F1 – Dietrich Mateschitz si è spento il 22 Ottobre del 2022 . La Red Bull si stava involando verso la doppietta piloti – costruttori, un traguardo che avrebbe bissato anche l’anno successivo in maniera clamorosa, dominante, devastante. Sembrava che nulla potesse intaccare l’imperio del team che aveva umiliato la concorrenza a suon di record.
Ma proprio mentre gli austriaci inanellavano trionfi su trionfi il seme della sedizione stava germogliando. Prima i contrasti tra Christian Horner ed Helmut Marko, rappresentanti, rispettivamente, dell’ala thailandese e di quella europea del gruppo Red Bull GmbH, poi l’Honer-Gate chiusosi con la piena assoluzione dell’imputato, hanno gettato scompiglio in un team che non aveva più un timoniere a tenere la ciurma compatta.
Da lì ne è sorto un effetto valanga: il clan di Max Verstappen (l’unico che ha provato a stemperare il clima caotico) si è messo in agitazione con papà Jos a guerreggiare con Horner. Adrian Newey, di lì a poco, ha sentito l’esigenza di lasciare un ambiente fattosi velenoso. Stesso dicasi per Jonathan Wheatley. Mosse che hanno hanno rinforzato la concorrenza e che hanno portato a una certa confusione nei ruoli che è andata a riverberarsi sulle prestazioni in pista.
Max ha vinto il quarto titolo non senza fatiche, la RB20 ha ceduto il passo alla Ferrari e alla McLaren chiudendo addirittura in terza posizione nel Costruttori. Oggi nessuno pone gli anglo-austriaci in cima alle preferenza per il 2025. Un team egemone che in un anno passa ad essere avvolto nel più totale scetticismo. A giusta causa.

Gerhard Berger spiega perché Red Bull F1 è crollata
Chi conosce bene le dinamiche della Red Bull è l’ex ferrarista Gerhard Berger che di Dietrich Mateschitz era fidato amico. “Montare richiede molto più tempo che smantellare. Ma nessuno avrebbe mai pensato che dopo soli sei mesi dalla morte di Didi Mateschitz tutto sarebbe crollato”, ha spiegato Berger a AMuS.
L’ex Benetton individua nella tensione che si è creata tra gli eredi di Mateschitz e l’ala guidata da Chaleo Yoovidhya, colui che ha protetto strenuamente Horner nei giorni più difficili per quest’ultimo, il motivo per il quale il team ha incontrato una frenata prestazionale enorme: “Quando si verificano problemi di questo tipo, è l’inizio della fine. Il marchio Red Bull ha sempre trasmesso allegria e un’immagine fresca, ma all’improvviso è tutto cambiato. Non c’era più chiarezza, mentre ai tempi di Mateschitz la Red Bull era famosa proprio per questo”.
La questione è se ora quella chiarezza a cui ha alluso Berger si sia riproposta. I dissidi tra Horner e Marko sembrano essere terminati, anche se l’austriaco è uscito fortemente ridimensionato in seno al team con un rinnovo della collaborazione a gettone.
Ad oggi c’è la sensazione che “il dottore” resti in squadra poiché Max Verstappen lo pretende per non valutar clamorosi addii che possono essere scongiurati solo da una RB21 efficace e da un 2026 fatto di certezze e non di nubi dense come appare oggi in relazione al comparto motori e alla guida tecnica di Pierre Waché che dopo l’addio di Newey ha mostrato qualche incertezza di troppo.
Il timoniere del team è ora Horner che opera senza il controllo discreto di Mateschitz. Gli eredi di quest’ultimo non hanno lo stesso carisma e la stessa forza per imporre scelte, anche dolorose. Bisogna capire se il team ha assestato il colpo generato dall’assenza del leader riconosciuto.
Il 2025 sarà un anno chiave poiché l’eventuale sconfitta in entrambi i campionati potrebbe riaprire la chiusa facendo uscire altri illustri personaggi di un team che oggi non sembra essere più quella corazzata che annichiliva i rivali.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing