Sergio Perez, il coraggio di dire basta

Sergio Pérez, un pilota ormai fuori contesto e dal futuro sempre più incerto. Perché Red Bull è stanca

Sergio Pérez sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua carriera. Appena due mesi fa ha firmato un rinnovo di due anni con la Red Bull, eppure da quel momento è sulla graticola, con la scure di Helmut Marko a pendere sul collo. E sulla sua carriera.

Incredibilmente, Pérez è, dopo il due volte campione del mondo Fernando Alonso e il sette iridato Lewis Hamilton, il pilota più longevo in pista: ben 273 Gran Premi con 269 disputati e 14 stagioni in F1: dal 2011 fino ad oggi.

Se una persona si dovesse approcciare oggi al mondo della Formula 1 penserebbe che il pilota messicano della Red Bull, con questi numeri, sia un driver con una grande esperienza alle spalle e con un discreto talento, che gli ha permesso di rimanere tantissimi anni ai vertici del motorsport. Molti suoi colleghi non hanno avuto la sua stessa fortuna, eppure lui ci è riuscito senza apparenti meriti.

Gp Gran Bretagna 2024, Red Bull
Sergio Perez P17

Nel momento più critico della sua carriera, quello del 2020, ironicamente la sua stagione migliore, dove era ad un passo dal lasciare la F1, gli viene in soccorso il miracolo di Sakhir, dove vince in modo rocambolesco la gara sulla versione “ovale” del circuito del Bahrain. Da lì a poco squilla il telefono con Christian Horner, team principal e CEO della Red Bull, che lo porta nella sua scuderia allungandogli l’esperienza nella massima serie.

Sembrava essere un sogno: dopo aver passato una carriera a centro classifica poteva andare a gareggiare in un top team, noto anche per essere un ambiente “mangiapiloti” (Kvyat, Gasly ed Albon ne sanno qualcosa).

Ma come disse zio Ben a Peter Parker: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Ebbene, Pérez non ha mai retto l’urto delle “grandi responsabilità”.

Momento difficilissimo per Sergio Perez. Il futuro del messicano in Red Bull è appeso a un filo

Sergio Perez: una discesa senza fine

Max Verstappen non fa prigionieri. Ha distrutto ogni singolo compagno di squadra che abbia mai avuto e si pensava che un pilota esperto come Pérez potesse essere d’aiuto nel Campionato Costruttori, ma nelle sue tre stagioni e mezza con la scuderia di Milton Keynes il suo apporto è stato quasi nullo.

La Red Bull ha continuato a competere con il solo pilota olandese che ha vinto dominando sia il campionato piloti che quello costruttori.

Dopo un inizio di 2024 che sembrava presagire una nuova egemonia per la franchigia anglo-austriaca, con Pérez che aveva iniziato anche bene con ben 4 podi nei primi 5 Gran Premi, il messicano incredibilmente è uscito fuori dai radar delle prime posizioni con innumerevoli incidenti nelle prove libere, in qualifica e in gara che, oltre a compromettere quasi la corsa al campionato costruttori, ormai sotto attacco della McLaren, mette sotto pressione la Red Bull nell’ambito del budget cap.

La carriera di Pérez in Formula 1 sembra essere appesa ad un filo sottile, con Marko che non vede l’ora di utilizzare un paio di forbici per tagliarlo e mettere in Red Bull uno dei suoi pupilli, Liam Lawson.

Pérez, se avesse un moto d’orgoglio, di amor proprio, invece di aspettare che la lama della ghigliottina piombi su di lui, dovrebbe avere il coraggio di dire “basta”, di ammettere di non avere le competenze per essere un “top driver”, di essere un semplice “mestierante”. Né più né meno.

Non è più un ragazzino, è ormai alla soglia dei 35 anni, e deve ringraziare gli dèi benevoli del motorsport che gli hanno permesso di vivere in Formula 1 per ben 14 stagioni consecutive. Fortuna che tanti suoi colleghi della sua generazione non hanno avuto.

Pérez deve essere coraggioso, dovrebbe mollare tutto. La sua esperienza in Red Bull è stata una lunga agonia, una continua umiliazione, condita anche dalle frecciatine sarcastiche di Marko. La dignità è ben più importante del conto in banca, Sergio.


Crediti foto: Oracle Red Bull Racing

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