidenziato come la Red Bull RB19, la mattatrice assoluta della storia della Formula Uno, già nelle ultime fasi del 2023 fosse diventata una vettura più difficile da guidare. Il fatto che questa si adattasse allo stile di Max Verstappen, come fosse un vestito sartoriale, ha nascosto delle criticità che invece emergono prorompenti sulla vettura gemella di Sergio Perez. “Già nel 2023 si stava iniziando a vedere una maggior differenza tra Max e Checo”, ha spiegato l’attuale risorsa della Aston Martin.
Quello che è accaduto nel 2024 è la naturale conseguenza di ciò che era emerso nella seconda parte di un mondiale stravinto, quello 2023. L’avvio del mondiale scorso, peggio ancora, ha depistato i naviganti visto che le performance della RB20 – e forse le difficoltà delle rivali che non erano ancora al top – hanno illuso gli ingegneri che si fosse ancora una volta sul sentiero giusto.
Newey enuncia un passaggio chiave: “Era una cosa che stava cominciando a preoccuparmi, ma pochi altri nell’azienda sembravano preoccupati. E da quello che vedo dall’esterno [si riferisce alla fase in cui ha osservato gardening] forse per mancanza di esperienza, hanno continuato ad andare nella stessa direzione. Il problema è diventato sempre più grave. Persino Max ha avuto difficoltà a guidarla [la RB20]”.

Perché la Red Bull ha perso la sua dominanza?
Sulla RB20 ci sono alcune scelte che, a livello aerodinamico, si sono rivelate estremamente complesse, come il sistema di raffreddamento a quattro stadi che ha portato qualche grattacapo nel corso della stagione.
Dal debutto delle nuove regole aerodinamiche, Red Bull era stata il punto di riferimento assoluto prima di perdere lo scettro della migliore del lotto. Tutto nasce con la RB18, una vettura che ha fissato il benchmark tecnico della categoria. Il modello del 2022 è stato in grado di massimizzare il funzionamento dei Canali Venturi. Mentre ogni altro team cercava la massima deportanza dal sottoscocca, Adrian Newey e i suoi collaboratori ci andavano piano, capendo in anticipo che troppa downforce in quella zona avrebbe generato il fenomeno del pompaggio aerodinamico.
Anche grazie a Enrico Balbo, capo degli aerodinamici del team, quelli di Milton Keynes avevano compreso che la chiave di questi regolamenti non sarebbe stata quella di generare il massimo carico ad alta velocità, ma di fornire una grande distribuzione di carico aerodinamico a tutte le velocità di marcia. In Red Bull hanno evitato che il rimbalzo inficiasse la creazione di downforce in ogni condizione.
Non solo soluzioni aerodinamiche più efficienti: il segreto di quella RB18 era anche nelle sospensioni. Quella posteriore era più morbida e con una corsa maggiore rispetto a quelle super rigide utilizzate dagli altri per far funzionare le loro auto. In parole semplici: la Red Bull riusciva a generare carico anche ad altezze più elevate, mentre le rivali avevano bisogno di stare molto basse, esaltando però il porpoising. Come accadeva con la controversa Mercedes W13.
Quelle sospensioni relativamente più morbide davano la possibilità di contrastare l’esagerata tendenza al sottosterzo alle basse velocità e al sovrasterzo alle alte velocità di questa generazione di auto.

Su queste monoposto, i canali Venturi sono posizionati molto indietro. L’effetto suolo è più potente quando la macchina è a pochi millimetri di altezza al posteriore. Ancora, le ali anteriori diventano molto più condizionanti quando iniziano a lavorare in effetto suolo in fase di frenatura, cosa che sposta in avanti il centro della pressione aerodinamica. In fase di accelerazione, invece, questo centro va all’indietro.
Tutto ciò rende le auto intrinsecamente instabili nella parte posteriore in entrata di curva, ma sottosterzanti a centro della stessa. Provare a modificare uno di questi tratti con il setup peggiora naturalmente l’altro. E lo ha spiegato Newey chiaramente (ci arriviamo). Quella RB18 seppe gestire meglio di ogni altra auto queste transizioni.
Con la RB19, Red Bull ha proseguito consolidando i punti forti e superando quelli deboli del modello precedente. La vettura del 2022 – pur vincendo 17 delle 22 gare – aveva una limitazione imposta dall’ala anteriore. Ciò ha definito un limite sulla deportanza utilizzabile sull’asse anteriore, quota che andava a condizionare quella generale.
Con un disegno diverso dei sidepod e un contenimento dei canali di raffreddamento, in Red Bull sono riusciti ad accrescere la downforce dell’intero corpo vettura, producendo quella che è stata la macchina più vincente della storia della Formula Uno.
Il pacchetto di raffreddamento più piccolo era stato reso possibile da disegni straordinariamente complessi dei canali di raffreddamento e dei radiatori. Qualcosa a cui il team lavorava da anni e che è stato possibile sublimare con scelte ardite ma funzionanti.
Con la RB20 la Red Bull pensava di aver spinto ancora oltre l’asticella. Un sistema di raffreddamento completamente riconfigurato aveva creato un enorme sottosquadro nella parte anteriore delle fiancate e l’area di pressione più bassa che questo avrebbe generato doveva energizzare potentemente il sottopavimento.

L’area del radiatore era stata notevolmente ridotta, attraverso una rete incredibilmente intricata di canali di raffreddamento. Con una rete di raffreddamento meno “globale”, i radiatori erano più su misura e più piccoli. Ciò ha portato vantaggi sia meccanici che aerodinamici: i radiatori potevano essere posizionati più in basso e più centralmente. Il baricentro più basso avrebbe contribuito a rendere la gestione degli pneumatici più facile, con una transizione di carico meno estrema verso le gomme esterne in fase di curvatura.
All’inizio della stagione, la RB20 ha permesso alla Red Bull di mantenere il vantaggio sulla concorrenza. Ma, come precedentemente osservato, c’erano segnali che lo staff di Milton Keynes non ha saputo cogliere. L’equilibrio trovato in precedenza andava smarrendosi col crescere della deportanza: questo il grande problema della RB20.

Red Bull RB20: una vettura “appiattita”. La sarà anche la RB21?
Questa caratteristica negativa è aumentata via via che si introducevano sviluppi che, nei fatti, hanno peggiorato la vettura in considerazioni dei progressi fatti dalla concorrenza. Il contrasto tra sottosterzo a bassa velocità e sovrasterzo ad alta velocità si è acuito, e trovare il setup giusto è stato sempre più difficile. McLaren ha risolto questa difficoltà grazie alla sua ala anteriore flessibile, che era però sufficientemente rigida da superare i test statici previsti dal regolamento.
Il segreto della MCL38 è stato poter avere un angolo del flap anteriore impostato in modo aggressivo per combattere il sottosterzo a bassa velocità, con l’ala che poi si depotenziava (rispetto al posteriore) alle alte velocità flettendosi verso il basso, dando così stabilità ad alta velocità.
Dopo due anni e mezzo in cui Red Bull ha spinto forte, sul fronte dell’ala anteriore ha tirato i remi in barca, mentre le avversarie progredivano e superavano uno dei problemi più grossi delle vetture della generazione odierna. McLaren, soprattutto, è riuscita a centrare un grande bilanciamento e a trovare tanto carico aerodinamico ad alta velocità senza accendere il sovrasterzo, e a bassa velocità senza amplificare il sottosterzo: leggi il focus.
A questa situazione gli ingegneri anglo-austriaci hanno provato a rispondere agendo sul setup, ma non è bastato. Lo ha spiegato lo stesso Newey: “L’assetto può mascherare i problemi fino a un certo punto, ma il problema è ancora lì. Per me l’assetto è più semplicemente l’ottimizzazione delle caratteristiche e, naturalmente, in una certa misura del pilota, ma credo che questo sia un concetto eccessivo, perché credo che si tratti principalmente di integrare le caratteristiche della vettura e, naturalmente, di variare da circuito a circuito a seconda della natura della pista”.
Newey ha fatto una fotografia delle difficoltà del suo team che ha mostrato uno staff incapace di reagire. E questa natura rigida preoccupa in vista del 2025. C’è però da sottolineare che la franchigia di Milton Keynes si troverà con un ATR più vantaggioso, avendo chiuso in terza piazza. Questo potrebbe rimettere in pista la Red Bull che, nonostante la partenza di Adrian Newey, ha le risorse interne per rimettersi in asse e provare a ritornare in cima.

Red Bull RB21: una sconfitta politica che pesa?
Tornare a dominare sarà complesso perché la convergenza prestazionale è piombata come un macigno sulla Formula Uno. La sensazione è che il 2025 possa essere un campionato senza padrone, in cui almeno tre soggetti saranno in grado di portare a casa un buon numero di vittorie. In un contesto simile i dettagli possono fare la differenza. E non solo quelli tecnici e di pista, ma anche quelli politici.
Red Bull ha perso la sua battaglia sulle ali flessibili visto che chiedeva un inasprimento dei test statici per evitare la flessione dinamica, ambito in cui Mercedes, Ferrari e soprattutto McLaren sono più avanti avendo vetture che funzionano grazie a questo particolare meccanismo che la FIA, come confermato da Tombazis, non ha voluto intaccare nell’ultimo anno in cui vigerà all’attuale contesto normativo: leggi qui.
Red Bull deve adattarsi a questa realtà e non sarà semplice. Lo ha dimostrato essa stessa nel 2024 con una monoposto basata su un equilibrio così sottile da rompersi a seguito di piccole sollecitazioni. Se Pierre Waché e il suo staff riusciranno ad assorbire i principi che hanno funzionato altrove, leggasi McLaren, allora la RB21 potrebbe mettersi nella partita, altrimenti si potrebbe andare incontro a una stagione sofferta. Ancora poche settimane e capiremo se il monito di Adrian Newey sarà stato recepito.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing
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