Durante l’inverno Adrian Newey aveva detto che la Red Bull RB20 sarebbe stata una logica evoluzione delle due auto che l’hanno preceduta. Quando, nei test del Bahrain, la vettura non si è potuta più celare agli occhi degli addetti ai lavori, molti hanno accusato il tecnico inglese di aver espresso il falso. Si sosteneva che fossero stati introdotti concetti estremi andando a definire un nuovo standard.
In realtà i tecnici di Milton Keynes non hanno operato nessuna rivoluzione, hanno “semplicemente” spinto per evitare di cullarsi su un largo vantaggio che la concorrenza, in parte, ha già cominciato a erodere in virtù di una normale convergenza prestazionale.
Gli ingegneri, in poche parole, volevano evitare che si realizzasse anche la convergenza tecnica e per questo non hanno risparmiato qualche azzardo che si nota a occhio nudo nella forma degli inlet. Anche se, a detta di Newey, i veri segreti si trovano laddove l’occhio non può cadere.
Red Bull RB20: una base di sviluppo per il prossimo biennio
L’essenza del progetto 2024 sta tutta qua: creare una monoposto in grado di aprire altre opzioni tecniche in caso di necessità. Si riteneva che Red Bull fosse più “impiccata” delle rivali visto il grande margine di vantaggio. E invece con la RB20 si è puntato a definire una base di sviluppo che possa garantire il mantenimento del gap – o di parte di esso – per questa stagione e per quella prossima.
Paul Monaghan, ingegnere capo della franchigia anglo-austriaca, ha dato l’idea di quale sia la filosofia che anima il progetto RB20 affermando che, nel caso in cui si decidesse di apportare modifiche più importanti al mezzo, si possono aprire più opzioni. Per questa ragione, in fase di delibera, si sono rotti gli indugi e si è pensato di modificare la vettura in modo più incisivo.
La necessità è nata dal fatto che questo modello è l’ultimo che viene veramente supportato perché, a partire dal primo gennaio dell’anno prossimo, le squadre potranno concentrarsi sull’implementazione delle auto 2026. A tal riguardo vi invitiamo a leggere questo focus: clicca qui.
In Red Bull sono convinti che la vettura, almeno nella prima fase di crescita, possa trovare guadagni simili a quelli dell’anno scorso. Un’impennata che dovrebbe attenuarsi via via che il mondiale di dispiega. I tecnici sono certi di poter tirar fuori guadagni cronometrici importanti, ma la vera sfida è quella di renderli stabili. Tradotto: attitudine adattiva.

L’auto deve comportarsi bene su tutta la pista e in ogni tipo di teatro. Cosa che la RB19 sapeva fare alla grande. Questa virtù è stata mantenuta come stella polare tecnica e si è provato addirittura a migliorarla. Uno dei (piccoli) difetti del modello 2023 era la minor consistenza in qualifica rispetto alla gara.
Anche questo tratto distintivo resta perché la RB20, di domenica, è in grado di fare la voce grossa più di quanto non riesca a farla in qualifica. Ma le due pole position (non proprio agevoli) dicono che il lavoro è stato almeno indirizzato nella giusta direzione. A Melbourne, se ce ne fosse bisogno, Red Bull cerca altre conferme che vuole poi solidificare a Suzuka, il vero banco di prova tecnico per ogni auto da corsa.
Se i “tori caricanti” confermeranno lo stato di grazia nei prossimi due appuntamenti allora, signore e signori, questo 2024 rischia di essere un altro inno alla staticità.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing