L’8 marzo è passato, i post celebrativi sono stati pubblicati, le mimose sono state distribuite, gli hashtag motivazionali hanno fatto il loro giro sui social. Oggi è il 9 marzo, e come sempre, tutto torna alla normalità. Nel motorsport, la normalità significa una cosa sola: le donne non contano davvero.
Ogni anno si parla di inclusione, di opportunità, di progresso. Ma appena finisce la giornata dedicata alle donne, il messaggio non cambia: vi abbiamo dato la vostra vetrina, ora accontentatevi.
Il motorsport continua a ghettizzare le donne
Anziché creare percorsi reali di crescita per le pilote, il motorsport preferisce metterle da parte con iniziative che sembrano più un’operazione di marketing che una reale opportunità.
Prendiamo la F1 Academy, la serie esclusivamente femminile che, invece di permettere alle donne di competere ad armi pari, le rinchiude in un campionato separato, con vetture meno performanti e visibilità ridotta. Un’idea già fallita con la W Series, eppure riproposta come se fosse la soluzione definitiva.
Non è solo la F1 Academy a essere un problema. Esistono i test “solo per donne” in Formula E, i programmi speciali per pilote, i team femminili. Il tutto con la stessa logica: non vi vogliamo nelle competizioni vere, quindi ecco un recinto dorato per farvi giocare tra voi.
Sophia Floersch denuncia l’ipocrisia
Ieri, 8 marzo, Sophia Floersch ha scritto un tweet che smonta questa falsa inclusione:
“Mixed panels were possible in 2017. In 2025, women ride separately. 3-4s behind the men. We do not need female test days & female series. We need support on the level of the boys! The reality.”
Floersch evidenzia una verità scomoda: il motorsport femminile sta facendo passi indietro, non avanti. Invece di lottare per far gareggiare le donne nelle stesse categorie degli uomini, si sta scegliendo la strada più semplice: separarle e far finta che sia una conquista.
Ma chi sta davvero ascoltando queste parole? I team? Gli sponsor? I media? Nessuno.
Le donne vengono dimenticate, i mediocri no
Quante persone ricordano ancora Sabine Schmitz? Una pilota incredibile, capace di umiliare professionisti sul Nürburgring. O Maria de Villota, che ha pagato con la vita il suo sogno di arrivare in Formula 1? Oggi sono meno ricordate di un qualunque Narain Karthikeyan, un pilota che in F1 ci è arrivato, senza particolari meriti, se non qualche sponsor al posto giusto.
E le giovani di oggi? Jamie Chadwick, Abbi Pulling, la stessa Floersch? Sono talentuose, ma nessuno le considera veramente delle promesse. Sono costrette a bazzicare nelle serie minori, senza una reale prospettiva di crescita.
Anche progetti come le Iron Dames, per quanto incredibili, sono la conferma di un problema: le donne possono avere successo solo se stanno tra loro. Anche quando dimostrano di essere fortissime, gli uomini non vogliono gareggiare con loro.
Danica Patrick: più spazio per la politica che per la sua carriera
Poi c’è il caso di Danica Patrick, una delle poche donne che nel motorsport ha avuto una carriera davvero significativa, vincendo in IndyCar e correndo per anni ai massimi livelli della NASCAR. Oggi, però, fa più notizia per le sue dichiarazioni a supporto di Trump che per i suoi successi sportivi.
Invece di essere ricordata per le sue prestazioni in pista, viene invitata nei talk show e nei podcast per parlare di politica, complotti e posizioni discutibili. E funziona: ottiene molta più visibilità oggi, dicendo minchiate, di quanta ne abbia mai avuta come pilota.
Se perfino una pilota del suo calibro è finita più al centro dell’attenzione per le sue idee politiche che per il suo talento, che speranza possono avere le altre?
Il motorsport è maschio. Anzi, il motorsport è ‘n’omm merd’
Il motorsport è uno sport maschile, nel senso più arcaico del termine. Non perché le donne non abbiano talento, ma perché non viene dato loro lo spazio per dimostrarlo. Il sistema preferisce fingere di includerle piuttosto che dare loro reali possibilità.
Ogni 8 marzo si celebrano le pilote, si parla di cambiamento, si riempiono i social di parole vuote. Poi, il 9 marzo, tutto torna com’era prima. Le donne devono stare al loro posto, lontane dai riflettori, in campionati separati o in qualche iniziativa di facciata.
Perché il motorsport, alla fine, non vuole cambiare davvero.