Ci risiamo: nell’occhio del ciclone c’è nuovamente la Red Bull, che negli ultimi anni non si è fatta mancare nulla in termini di applicazione discutibile dei regolamenti. Dopo l’infrazione al regolamento fiscale, con la conseguente sanzione in denaro e la limitazione delle ore in galleria del vento e CFD, ora è accusata di qualcosa forse più seria: si parla di violazione del regime di Parco Chiuso e di un’interpretazione “ballerina” delle norme che regolano l’altezza da terra della vettura tramite il T-Tray.
La novità è la seguente: mentre il team di Milton Keynes, indice moralizzatore puntato, accusava altre scuderie di comportamenti tecnicamente licenziosi, erano forse i primi a spingersi al limite, se non oltre, nell’interpretare il regolamento. Insomma, “vedo la pagliuzza nel tuo occhio e mi dimentico della trave nel mio”.
Se le accuse venissero confermate, saremmo di fronte a qualcosa di molto molto serio. Non si parla più di interpretazioni del “spirito del regolamento” o di flessioni che non si verificano durante i controlli dinamici. Nel caso di specie saremmo saliti a un livello superiore di raggiro.

La doppia morale della Red Bull
Per il team Red Bull, non è stata una stagione facile. La RB20, che aveva iniziato il mondiale dominando come aveva fatto la RB19, si è improvvisamente ritrovata in un tunnel sempre più buio, dal quale non è riuscita a uscire. Anzi, le cose sono andate di male in peggio, come dimostrato dagli ultimi eventi.
Mentre ingegneri e rappresentanti della scuderia anglo-austriaca accusavano i rivali di scorrettezze, erano loro i primi a cercare di aggirare i paletti imposti dal testo di riferimento. Prima hanno puntato il dito contro gli alettoni anteriori di McLaren e Mercedes, che comunque superavano tutte le prove statiche richieste per la conformità tecnica.
Poi hanno messo nel mirino l’ala posteriore della vettura leader nella classifica costruttori. McLaren, per evitare ulteriori polemiche, ha preferito fare un passo indietro, anche se il tanto vituperato “mini DRS” non infrangeva nessuna norma scritta. Le accuse basate sullo “spirito del regolamento” si sono rivelate inconsistenti, usate solo da certa stampa senza la capacità di spiegare elementari fondamenti giuridici.
Ora, però, i grandi accusatori sono nell’occhio del ciclone per aver infranto il Parco Chiuso, modificando parametri che il regolamento prevede siano rigidi. Un rappresentante Red Bull, interrogato sulla questione, ha dichiarato: “Sì, esiste, anche se è inaccessibile una volta che la macchina è completamente assemblata e pronta per correre. Nella corrispondenza che abbiamo avuto con la FIA, questa parte è emersa e abbiamo concordato un piano per il futuro“.
“Giocare” con il T-Tray dà grandi vantaggi. Il pezzo, conosciuto anche come tea tray, fa parte del fondo della vettura, posizionato davanti alle ruote anteriori. La sua funzione è stabilizzare l’auto e migliorare il flusso d’aria sotto il veicolo. Collocato in un’area delicata, è sottoposto a severi vincoli tecnici per evitare trucchi aerodinamici, come sembra emergere in questo caso.
Red Bull – FIA: verso l’ennesima soluzione di compromesso?
Ora che il trucco è stato smascherato e il piano Red Bull di accusare gli altri mentre operava nell’ombra è miseramente fallito, la palla passa alla FIA, che dovrà stabilire quali articoli sono stati raggirati e quali sanzioni comminare.
Ma dalle dichiarazioni del rappresentante Red Bull sembra che si stia già cercando la solita soluzione compromissoria, un classico di questo sport che fatica a dotarsi della serietà necessaria per essere davvero credibile. Non è la prima volta che la FIA, anche in presenza di infrazioni chiare, si siede al tavolo con i colpevoli cercando una mediazione, come già accaduto con Ferrari per il “motorone” o con la stessa Red Bull per il budget cap. Per non citare altre decine di casi che hanno coinvolto ogni singola scuderia presente in griglia. Perchè nessuno è senza peccato, sia chiaro.

Sarebbe tutto così semplice: è stata evidenziata un’infrazione? Bene, si applicano le sanzioni previste. Red Bull era fuori regola a Singapore o in un’altra gara? Si proceda con le squalifiche. Eppure, si procede sempre con compromessi e verdetti ambigui che alimentano la cultura del sospetto, un classico di questo sport.
La Formula 1 crede di salvarsi la faccia con questi accordi segreti, ma ne esce col volto sempre più lordo. È ora di punire chi infrange i regolamenti e, senza voler essere giustizialisti, non sembra trattarsi di un’ala che flette dinamicamente pur rispettando i controlli statici, ma di qualcosa di più grave che Red Bull dovrà spiegare.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing