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Home Grandi Storie

Nick Mason: il motore ritmico dei Pink Floyd che deve ringraziare la Ferrari

Storie floydiane che si intrecciano con quelle personali: Nick Mason e la sua passione per il rosso Ferrari. Musica, auto e quelle pulsioni che muovono le nostre vite.

Diego Catalano by Diego Catalano
17 Gennaio 2025
in Grandi Storie, News
Tempo di lettura: 8 minuti
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Nick Mason e la Ferrari 250 GTO

Nick Mason posa accanto alla sua Ferrari 250 GTO - Crediti foto: Ruoteclassiche

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Essere direttore di un progetto editoriale ti permette di spaziare tra le tue passioni senza che nessuno possa sindacare o metter becco su quanto scrivi. Non è dispotismo il mio, calma. Formulacritica ha un approccio chiaro: la libertà che il sottoscritto può prendersi è estesa a chi fa parte del progetto purché si resti entro i rigidi confini della deontologia professionale e che lo si faccia soprattutto senza affrancarsi dal vero. 

Con questo spirito – e chiusa la doverosa parentesi preparatoria – in giorni in cui la nostra amata Formula 1 sonnecchia in attesa degli atti ufficiali stagionali, ho inteso fondere le mie più grandi passioni: il motorsport e la musica. Con un occhio, anzi un orecchio, alla batteria. Uno strumento a cui provo a “dare del tu” da molti anni. Nulla di professionale, diletto puro che negli anni della spensierata gioventù mi ha portato a fare diverse esperienze live alle quali oggi, con qualche anno in più e la barba che si macchia di grigio, guardo con dolce nostalgia. 

Tanti i riferimenti dello strumento che ho seguito con il piglio del fedele pellegrino; nomi che ai più avvezzi al mondo dei tamburi non saranno nuovi: Bill Bruford, Neil Peart, Dennis Chambers, Chester Thompson, Alan White, Michael Giles, Phil Collins, Dave Weckl, Peter Erskine, Simon Philips, Terry Bozzio, Mike Portnoy e tanti altri che non cito per non allungare oltremisura una lista che potrebbe tediare chi legge. 

Ma prima che assimilassi le opere di questi mostri sacri delle bacchette che hanno fatto la storia del progressive e della fusion c’è stato un amore primordiale, il musicista che mi ha spinto ad appassionarmi a pelli e legni risonanti: Nick Mason.

Fu il famosissimo Live at Pompeii a far scoccare la scintilla. Lo stile “selvaggio” del batterista britannico, avvolto dalla magia mistica dell’anfiteatro romano, fece presa su un adolescente che si nutriva di musica e che stava scoprendo band di cui aveva sentito sprazzi e assaggiato piccoli bocconi nei mondi in cui era possibile farlo oltre trent’anni fa, prima che qualcuno iniziasse a rovinare quest’arte con formati compressi fruibili su piattaforme che abbassano la qualità dell’audio da cui scaturisce, normale conseguenza, una proposta che si fa sempre più indecente. Chiusa polemica.

Nick Mason
Nick Mason durante la registrazione del docufilm Live at Pompeii diretto da Adrian Maben

Quella videocassetta la consumai nel tentativo di replicare gesti e movimenti di Mason, cosa che continuai a fare quando misi su una tribute band dei Pink Floyd che mi diede parecchio sollazzo per diversi anni, prima che altre cose mi imponessero di dedicare sempre meno tempo allo strumento che amavo e che amo insieme al basso elettrico. Ma questa è un’altra storia fatta da diversi idoli che non menziono in questa sede. 

Pur studiando altri musicisti ben più tecnici del prode Nick – che ho avuto la fortuna di ascoltare dal vivo qualche mese fa con i suoi Saucerful of Secrets – non ho perso quella traccia che di tanto in tanto mi porta a riprendere i suoi lavori divorandoli in una maniera che per molti potrebbe apparire compulsiva. Ma come è possibile dare un’accezione così negativa alla riproduzione reiterata di capolavori come Atom Heart Mother, Meddle, The Dark Side of The Moon, Wish You Were Here, Animals, The Wall? 

Tanti ascolti accompagnati da quella necessità di saperne di più. Ebbene – veniamo finalmente al succo della questione dopo questo lungo incipit – agli albori di quella passione scoprii che Nick Mason è un grande cultore d’automobilismo nonché ferrarista fino al midollo, tanto da essersi fatto costruire un kit con il logo del Cavallino Rampante replicato su ogni singolo tamburo. Rullante, tom, timpani marchiati dal logo più riconoscibile al mondo.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg di una passione ferrea che porta il musicista di Birmingham a possedere diverse auto italiane (e non solo) e a fare altre cose che lo legano indissolubilmente alla casa di Maranello.

Nick Mason e la passione per la Ferrari
Il batterista dei Pink Floyd, Nick Mason, sfoggia le custodie brandizzate col logo della Ferrari della sua iconica batteria DW

Collezione da sogno: le 60 auto di Nick Mason 

Ten Tenths Racing. Questo il nome della collezione privata di Mason che si compone di circa 60 esemplari e che comprende alcune delle più ambite auto d’epoca e da corsa mai prodotte. Non solo Ferrari, Nick possiede gioielli di ogni genere e marca. Nella magica sessantina troviamo una Panhard & Levassor del 1901, una Bentley da 4,5 litri, la Maserati Birdcage e tanti altri pezzi di sublime ingegneria meccanica. Fiore all’occhiello è di certo la Ferrari 250 GTO del 1962 che il batterista tratta come fosse un totem da venerare. Dagli torto…

Uno schieramento di mezzi che Stirling Moss, leggenda del motorsport, di tanto in tanto visitava per rinverdire il ricordo di una carriera gloriosa che lo fa detenere un record che avrebbe volentieri ceduto ad altri. Si tratta infatti del pilota che ha vinto più gare senza aver ottenuto un titolo mondiale: 16 trionfi in 66 GP senza mettersi al collo la ghirlanda d’alloro più ambita. Beffa suprema.

Nick Mason
Ten Tenths – Le auto da collezione di Nick Mason

Quando la Ferrari salvò la carriera di Nick Mason

A proposito di quella Ferrari 250 GTO, c’è un aneddoto che lo stesso Mason ha raccontato in relazione a quell’auto. L’occasione si pose nella trasmissione A Life on the Road nella quale Mason “scarrozza” il cantante degli AC/DC Brian Johnson portandolo nel suo garage alla scoperta dei modelli che compongono la scuderia Ten Tenths.

In quell’episodio (reperibile su Youtube a questo link: clicca qui) il batterista spiegava che grazie a quella vettura – che definiva “Il cucciolo di casa” – i Pink Floyd hanno potuto mettere su il Momentary Laps of Reason Tour, la serie di concerti che seguirono la pubblicazione dell’omonimo disco creato sotto la guida di David Gilmour dopo la diaspora dalla quale era scaturita l’uscita di Roger Waters che mai più avrebbe scritto musica per la band. Un gran peccato.

Nonostante il disco avesse avuto un buon successo commerciale (4 milioni di copie vendute nei soli Stati Uniti) gli sforzi economici per tenere elevati gli standard dei live dei Pink Floyd erano ingenti. Gilmour e Richard Wright (il compianto tastierista dei “Floyd”) finanziarono l’organizzazione del mastodontico tour con risorse personali. Ma non bastava. Nick Mason, per supportare la causa, decise di dare in garanzia la sua Ferrari GTO 250 che era stata acquistata a un’asta, nel 1977. 

Mai investimento fu più azzeccato: il tour, che parte dal Canada nel settembre del 1987, si dipana per il globo intero toccando America, Europa, Giappone, Australia e Nuova Zelanda per chiudersi addirittura due anni dopo al Velodrome di Marsiglia. Precisamente nel luglio del 1989. Un totale di 197 date tra cui quella più rappresentativa di Piazza San Marco  a Venezia  del 15 luglio 1989 col palco galleggiante che catalizza spettatori da tutto il mondo generando ricavi per quasi 140 milioni di dollari. Stiamo parlando della tournée di maggior successo degli anni Ottanta.

Avreste mai immaginato che a una Ferrari si deve il successo di una serie di concerti entrati nella storia della musica? Mondi lontani, motori e pentagramma, che si sono fusi per creare una magia che si ripete ogni volta che guardiamo una Rossa girare in pista o sfrecciare per strada. Ma anche tutte le volte che rinnoviamo il rituale dell’ascolto della musica. Accendere l’amplificatore, poi l’equalizzatore smanettando sui settaggi per trovare quello più accattivante, mettere su il CD o il vinile e lasciarsi trasportare dalle note.

Questo sacramento laico lo perpetuo ogni giorno pur vivendo circondato dalla tecnologia, da Youtube, da Spotify e da altri sistemi di streaming che, non posso negarlo, uso. Senza abuso perché ascoltare musica è cosa seria e lo faccio con gli strumenti idonei. O almeno ci provo senza perdermi nella dissolutezza musicale della contemporaneità.

“Non lego le auto alla musica, è troppo difficile. Sono partner, sono collegate ma sono differenti. E se mi chiedi qual è la più divertente ti dico che sono entrambe fantastiche”. Questo ebbe a dire Mason sulle passioni della sua vita in una vecchia intervista.

Ambiti scissi ma che si muovono all’unisono. Come questo scritto che è lo specchio della mia vita caratterizzata da questi globi che si intrecciano, si prendono, si tengono per mano e non riescono ad allontanarsi. Mai. Perché sono tenuti insieme da un magnetismo atavico impossibile da spiegare.

Nick Mason
Il drumkit utilizzato da Nick Mason nell’ultimo tour con i Saucerful of Secrets – Crediti foto: Diego Catalano

Passioni. Sarebbe riduttivo definire in questi termini la musica. Per me è compagna di vita, lenitrice di dolori, esaltatrice di emozioni. Sottofondo di ogni momento, che sia alto o che sia basso. Che parli della vita privata o che si riferisca a quello straordinario lavoro che faccio per vivere: scrivere. E sono fortunato a poterlo condurre lasciandomi avvolgere dalle note che rendono le giornate, sempre troppo lunghe, più abbordabili e piacevoli. 

Questo scritto non ha una vera conclusione, non si pone l’obiettivo di analizzare un fenomeno. È piuttosto lo sfogo di un appassionato che sentiva l’esigenza di raccontare qualcosa di “intimo” deviando per un attimo dalla solita parabola tracciata da questo sito d’informazione. Parole messe insieme di getto, rilette superficialmente e senza insistere troppo per evitare di dover rimettere mano razionalizzando ciò che razionale non è: l’amore. 

Proprio per amore della produzione floydiana chiudo questo pezzo con un esercizio che a qualcuno può sembrare pleonastico. Ma non lo è per me. Mi piace riportare un singolo brano per ogni disco in studio creato dalla band inglese. Canzoni che per me hanno un significato profondo ma che non riporterò in questa sede per non rendere questo “brodo” troppo lungo.

Nick Mason’s essentials

  • 1967 – The Piper at the Gates of Dawn: Astronomy Domine;
  • 1968 – A Saucerful of Secrets: Set The Controls For The Heart Of The Sun;
  • 1969 – More: Cymbaline;
  • 1969 – Ummagumma: A Saucerful of Secrets (live); 
  • 1970 – Atom Heart Mother: Atom Heart Mother Suite;
  • 1971 – Meddle: Echoes;
  • 1972 – Obscured by Clouds: When You’re In;
  • 1973 – The Dark Side of the Moon: Us And Them;
  • 1975 – Wish You Were Here: Welcome to the Machine;
  • 1977 – Animals: Dogs;
  • 1979 – The Wall – Hey You;
  • 1983 – The Final Cut: The Fletcher Memorial Home;
  • 1987 – A Momentary Lapse of Reason: Sorrow;
  • 1994 – The Division Bell – High Hopes;
  • 2014 – The Endless River – Sum.
Tags: FerrariNewsNick Mason
Diego Catalano

Diego Catalano

Partenopeo Classe 1977 con formazione nell’ambito delle Relazioni Internazionali. La passione per il motorsport nasce sin dalla prima adolescenza. Proprio questa forte pulsione mi ha portato, negli anni, a volermi cimentare con la narrazione di ciò che circonda la Formula Uno. Ho fatto parte, come fondatore, di diversi progetti editoriali a tema: MotorQube, Fatti di Motori, Undici Metri; esperienze chiusesi ma che mi hanno permesso di approdare in FormulaUnoAnalisiTecnica. Realtà nella quale, per cinque anni, ho ricoperto il ruolo di caporedattore e coordinatore. Nel gennaio del 2024 ho deciso di rimettermi in gioco creando Formulacritica.it, un contenitore plasmato sulle mie necessità espressive che ho voluto impostare su un modo di raccontare il motorsport diverso, votato all’analisi concettuale del fenomeno. In parallelo curo un altro figlio editoriale: PuntoNapoli. A tempo perso pesto sui tamburi e sui piatti di una batteria e provo a dare del tu a un paio di bassi elettrici. Con risultati rivedibili. La musica e il prog-rock sono un’altra ragione di vita. Ne parlo su No Limits Radio nello spazio denominato "Blog To The Edge" del quale esistono proiezioni sui principali social network e su YouTube.

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