Quando Max Verstappen diceva che la Red Bull RB19, la monoposto di Formula Uno più vincente di sempre, aveva delle imperfezioni apparentemente invisibili, pochi gli davano credito. I suddetti “miscredenti” non vanno biasimati, parliamo di una vettura che è stata in grado di portare a casa 21 vittorie su 22 gare. Numeri spaventosi.
Max si lamentava del fatto che non fosse un mezzo da qualifica e che, in talune circostanze, soffrisse quando i cordoli erano eccessivamente pronunciati. Se nelle prime otto gare del 2024 il dato sul push lap è migliorato sensibilmente visto che l’olandese di pole position ne ha infilate sette su otto, ciò che è peggiorato è il comportamento dell’auto sui cordoli.
O per meglio dire: le altre protagoniste sono migliorate così tanto da far apparire la RB20, la diretta discendente di quella strabiliante monoposto, un modello che annaspa quando i manufatti piazzati nei punti di corda hanno determinati volumi.
Perché la Red Bull, nonostante un parterre di tecnici da far invidia alla NASA, non è riuscita a superare questo difetto endemico? Colpa di un regolamento tecnico pieno zeppo di vincoli? Forse. Responsabilità della simultanea azione del meccanismo ATR e del budget cap? Certamente.
Ma questi non sono gli unici fattori che hanno frenato lo slancio della RB20 che era nata per confermare quanto la “sorella maggiore” era riuscita a fare nel 2023. Operazione già fallita visto che McLaren ne ha vinta una e Ferrari due. Quindi la clamorosa striscia dell’anno passato risulta già essere irripetibile. A un terzo del mondiale disputato.

Red Bull RB20: dov’è finita la correlazione?
F1-insider, testata tedesca che qualche volta ci prende (divorzio tra Newey e la Red Bull) e altre meno (matrimonio ratificato tra l’ingegnere inglese e la Ferrari) ha riferito che il tri-iridato batte da due anni sullo stesso punto: i sistemi simulativi di Milton Keynes danno numeri diversi rispetto a quelli che emergono dalla pista.
Dinamica che si è acutizzata in alcune circostanze: Singapore 2023, Melbourne 2024 e nel weekend di Monaco appena dominato dalla Ferrari n°16 di Charles Leclerc. Secondo i media tedeschi il simulatore avrebbe detto che la RB20 poteva serenamente aggredire i cordoli mentre la pista ha raccontato l’esatto opposto.
A questo punto si sono composte due fazioni all’interno del team: da un lato i tecnici che negano i problemi di correlazione, dall’altro Max che li conferma. In mezzo Helmut Marko e Christian Horner che fanno mezze ammissioni pur non parlando di situazione compromessa o costante.
Qualcuno, forse forzando il ragionamento, ritiene che questa discrasia interpretativa possa alla lunga minare la fiducia del tre volte iridato che ultimamente, ascoltando alcuni team radio, sembra effettivamente parecchio nervoso quando non riesce a trovare la quadratura del cerchio.
Montreal, dove certi cordoli minacciosi sono presenti, sarà un bel banco di prova per la correlazione della Red Bull. I dati accumulati a Montecarlo saranno stati in grado di calibrare i sistemi? Lo scopriremo solo tra una settimana o poco più. Nel frattempo a Milton Keynes, oltre alla correlazione pista-auto, va trovata anche quella tra i protagonisti. E forse è questo l’aspetto più complesso.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing