È arrivata al punto di non ritorno la rivoluzione che da più di un anno agita i piani alti di Red Bull Racing. Christian Horner, per vent’anni il volto e l’anima del team di Milton Keynes, è stato definitivamente allontanato da una posizione che fino a poco tempo fa sembrava blindata. Non si tratta semplicemente della chiusura di un capitolo: sta nascendo qualcosa di completamente nuovo, orchestrato direttamente dal quartier generale di Fuschl am See. Per chi non lo sapesse la sede di Red Bull GmbH, il gruppo che controlla i due team presenti in Formula 1 e tutte le società necessarie a tenerli in vita, compreso il debuttante comparto powertrains. Enti che fino a qualche settimana fa erano caratterizzati dal timbro di Horner che era CEO di alcune di queste realtà operative.
A tirare le fila dell’operazione è Oliver Mintzlaff, uno dei tre amministratori delegati dell’azienda austriaca, emerso come figura di riferimento dopo la morte del fondatore Dietrich Mateschitz. È stato lui a prendere in mano la situazione con una determinazione che ha colto di sorpresa molti osservatori, decidendo di imporre un cambio radicale ai vertici sportivi.
Il curriculum di Horner parla da solo: titoli mondiali, vittorie schiaccianti, un marchio che è diventato uno dei più riconoscibili del Circus. Eppure la dirigenza non ha avuto esitazioni nel recidere i legami con Milton Keynes. Ad annunciarlo senza giri di parole è stato Helmut Marko, storico consigliere del team: “La decisione è venuta dai vertici aziendali. Da Oliver Mintzlaff“.
I motivi? Un insieme di fattori, ma quello che emerge chiaramente è la percezione di una gestione diventata troppo centralizzata e, col passare del tempo, poco efficace. Marko ha spiegato che la struttura si era sviluppata in modo incontrollabile. Da qui la necessità di una riorganizzazione mirata alla massima efficienza. Horner teneva le mani su ogni cosa, scendeva in ogni singolo dettaglio. Alla fine questo approccio ha penalizzato alcuni settori fondamentali. Questo è il pensiero che circola nelle stanze dei bottoni.

Red Bull: vincitori e vinti
Il grande sconfitto del riassetto apicale del comparto Formula 1 è Christian Horner, l’uomo forte che d’un tratto si è trovato debole anche a causa di scelte errate come quella di chiudere le porte in faccia a Porsche, scenario da noi anticipato qualche settimana fa: leggi qui.
Chi ne esce rafforzato, invece, è il “clan” Verstappen, quel gruppo composto dal padre Jos e dal manager Raymond Vermeulen che ha accolto positivamente la svolta. Certi volti distesi nel box Red Bull non si vedevano da tempo immemore. Jos The Boss era una pasqua durante lo scorso weekend belga. La diretta conseguenza di questo scenario da asce sotterrate sotto metri di terra è che le voci e le speculazioni su clamorosi trasferimenti si sono apparentemente calmate.

Max Verstappen, che era stato accostato insistentemente alla Mercedes, oggi sembra di nuovo pienamente inserito nel progetto Red Bull, almeno fino al 2026 che potrebbe essere usato come anno di valutazione per capire se proseguire fino al 2028 o provare un’esperienza diversa già nel 2027. In Mercedes? Forse, ma non si scarti l’opzione Aston Martin a cui Max continua a guardare con interesse.
Marko, nel provare a smorzare l’idea di una Red Bull da intendersi come terreno di guerre sanguinose, ha respinto qualsiasi interpretazione che parli di fazioni contrapposte. “Non ci sono gruppi Verstappen, austriaci o thailandesi. Lavoriamo tutti nella stessa direzione. I risultati che abbiamo raggiunto, in pista e fuori, non sarebbero stati possibili se ci fossero stati conflitti interni“.
Smentite di rito che cozzano con la storia recente che invece ha raccontato di un gruppo diviso, a tratti addirittura dilaniato, in cui si è registrata l’ascesa e la fragorosa caduta del primicerio Horner, l’uomo che di fatto ha determinato l’addio di Adrian Newey. Una partenza pesantissima che sta pesando e che potrebbe costare molto in vista del nuovo quadro normativo.

Una nuova Red Bull: divisione del lavoro e ritorno in auge della proprietà austriaca
Ma quale Red Bull sta prendendo forma? Il futuro si chiama Laurent Mekies che ricopre sia il ruolo di team principal che quello di CEO. Il suo obiettivo dichiarato è quello di “Eliminare i colli di bottiglia”. In parole meno criptiche: arrivare a minore concentrazione di potere favorendo una maggiore divisione dei compiti. Marketing, programma RB17 (supercar stradale) e sviluppo delle power unit avranno i loro responsabili dedicati, mentre Mekies si dedicherà a quello che conta davvero: le prestazioni in pista.
A Milton Keynes ci sono più di 2.000 dipendenti. Serve quindi una gestione tecnica mirata e agile. Mekies lavorerà spalla a spalla con il team di gara mentre tutto il resto – comunicazione, promozione, logistica – sarà gestito da figure indipendenti, molte delle quali coordinate direttamente da Salisburgo, che ha una lunga esperienza in questi ambiti.
L’approccio operativo di Mekies non viene visto solo come un ritorno alle origini, ma come una risorsa strategica per rimettere in ordine la macchina organizzativa. “Ha fatto un lavoro eccellente a Faenza. Il team è cresciuto sia dal punto di vista tecnico che di immagine“, ha commentato Marko, evidenziando come anche altre scuderie abbiano tratto beneficio dall’avere figure con solide competenze tecniche al comando.

Tra le cose che il gruppo austriaco deve risolvere c’è la questione Horner che, formalmente, rimane legato al team, in attesa che si definisca un accordo per la separazione. Il suo stipendio viene ancora corrisposto per intero, ma è stato escluso da ogni processo decisionale.
Presto Red Bull vorrà recidere questo cordone ombelicale al quale è attaccato un peso morto (l’immagine è dura, ma rende l’idea) per completare finalmente un processo di cambiamento che è durato troppo tempo mettendo in crisi un orologio perfetto che fino a un anno fa riusciva ad essere il punto di riferimento della Formula 1.
Quella che ne uscirà sarà una Red Bull del tutto rinnovata, basata su strategie operative nuove. L’obiettivo è quello di tornare a primeggiare anche se c’è la consapevolezza che potrebbe servire ancora del tempo. E chissà se Max Verstappen ne ha per attendere…
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, Aston Martin
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