Hanno suscitato molto scalpore le recenti dichiarazioni di Antonio Pérez, padre di Sergio, pilota messicano della Red Bull. Il campionato 2024 è stato particolarmente difficile per Sergio Pérez, caratterizzato da numerosi errori, incidenti che hanno pesato sul budget della squadra. Prestazioni da dimenticare per il pilota che a metà stagione ha rischiato il licenziamento in favore di Daniel Ricciardo. Poi le cose sono andate diversamente visto che, ma alla fine, è stato proprio l’australiano a lasciare la F1.
Le critiche nei confronti di Checo sono state molte e in alcuni casi anche comprensibili. Tra i suoi detrattori figurava anche Ralf Schumacher, ex pilota e fratello di Michael, che non ha risparmiato commenti pungenti sul rendimento del messicano.
Quando sembrava che il destino di Pérez fosse ormai segnato, Red Bull ha deciso di confermarlo fino alla fine della stagione, anche grazie all’arrivo di nuovi sponsor, come quello della barretta di cioccolato KitKat. Le probabilità di vedere il pilota di Guadalajara al volante della Red Bull anche nel 2025 sembrano quindi in crescita.

Le irricevibili uscite di Antonio Perez su Ralf Schumacher
Tuttavia, Antonio Pérez, noto per essere il primo sostenitore del figlio, ha risposto duramente alle critiche. Rivolgendosi a Ralf Schumacher, seppur senza citarlo direttamente, ha fatto insinuazioni offensive sulla sua identità di genere, un attacco che ha generato indignazione. Lo scorso luglio, Schumacher aveva annunciato pubblicamente, tramite Instagram, il suo coming out, condividendo una foto con il suo compagno.
Questo episodio non è purtroppo isolato: l’omofobia e la transfobia continuano a emergere nel mondo del motorsport e dello sport in generale. Durante i Giochi Olimpici di Parigi 2024, alcuni esponenti di spicco di questo ambiente hanno avanzato commenti transfobici nei confronti di Imane Khelif, pugile tunisina e medaglia d’oro.
Negli ultimi anni, la Formula 1 si è impegnata a promuovere l’inclusività, ma episodi come i commenti omofobi di Antonio Pérez, quelli razzisti di Nelson Piquet o quelli sulla salute mentale di Helmut Marko dimostrano che c’è ancora molta strada da fare.
Sebbene molti possano giustificare tali comportamenti attribuendoli alla mentalità “di altri tempi”, è evidente che il motorsport deve evolversi. Il cambiamento è necessario per condannare apertamente atteggiamenti discriminatori e impedire che commenti di questo genere trovino spazio in un ambiente che dovrebbe essere un simbolo di competizione e rispetto.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing