Dopo due anni di dominio totale, Red Bull ha abdicato: al termine del Gran Premio del Qatar, vinto in maniera brillante da Max Verstappen, è arrivata la ratifica del fatto che il team di Milton Keynes non sarà in grado di difendere i campionati del mondo costruttori vinti nel 2022 e nel 2023. Quest’anno sarà una sfida tra Ferrari e McLaren: qui le combinazioni iridate.
La Red Bull RB20 è una macchina che ha deluso le attese. Il modello che l’ha preceduta, la RB19, è stata la monoposto più vincente della storia della Formula 1, visto che è riuscita a guadagnarsi tutti i trionfi di tappa del 2023, eccezion fatta per il GP di Singapore vinto dalla Ferrari, con Carlos Sainz. C’erano tutte le premesse per immaginare che anche il 2024 potesse essere un anno di dominio, ma le cose non sono andate così.
La convergenza prestazionale, il sogno dichiarato di Liberty Media, si è manifestata d’un colpo, con quattro team e sette piloti diversi a vincere delle gare. L’unico che è mancato all’appello delle quattro scuderie più rappresentative di questa stagione è proprio un esponente della Red Bull: Sergio Perez. E questo è uno dei motivi per i quali la franchigia anglo-austriaca non è riuscita a difendere il titolo. Ci arriveremo.

Red Bull: Pierre Waché accusa
Chi vince festeggia, chi perde spiega. Anzi, spesso recrimina e accusa. È ciò che ha fatto Pierre Waché, responsabile tecnico di una Red Bull orfana di Adrian Newey, che il primo aprile di quest’anno ha ufficializzato il suo addio alla scuderia per poi legarsi, più avanti, ad Aston Martin.
L’ingegnere francese è stato considerato uno dei responsabili della frenata tecnica della Red Bull, ma non ha voluto cedere a questa narrazione e, nella più classica delle reazioni di chi non è stato in grado di confermarsi, ha preso ad accusare i team rivali di essere andati al di là delle regole codificate.
“Quando vedi l’ala posteriore della McLaren, mi dispiace, ma è più che una zona grigia. L’hanno usata per più gare. Senza quella, a Baku non vincevano. Anche il nostro campionato costruttori sarebbe completamente diverso“. Questo è un estratto di una serie di dichiarazioni più lunghe che il tecnico ha rilasciato a RN365.
Insomma, Red Bull sarebbe stata vittima del lassismo della Federazione, che avrebbe concesso a McLaren di usare un elemento fuori dalle regole. Peccato che quell’alettone abbia superato tutti i test statici, ossia quelli previsti dal regolamento stesso.
D’altro canto, è molto difficile far capire a un ingegnere – uno che ragiona con numeri e cifre, ignorando cosa sia il diritto e l’interpretazione dello stesso – che non si possono usare espedienti non previsti dalle norme per punire qualcuno. È la forma mentis il problema. Una causa persa, non ci farete nulla.

Red Bull: sono altri i problemi che hanno determinato la sconfitta nel Costruttori
Red Bull dovrebbe smetterla di adombrare complotti e di accusare gli avversari per un presunto trattamento di favore ricevuto. La responsabilità del fallimento nel costruttori è tutta loro.
La RB20, lo ha ammesso Newey prima di lasciare il gruppo, non è stata in grado di superare alcuni problemi che si erano manifestati nel 2023 e che non erano esplosi poiché la distanza sui rivali era troppo grande. Quella tendenza a non saper assorbire le asperità e a incontrare difficoltà nelle curve ad alta percorrenza si è evidenziata nel momento in cui gli avversari hanno colmato il divario prestazionale. Se queste problematiche fossero state superate, probabilmente la RB20 sarebbe stata in grado di schiacciare nuovamente con le rivali.
Sergio Perez: una palla al piede. Forse per colpe non del tutto sue
Ma c’è un altro tipo di problema che ha condizionato in maniera decisiva la stagione degli ormai ex campioni del mondo: le performance di Sergio Perez. Non può essere colpa della McLaren se si è deciso di puntare su un pilota diventato così mediocre, incapace di raggiungere sistematicamente la Q3 e che, dal Gran Premio di Montecarlo in poi, in circa 15 gare, ha collezionato la miseria di poco più di 40 punti.
Perez è diventato improvvisamente un brocco? Probabilmente no. Questo ci dice che forse è da rivedere quel modello in cui Red Bull crede fermamente: avere un solo uomo di punta intorno al quale costruire la macchina e il team. Se ne è avuta conferma dell’esistenza di questo paradigma anche durante l’ultimo weekend di Losail, quando Perez è stato usato come pedina sacrificale per definire l’assetto che poi Verstappen ha usato in gara, andando a vincere. È naturale che in queste condizioni un pilota debole come il messicano sparisca letteralmente, portando pochi punti alla causa.
Waché avrebbe fatto miglior figura se avesse evidenziato queste problematiche interne al team, che sono state sicuramente acuite da tutto il trambusto creato da Christian Horner nella sua battaglia politica e nelle sue vicende extrapista. McLaren c’entra pochissimo, così come quel mini-DRS che ormai sembra la causa dei mali del mondo.
La verità è che Red Bull finirà non solo dietro alla scuderia di Woking, ma anche alla Ferrari. E sulla SF-24 non c’è stato nessun dubbio di correttezza. Quindi, caro Pierre, di cosa stiamo parlando? Invece di frignare e avvelenare ulteriormente un pozzo già fetido, quello della Formula 1, rimboccati le maniche e, con il tuo staff, cambia le dinamiche operative all’interno del team e cerca di vincere il campionato costruttori dimostrando di essere più forte dei rivali che hanno operato meglio di te.
Qualche tifoso della Red Bull, ammesso che ne esistano, probabilmente prenderà male queste parole. Poco male, qualcuno che ogni tanto evidenzia senza timori la verità deve pure esistere. E quel qualcuno sono io. Se volevo essere buono, nascevo pizza margherita; invece sono nato rompiscatole. Così, per servirvi.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing