Il Fuji International Speedway non è soltanto uno dei templi del motorsport giapponese, ma un circuito che i piloti amano e temono allo stesso tempo. Disteso all’ombra del Monte Fuji, questo tracciato unisce in maniera unica l’essenza delle grandi piste veloci e la complessità tecnica di settori che non concedono la minima distrazione. È qui che Nielsen, al volante della sua Ferrari 499P, ci accompagna in un giro ideale tra rettilinei interminabili e curve che mettono a dura prova concentrazione e talento.
Un inizio da brividi
La partenza non potrebbe essere più scenografica. Dopo aver tagliato il traguardo, i prototipi Hypercar si lanciano sul rettilineo principale, il più lungo di tutto il calendario iridato. Qui le velocità sono impressionanti: le vetture raggiungono la settima marcia prima della staccata, con il tachimetro che supera abbondantemente i 300 km/h.
“Alla curva 1 si arriva fortissimo, ed è una delle più impegnative dell’intero circuito”, spiega Nielsen. La frenata è brutale, il margine d’errore ridottissimo. Individuare e colpire il punto di corda con precisione chirurgica è fondamentale non solo per non perdere tempo, ma per impostare al meglio l’intero giro. Chi sbaglia qui, compromette tutto.
Il settore centrale
Superata la prima staccata, il Fuji svela un volto diverso. In rapida successione si susseguono curve veloci, che all’occhio esterno possono sembrare quasi semplici ma che in realtà nascondono un’insidia dietro l’altra.
“Questa parte del tracciato è molto selettiva – racconta il danese – perché richiede di seguire la traiettoria migliore senza la minima incertezza. Basta un piccolo errore di linea per perdere decimi preziosi”. Qui il ritmo diventa cruciale,serve fluidità, coraggio e sensibilità nel gestire la vettura che danza tra un cambio di direzione e l’altro.
È un settore dove il pilota deve essere aggressivo ma al tempo stesso pulito, capace di mantenere la massima velocità compatibile con il controllo. Una prova d’equilibrio che separa chi conosce davvero il Fuji da chi lo subisce.
Il terzo settore
Se il primo e il secondo settore sono un inno alla velocità, il terzo rappresenta l’altra faccia della medaglia. Qui il ritmo si spezza, le curve si stringono e il margine per gli errori si riduce a zero. È il punto del circuito dove le difficoltà tecniche incontrano un fattore spesso sottovalutato: il traffico.
“L’ultima parte del Fuji è la più difficile in assoluto – sottolinea Nielsen – perché oltre alla complessità delle curve si aggiunge la presenza delle GT, che qui non sono molto più lente delle Hypercar. Ogni sorpasso va pensato e preparato con attenzione: non ci si può permettere azioni improvvisate”.
È in questo tratto che spesso si decidono i destini delle gare di endurance. La pazienza diventa una virtù, la lucidità un’arma vincente. Non si tratta soltanto di guidare al limite, ma di saper leggere le situazioni, anticipare le mosse degli avversari e sfruttare ogni spiraglio senza correre rischi eccessivi.
L’ultima curva
Il giro si chiude con una curva che offre diverse possibilità di approccio. “La traiettoria dipende molto dal grado di usura degli pneumatici”, spiega Nielsen. È una curva che richiede sensibilità e capacità di adattamento. Chi sa interpretarla meglio ha il vantaggio di presentarsi sul rettilineo principale con maggiore velocità, pronto a sfruttare tutta la potenza della vettura.
Ed è proprio qui che il Fuji rivela la sua natura: un tracciato che non perdona, ma che esalta i piloti completi, capaci di combinare velocità pura, precisione tecnica e intelligenza tattica.
Una sfida totale
Il giro ideale raccontato da Nielsen non è solo una sequenza di curve e rettilinei. È il ritratto di un circuito che mette alla prova ogni aspetto della guida, dalla capacità di frenare con decisione, la precisione nel seguire le traiettorie, la sensibilità per gestire le gomme e la lucidità nel traffico.
Il Fuji International Speedway resta così uno dei tracciati più affascinanti e impegnativi del mondiale endurance. Un circuito che esalta i campioni e che, visto con gli occhi di chi lo affronta a più di 300 all’ora, conferma ancora una volta quanto il motorsport sia una disciplina totale, dove velocità e intelligenza devono convivere ad ogni giro.
Foto credit Ferrari Media Centre