Eccolo, puntuale come un orologio svizzero. Luca Cordero di Montezemolo, l’eterno nostalgico di se stesso, torna a dispensare saggezza dal monte della gloria passata. Stavolta l’occasione è ghiotta: un documentario sulla sua vita – perché evidentemente il mondo non può fare a meno di rivivere le sue gesta – e la Ferrari che non vince. Il cocktail perfetto per una delle sue ormai classiche lezioni di management impartite dall’alto della cattedra del “ai miei tempi”.
“Manca una leadership e un’anima in Ferrari”, tuona l’ex presidente ai microfoni di Sky che ospita l’approfondimento tematico. Traduzione: “Manco io”. Perché, si sa, quando Montezemolo tirava le briglie del puledro tutto filava liscio come l’olio. In questa sede non si dimenticano gli anni ruggenti e gloriosi, non siamo disonesti e preconcetti. Ma nemmeno si possono nascondere gli anni in cui la Ferrari non riusciva a strappare un titolo piloti dalle mani dei rivali inglesi. E si è trattato di stagioni lunghissime. Ma quel periodo, evidentemente, era strategia. Visione a lungo termine. Anima e leadership in azione.

La perla più brillante arriva con il rimprovero sugli “annunci che creano eccessive aspettative“: “Prima facciamo i risultati e poi facciamo gli annunci”. Illuminante. Proprio lui che per anni ha trasformato ogni presentazione di monoposto in un evento da red carpet, ogni dichiarazione in una promessa di dominio mondiale, ogni cambio di strategia in una rivoluzione copernicana. L’uomo che ha elevato il marketing Ferrari a forma d’arte – e questa è una virtù, si chiaro – ora predica la sobrietà comunicativa. L’ironia ha trovato il suo maestro.
Ma il capolavoro è nell’alzata di sopracciglia sull’assenza di vittorie: “Non ha vinto nemmeno una gara“. Come se fosse una rivelazione, come se il mondo intero non seguisse ogni domenica le frustrazioni rosse. E poi l’ovvietà travestita da saggezza: “La Ferrari deve vincere il Mondiale“. Geniale. Rivoluzionario. Chi l’avrebbe mai pensato?
Il problema di Montezemolo non è la nostalgia, quella è comprensibile per chi ha vissuto i fasti degli anni Duemila e non solo. Il problema è l’incapacità di riconoscere che anche la sua era ha avuto le sue ombre, i suoi fallimenti, le sue promesse mancate. E soprattutto l’arroganza di credere che dalla sua poltrona di commentatore esterno possa ancora indicare la strada a chi oggi si sporca le mani nei garage di Maranello.

La Ferrari ha bisogno di molte cose: strategia, tecnica, forse un pizzico di fortuna. Sicuramente non ha bisogno di stantii sermoni da chi guarda indietro credendo che sia la strada per andare avanti. Ogni ferrarista deve essere grato a Montezemolo, ma lasciatemi dire che questi suggerimenti da maestrino hanno fatto il loro tempo. Le difficoltà della Ferrari hanno radici ramificate in un terreno argilloso.
E se proprio vogliamo essere intellettualmente coerenti, alcune di queste si sono sviluppate da certe politiche che proprio il dirigente in questione ha determinato quando ha accettato che la Formula 1 abbracciasse i motori turbo-ibridi e dicesse praticamente addio alle prove in pista pur avendo la squadra test migliore al mondo e alcuni tracciati di proprietà in cui sviluppare le proprie monoposto. Insomma, chi è senza peccato scagli questa benedetta prima pietra.
Piccola nota conclusiva: non me ne voglia il presidentissimo, professionista di comprovata abilità, ma ogni tanto qualcuno deve pur mostrare l’altro lato della medaglia. Senza rancore.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP, Visit Trentino
Seguici e commenta sul nostro canale YouTube: clicca qui