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Home Editoriali

Red Bull, Helmut Marko: un’incoerenza dietro l’altra

Giustificazioni provenienti da galassie sconosciute quelle addotte da Helmut Marko per giustificare il fallimento di Lawson in Red Bull. Sarebbe ora di darci un taglio

Diego Catalano by Diego Catalano
2 Aprile 2025
in Editoriali, News
Tempo di lettura: 4 minuti
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Helmut Marko, Red Bull

Helmut Marko, super consulente Red Bull

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Il GP del Giappone (leggi l’anteprima tecnica) pone l’attenzione, tra i tanti spunti, su quanto sta accadendo in Red Bull. A Suzuka, tra i petali dei fiori di ciliegio cadenti e livree dedicate alla primavera che muore, Yuki Tsunoda, figlio del Sol Levante, si accomoderà nella RB21 prendendo il posto di Liam Lawson, declassato in VCARB. Scelta dettata da un cinismo aziendale di chi non ha tempo. Né pazienza. La firma in calce a questo movimento interno è stata apposta da Helmut Marko, il responsabile del programma piloti della squadra austriaca e della controllata semi-italiana, che negli ultimi anni non ne ha beccate molte. O sarebbe meglio dire nessuna.

Max Verstappen è stato croce e delizia per l’ex pilota di Graz. Dopo aver fiutato il talento e trasformato nella punta di diamante di un programma ritenuto da molti un punto di riferimento per l’efficacia, la fucina è stata resa quasi sterile per la gestione successiva dei giovani driver. Lunga è la lista dei professionisti fagocitati da un meccanismo vorace; troppe le risorse sacrificate sull’altare di un modello Max-centrico che ha rischiato di bruciare le carriere di Pierre Gasly e di Alex Albon e che di certo ha dato una bella mazzata a quella del povero Lawson, che dopo aver assaggiato la gloria è sceso coi piedi per terra dopo aver ricevuto uno schiaffo stordente in pieno volto.

Helmut Marko, Red Bull
Helmut Marko osserva Liam Lawson che parla con Gianpiero Lambiase – Foto: Autosport

Red Bull, Helmut Marko e il comodo scaricabarile

Quello dello scaricabarile potrebbe diventare una disciplina olimpica. In settimana, Fred Vasseur si è parecchio animato quando gli hanno chiesto dei problemi invernali fuoriusciti dal mondo rosso. Anatema! Colpa dei giornalisti, secondo il capo della Ferrari, che avrebbero ingigantito toni che invece sarebbero stati blandi, posati. “Ma mi faccia il piacere!”, diceva il Principe De Curtis….

Se il buon Fred ha trovato nei media i responsabili di aspettative troppo alte (certo, sono io ad aver regolato le sospensioni della vettura di Hamilton e fatto i calcoli sul peso di quella di Leclerc), il mai moderato Marko se la prende nientepopodimeno che con Adrian Newey per una mossa che in realtà ha una paternità ben nota: Helmut stesso.

“Per lungo tempo Tsunoda ha dato come immagine di sé quella di un pilota incostante, spesso incline a errori banali. Quando, ad esempio, a Silverstone nel 2022 è andato a contatto con il compagno di box Pierre Gasly, Adrian Newey era furioso perché quell’episodio era costato la vittoria a Max Verstappen, la cui vettura fu pesantemente danneggiata da un detrito raccolto dopo la collisione tra i piloti AlphaTauri. Newey non avrebbe mai voluto Tsunoda in squadra. Adesso sembra maturato, ha disputato due ottime gare che non hanno fruttato punti pesanti soltanto perché è stato penalizzato in entrambe le corse dalla strategia impostata dalla Racing Bulls. Ho anche sentito che ha dichiarato di puntare al podio, ma io sarei soddisfatto già se anche il solo Verstappen riuscisse a salirci su”.

Marko ha detto ancora altre cose a Kleine Zeitung, ma non hanno valore nel ragionamento che si porta avanti in questo scritto. “Newey non avrebbe mai voluto Tsunoda in squadra” è un’uscita pavida fatta da un uomo che non ha mai avuto peli sulla lingua. Allude ma non conferma. Cerchiobottismo democristiano che fa ridere a mandibole spalancate.

Il racconto di Marko è frutto di un piano temporale del tutto sballato. Quando la Red Bull ha deciso prima di confermare Sergio Perez e poi di silurarlo senza dire nemmeno grazie, Newey era già stato nella sede dell’Aston Martin a firmare scartoffie che gli frutteranno piogge di sonante moneta. Quando Liam Lawson è stato promosso tra lo stupore generalizzato – a partire da quello del neozelandese – il geniale ingegnere era già stato presentato da un raggiante Lawrence Stroll, che evidentemente non pensava ai soldi spesi.

Helmut Marko
Helmut Marko, consulente e responsabile del programma piloti della Red Bull

Facile scaricare colpe su chi non c’è più. La verità è che l’ingaggio di Lawson è frutto di una strategia ben precisa che alla lunga non sta pagando: mettere un cavalier servente accanto a Max Verstappen, intorno al quale si è costruito un team intero e per il quale si producono vetture che solo lui sa esaltare, visto che gli sono cucite addosso come un costoso abito sartoriale. Basta recuperare una vecchia intervista di Alex Albon per capire cosa significa lavorare accanto all’olandese:

“Lui è molto veloce e ha uno stile di guida unico e difficile da emulare. A me piace guidare una macchina che abbia un anteriore puntato, come Max, ma il suo livello di sensibilità è su un altro pianeta. Per far capire alla gente di cosa sto parlando, immaginate se giocassimo a un gioco con il computer, in cui aumenti al massimo la sensibilità del mouse. Ecco, allora sarebbe difficile controllare tutto; a ogni minimo movimento, la freccia farebbe su e giù senza alcuna possibilità di fermarla. Con il passare delle gare, Max chiede un anteriore sempre più puntato, e lui comincia ad andare ancora più veloce, mentre tu ti ritrovi a rincorrerlo”

Ecco, in Red Bull si fa in modo che quel puntatore quasi impazzito possa essere controllato dal solo Verstappen. Gli altri restano irrimediabilmente attardati, generando così una coppia sbilanciata con la quale il team fa fatica a concorrere per vincere nella classifica costruttori. Quando le difficoltà tecniche sono evidenti – come sta accadendo nel 2025 e come è successo per oltre metà mondiale 2024 – i secondi sprofondano letteralmente nelle sabbie mobili.

Basterebbe semplicemente ammettere che in Red Bull la spalla deve fare l’ordinaria amministrazione, cosa in cui Lawson, ahilui, nemmeno è riuscito. Marko, invece, preferisce evocare il fantasma di chi ha davvero reso grande il team. Infatti, da quando Newey è volato verso Silverstone, la RB20 ha conosciuto tanta sofferenza e poche gioie. La RB21, interamente progettata dallo staff diretto da Pierre Waché, non ha risolto i vecchi problemi.

Se sul fronte tecnico e su quello gestionale in Red Bull hanno fatto decisi passi indietro, non è certo colpa di Newey. Le responsabilità sono dei presenti. Helmut, sei adulto e vaccinato: assumiti una volta tanto le colpe dei tuoi fallimenti amministrativi.


Crediti foto: Oracle Red Bull Racing

Tags: EditorialeF1Gp Giappone 2025Helmut MarkoNewsRed Bull
Diego Catalano

Diego Catalano

Partenopeo Classe 1977 con formazione nell’ambito delle Relazioni Internazionali. La passione per il motorsport nasce sin dalla prima adolescenza. Proprio questa forte pulsione mi ha portato, negli anni, a volermi cimentare con la narrazione di ciò che circonda la Formula Uno. Ho fatto parte, come fondatore, di diversi progetti editoriali a tema: MotorQube, Fatti di Motori, Undici Metri; esperienze chiusesi ma che mi hanno permesso di approdare in FormulaUnoAnalisiTecnica. Realtà nella quale, per cinque anni, ho ricoperto il ruolo di caporedattore e coordinatore. Nel gennaio del 2024 ho deciso di rimettermi in gioco creando Formulacritica.it, un contenitore plasmato sulle mie necessità espressive che ho voluto impostare su un modo di raccontare il motorsport diverso, votato all’analisi concettuale del fenomeno. In parallelo curo un altro figlio editoriale: PuntoNapoli. A tempo perso pesto sui tamburi e sui piatti di una batteria e provo a dare del tu a un paio di bassi elettrici. Con risultati rivedibili. La musica e il prog-rock sono un’altra ragione di vita. Ne parlo su No Limits Radio nello spazio denominato "Blog To The Edge" del quale esistono proiezioni sui principali social network e su YouTube.

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