Il caso della seconda Red Bull continua a essere una delle questioni più enigmatiche della Formula 1 recente. Da anni, chiunque sieda accanto a Max Verstappen fatica non solo a vincere, ma anche a sopravvivere. Sportivamente parlando, s’intenda. Se la superiorità del campione olandese è fuori discussione, la cronica incapacità dei suoi compagni di squadra di esprimersi al suo livello alimenta interrogativi che vanno oltre la semplice questione del talento individuale.
Helmut Marko, consigliere storico del team, ha cercato di fare chiarezza intervenendo a Servus TV. Lo ha fatto con la consueta schiettezza, riconoscendo l’esistenza di un problema tecnico-umano che affonda le radici nella natura stessa della RB21 e di altre monoposto che l’hanno preceduta. “Per essere competitivo, Max deve guidare ogni giro al limite”, ha spiegato. “Si vede che anche lui, in certe situazioni, fatica contro le McLaren. Ma solo lui riesce a stare al passo con questa macchina”.
Dalla sua prospettiva, la Red Bull attuale non è una monoposto facile. Richiede precisione estrema nella gestione di un anteriore molto “puntato”, costanza sul passo gara e un’intesa perfetta con un assetto non sempre facile da individuare. Una combinazione di elementi che solo Verstappen, a quanto pare, riesce a domare. “La nostra vettura ha una finestra operativa ampia, ma funziona davvero solo ogni tre o quattro gare. La McLaren, invece, è sempre lì”, ha sottolineato l’austriaco.
Non è un caso se, negli ultimi anni, il secondo sedile sia diventato una sorta di trappola tecnica. Prima Sergio Perez, poi Liam Lawson e ora Yuki Tsunoda: tutti sono passati attraverso il crogiolo del confronto diretto con Verstappen, uscendone puntualmente ridimensionati, sciolti. L’ultimo in ordine cronologico, Tsunoda, sembra ripercorrere lo stesso copione. “Durante le prove libere – ha spiegato Marko – Yuki è a volte distante solo un decimo da Max. Ma quando arrivano le qualifiche, dove Max si esprime al meglio, il giapponese non riesce a tenere il passo. E, nel tentativo di colmare il divario, sbaglia”.

Red Bull: un vizioso ciclo infinito
È un circolo che si ripete. Un giovane promettente, maturato nell’orbita Red Bull, viene promosso con grandi speranze. Poi, davanti al confronto impietoso con Verstappen, il rendimento crolla. Il talento si sgretola sotto pressione. E i margini di errore si azzerano.
Il punto, allora, non è più se un altro pilota possa “battere” Verstappen. Ma se questa Red Bull sia davvero gestibile da chiunque altro. L’impressione – e le parole di Marko sembrano confermarlo – è che la monoposto sia costruita a immagine e somiglianza del suo campione. Una macchina cucita addosso al suo stile, tanto efficace quanto esclusivo. Chiunque altro salga a bordo ne paga il prezzo. Questo modello, quando il mezzo non è dominante, implode con le classifiche che languono e gli avversari che ne approfittano. Può funzionare all’infinito?
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing
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