Il dominio Red Bull in Formula 1 ha costruito negli anni una macchina tecnica perfetta, ma ora quella stessa supremazia sta diventando il suo tallone d’Achille. L’attrattiva dei segreti di Milton Keynes ha scatenato una vera e propria caccia ai cervelli che sta svuotando lentamente i ranghi della scuderia austriaca.
Red Bull, la fuga dei cervelli: quando il successo diventa un boomerang
Il fenomeno ha raggiunto proporzioni drammatiche negli ultimi ventiquattro mesi. I team rivali hanno messo nel mirino sistematicamente i vertici tecnici della Red Bull, consapevoli che acquisire personale dal team dominante significa non solo rafforzare le proprie strutture, ma anche carpire quelle metodologie di lavoro che hanno portato al successo.
La tempesta si è intensificata dopo le turbolenze interne legate al caso Horner ribattezzato “Horner-gate” Secondo fonti della stampa britannica, questo episodio ha rappresentato il catalizzatore che ha accelerato l’esodo di figure chiave dall’organigramma della scuderia.

Red Bull – L’addio di Newey: fine di un’era tecnica
Il colpo più devastante è arrivato con l’addio di Adrian Newey, considerato il genio dell’aerodinamica moderna. Il tecnico britannico non ha semplicemente lasciato un posto di lavoro: ha portato via con sé l’anima progettuale della Red Bull. La sua impronta è visibile ovunque, dalla concezione della factory alle filosofie ingegneristiche che hanno dominato la griglia negli ultimi anni.
Interessante notare come Newey avesse già ridotto il suo coinvolgimento diretto: la monoposto 2024 portava già meno del suo DNA, mentre per la stagione 2025 Pierre Waché, suo successore, aveva intrapreso una strada tecnica completamente diversa, ritenendo esaurita la “filosofia neweyiana”.
L’approdo in Aston Martin ha portato con sé anche Giles Wood, che assume la direzione del reparto simulazione. Una scelta strategica: il simulatore rappresenta il cuore pulsante dello sviluppo, non solo per la progettazione ma anche per l’ottimizzazione degli assetti weekend dopo weekend.

McLaren: la rinascita passa per Milton Keynes
La McLaren ha pescato a piene mani dal vivaio Red Bull. Rob Marshall, approdato a Woking nel gennaio 2024 dopo un periodo di gardening leave iniziato a metà dell’anno precedente, viene considerato uno degli artefici della rinascita delle vetture papaya. Il suo contributo si è rivelato determinante per riportare la scuderia britannica ai vertici della competitività.
Anche Will Courtenay ha scelto la via di Woking, portando con sé l’esperienza maturata nella gestione strategica dei weekend di gara. La strategia, spesso sottovalutata dal pubblico, rappresenta uno degli aspetti più complessi del Circus moderno.
Una delle vicende più intricate riguarda i due aerodinamici Peter Prodromou e Dan Fallows. Entrambi erano destinati alla McLaren, con Fallows che aveva già firmato il contratto con Zak Brown. Poi il colpo di scena: Fallows rimane alla Red Bull, mentre Prodromou viene rapidamente liberato per raggiungere la McLaren. Una mossa che lascia intuire complesse manovre di palazzo e strategie contrattuali.
Jonathan Wheatley rappresenta un caso particolare nell’esodo Red Bull. Cresciuto internamente, dal ruolo di meccanico è arrivato a capo squadra, acquisendo una conoscenza profonda delle dinamiche operative. Il suo approdo in Sauber dal 1° aprile, al fianco di Mattia Binotto, indica la volontà del team svizzero di costruire una struttura solida in vista della transizione Audi. Anche in questo caso ci sarà un pezzetto di Red Bull.

Red Bull – Oltre la tecnica: l’emorragia tocca anche il management
Le partenze non si limitano al comparto tecnico. Oliver Hughes, responsabile marketing, e Paul Smith, direttore comunicazione e social media, hanno lasciato l’azienda. Le circostanze suggeriscono più un mancato rinnovo contrattuale che dimissioni volontarie, segnale di un possibile riassetto strategico post-Horner.
Ford Red Bull Powertrains: Il Fuoco Amico
Nemmeno il nascente progetto motoristico è immune dalle defezioni. Dan Sayer, figura chiave del programma Red Bull Powertrains, è passato direttamente a Ford Performance per occuparsi dei progetti Endurance, WEC e Le Mans. Un caso di “fuoco amico” che dimostra come anche i partner possano diventare concorrenti nell’acquisizione di talenti.
In questo scenario si incastra un altro addio forse poco evidenziato: quello di Honda. Red Bull se l’è vista scappare dalle mani in una fase in cui, forse, era troppo debole al tavolo delle trattative con le altre parti per la definizione del nuovo contesto motoristico. Non a caso la “Grande H” rivede la decisione quando si stabilisce di introdurre unità propulsive relativamente più semplici. In quel momento Red Bull si trova col cerino in mano e vira su Porsche. E questo è uno dei principali fallimenti di Horner, come abbiamo spiegato ieri: leggi qui.
Da qui nasce la necessità di farsi il motore in casa col contributo di Ford, da qui le tanto chiacchierate difficoltà in vista del 2026 con un ritardo che potrebbe essere importante e che potrebbe indurre Max Verstappen ad accomiatarsi dal team che, come dimostrato in queste righe, è in piena fase di ristrutturazione e forse di confusione.
La situazione attuale della Red Bull, in chiusura, riflette un paradosso del motorsport moderno: il successo genera appetiti che possono compromettere la continuità stessa di quel trionfo. Il team austriaco si trova ora a dover ricostruire la propria identità tecnica e gestionale, mentre i rivali si rafforzano con i pezzi del puzzle che hanno reso dominante la Red Bull negli ultimi anni.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, McLaren F1, Sauber F1
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