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Home Approfondimenti

North American Racing Team: l’epopea della Ferrari blu

La Ferrari, al prossimo Gran Premio di Miami, omaggerà i 60 anni della North American Racing Team (abbreviata in N.A.R.T.), la “Ferrari blu”

Giovanni Tito by Giovanni Tito
23 Maggio 2024
in Approfondimenti, F1, Grandi Storie, News
Tempo di lettura: 4 minuti
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North American Racing Team: la Ferrari blu

North American Racing Team: la Ferrari blu

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La storia della N.A.R.T. – la “Ferrari blu” – parte dall’idea dell’ex pilota italoamericano Luigi Chinetti. Luigi nasce a Jerago con Orago (Va) il 17 luglio del 1901. Cresciuto con la passione dei motori, iniziò a gareggiare nelle prime gare che si tenevano sul territorio locale.

Avendo guadagnato un’ottima reputazione all’interno del motorsport dell’epoca decise di partecipare alla 24 Ore di Le Mans – l’edizione 1932 – con il team del pilota francese Raymond Sommer a bordo di un’Alfa Romeo 8C 2300 LM. Fu subito trionfo. Dopo la prima partecipazione alla storica gara di durata prenderà parte alla mitica corsa in tutte le edizioni fino al 1953, totalizzando altre due vittorie e un secondo posto.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Chinetti decise di emigrare negli Stati Uniti dove prenderà la cittadinanza. Da pilota americano domina la 12 Ore di Sebring, nel 1950, con la Ferrari 195 S, e la leggendaria Carrera Panamericana, nel 1951, al volante di una Ferrari 212 Inter Vignale.

Ferrari Blu
Luigi Chinetti

La North American Racing Team

Appena ritiratosi dal mondo delle corse, Luigi Chinetti, avendo collaborato e vinto con la Casa di Maranello, decise di aprire un concessionario di autovetture Ferrari. Il primo negli Stati Uniti. All’epoca il marchio Ferrari era poco conosciuto oltreoceano.

Il pilota diventato manager strinse un accordo con la casa italiana e fu nominato agente di vendita negli USA. Così, nel 1958, sorge il primo avamposto del Cavallino Rampante nella “terra delle opportunità”.

Lo stemma scelto fu il classico Cavallino Rampante su sfondo giallo. Nel bordo in alto la bandiera americana, l’iconica “Stars and Stripes”, e in quello in basso, con sfondo blu, l’acronimo “N.A.R.T”.

Quelle di Chinetti erano auto di grande caratura e parteciparono a molte gare Gran Turismo e Sport, ma non presero parte mai a un intero campionato. L’obiettivo principale era sostanzialmente quello di far conoscere sempre più la Ferrari negli USA.

Le vittorie più importanti per la scuderia furono la 3 Ore di Daytona, nel 1963, e la 2000 km di Daytona, nel 1964. Entrambe videro sul gradino più alto del podio il messicano Pedro Rodríguez con una Ferrari 250 GTO. Si ricordi anche la 24 Ore di Le Mans vinta dall’austriaco Jochen Rindt sulla Ferrari 250LM.

Ferrari blu
Jochen Rindt sulla Ferrari 250LM

L’incredibile approdo in Formula Uno

Nel 1964 la FIA decise di non omologare la Ferrari 250 LM per la 24 Ore di Le Mans. Per protesta nei confronti della Federazione, Enzo Ferrari ritirò la licenza per competere in Formula 1 giurando che il “Rosso Ferrari” non avrebbe gareggiato più nella massima serie.

Così, alla penultima prova del Campionato Mondiale del 1964 la Ferrari si presentò al Gran Premio degli Stati Uniti d’America, a Watkins Glen, con la 158 dell’inglese John Surtees e la 1512 dell’italiano Lorenzo Bandini bardate dai colori della N.A.R.T., ossia il blu con una striscia bianca centrale che identificava le monoposto provenienti dagli USA.

La gara fu vinta dall’inglese Graham Hill in BRM, con il ferrarista Surtees secondo e Lorenzo Bandini che si ritirò al 58° giro per noie al motore.

Al successivo Gran Premio del Messico, quello che oggi, dopo varie modifiche, è intitolato ai fratelli Rodríguez, la Ferrari, in quella che era l’ultima prova stagionale, si presentò con le medesime colorazioni del Gran Premio precedente, aggiungendo una terza vettura: la Ferrari 156 F1 guidata dall’eroe di casa Pedro Rodríguez.

La gara fu vinta dall’americano Dan Gurney con la Brabham. A completare il podio i due ferraristi: John Surtees (il primo ed oggi unico campione sia in F1 e sia nel motomondiale, il cosiddetto “Eroe dei due mondi”), che si laureò campione del mondo grazie alla “regola degli scarti” (per la prima volta determinante), e l’italiano Lorenzo Bandini. Pedro Rodríguez arrivò sesto, ultimo posto utile per andare a punti.

Dal campionato successivo, in virtù della fine della controversia fra la FIA ed Enzo Ferrari, le monoposto di Maranello tornarono a gareggiare col classico rosso.

La N.A.R.T. ritornò nella massima serie alla fine del Campionato Mondiale di F1 del 1965 gareggiando a Watkins Glen e a Città del Messico con il già citato Rodríguez su Ferrari 1512 e col pilota americano Bob Bondurant, con una 158. Un 5° ed un 9° posto negli USA e un settimo posto del pilota messicano nel Gran Premio di casa il bottino.

Dopo una lunga pausa dalla Formula Uno la scuderia americana ci fece ritorno negli ultimi 3 Gran Premi della stagione 1969 col sempre il fidato Pedro Rodríguez che gareggiò in Canada, negli USA e in Messico totalizzando, rispettivamente, un ritiro, un quinto ed un settimo posto.

Ferrari
Luca Cordero di Montezemolo e Niki Lauda parlano mentre Enzo Ferrari è all’ascolto

N.A.R.T. – l’epilogo

Negli anni ’70 la N.A.R.T. prese parte a numerose gare locali. Più di 200 competizioni e più di 100 piloti vi parteciparono. I più noti furono i campioni del mondo di F1, l’italoamericano Mario Andretti e il connazionale Phil Hill.

La storia si chiuse nel 1982. Chinetti si ritirò dal mondo delle corse e rimase a Greenwich, in Connecticut, dove aveva aperto la sua concessionaria. In quella città spirò il 17 agosto del 1994, a 93 anni.

La N.A.R.T. nacque da un sogno di un italiano emigrato negli Stati Uniti per far conoscere agli americani il marchio più rappresentativo nella storia del motorsport, quello del “Cavallino Rampante”. Mai impresa fu più riuscita.


Crediti foto: Ferrari

Tags: F1FerrariNARTslider
Giovanni Tito

Giovanni Tito

Non sono asociale. Amo le persone nei film e le serie TV... Anche negli anime 🎥🎬📽️📺

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