Dura lex, sed lex, afferma il famoso brocardo latino. In McLaren le leggi sono ferree e i consociati hanno l’obbligo di rispettarle. Le norme a cui si fa riferimento sono le ormai note – o famigerate a seconda dei punti di vista – Papaya Rules. Quel castello di disposizioni comportamentali che definiscono le modalità con cui il team gestisce la rivalità tra Lando Norris e Oscar Piastri. Regole d’ingaggio che pongono un elemento su ogni altro: l’etica sportiva.
Durante il Gran Premio d’Italia si è osservato plasticamente il loro funzionamento. Norris, per tutta la gara davanti a Piastri, è incappato in un problema al pit stop dipeso dall’incuria di un meccanico. Una situazione che ha penalizzato il driver di Bristol suo Malgrado. Oscar ne ha approfittato tagliando tutto il gap e guadagnando un’inattesa seconda posizione.
A quel punto, è fatto noto, è intervenuto il muretto a chiedere lo “swap”, la restituzione della posizione per restaurare lo status quo ante e dare ai conducenti la possibilità, eventualmente, di giocarsi il secondo gradino del podio in pista ma sempre nell’alveo delle prescrizioni previste da quel canovaccio che sono le regole papaya.

Le Papaya Rules danno più fastidio all’esterno che all’interno del team
Pare che le imposizioni interne del team, che non cozzano con i regolamenti della Formula 1 che restano fonte primaria, generino qualche prurito nei rivali. “Non c’è giusto o sbagliato di per sé. E sono curioso di vedere come andrà a finire. Hanno creato un precedente molto difficile da cancellare. Cosa succederebbe se la squadra commettesse un altro errore e tu dovessi scambiare ancora una volta i piloti?”. Questo è il quesito che si è posto Toto Wolff che ha poi provato a smorzare la polemica: ”Allo stesso modo però non è giusto far perdere dei punti a un pilota che sta cercando di recuperare a causa di un errore della squadra. Quindi credo che avremo la risposta se sia stato giusto o sbagliato verso la fine della stagione, quando la situazione si surriscalderà”.
È chiara la venatura critica nel ragionamento di Wolff che forse, in questa fase storica, dovrebbe guardare di più in casa sua considerando che le prestazioni del team restano scadenti sia in assoluto sia se paragonate a quelle della McLaren che di Brackley è pur sempre un cliente.
Più criptico, ma non meno tagliente, è stato Max Verstappen, l’oggetto nemmeno celato dei desideri del team principal Mercedes. “So che voi giornalisti volete che io dica qualcosa di divertente a riguardo, ma non è un problema mio, non sono questioni che mi riguardano ed è meglio che non ne parli”. Commento apparentemente “innocuo” ma che segue un team radio sarcastico sulle decisioni prese da Andrea Stella e dai suoi collaboratori.

F1 – La domestic jurisdiction della McLaren
Viene da chiedersi: McLaren avrà o no il suo sacrosanto diritto di applicare il contesto normativo che reputa più necessario? Finché questo ordinamento derivato non cozza con quello della FIA perché dall’esterno si agitano? Cosa dà fastidio? Cosa porta a questo sindacare continuo che lede la domestic jurisdiction del team di Woking? Forse la Formula 1 teme questo moto etico. Forse regole così adamantine – che a volte possono essere controproducenti in termini sportivi, non lo si nega – non prestano il fianco ad altri tipi di imposizione, quelli che spesso bisogna dare per favorire il singolo pilota a scapito del compagno di squadra che sovente si trasforma in un burattino da manipolare per scopi “più alti”.
McLaren ha il suo prototipo gestionale, che può piacere o meno. Ma è un paradigma lecito, coerente con i principi dello sport e soprattutto che non cozza contro le leggi che disciplinano la Formula 1. Ecco perché questa levata di scudi produce un rumore sinistro, quel clangore di un esercito che si muove in massa spinto da interessi poco nobili e molto utilitaristici. Woking intende arrivare alla vittoria con la sua idea gestionale. Una struttura che l’anno scorso non si è rivelata efficace nella lotta per il titolo ma che in questa stagione, complice il vantaggio tecnico della MCL39, sembra essere perfetta.
Sì, perfetta. Perché se Zak Brown e Andrea Stella rivedessero il paradigma operativo puntando su uno solo tra Piastri e Norris rischieremmo di avere anche un titolo piloti assegnato con largo anticipo. Invece la tenzone iridata potrebbe protrarsi fino alle ultime gare, a vantaggio dello spettacolo. Quindi la McLaren andrebbe solo ringraziata e non stupidamente vituperata.
Crediti foto: McLaren F1
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