Montecarlo purtroppo o per fortuna

Montecarlo nel segno di Leclerc e di una promessa mantenuta, nell'eco di imprese eroiche e di memorie uniche

Montecarlo purtroppo. Ancora una volta, con quel glamour vetusto che sa un po’ di balera, con quell’orgoglio combusto che rievoca i fasti di un altrove, mitico e onnipresente. Volti da copertina a cospargere il vuoto, un mare di barche a occultare l’acquamarina cangiante dei flutti. Tutti sembrano, mentre affermano di essere: i devoti del circuito, i piloti esterrefatti al cospetto del serpente più velenoso del campionato.

Poi c’è Charles, con i colori di Monaco tatuati sul casco, con una Ferrari avida di un risultato: un pilota che esige la sua prima volta, nel budello tortuoso teatro di tanti inizi, nelle curve adorate tra le quali ha pagato fin troppi dazi. Il predestinato di cui si nutre una stampa cinica, il ragazzo che matura, curva dopo curva, in un’esplosione di velocità, mentre culla una promessa.

Quarant’anni, decenni che si possono ancora contare su una mano. Un salto nel tempo doveroso, in questo mese, in questo anno da tondo, tutto teso a raccontare il mito. C’era un ragazzo brasiliano, si chiamava Senna, Da Silva, o entrambe le cose, poco importa. Le auto dell’epoca quasi automobiline giocattolo rispetto ai mastodonti di oggi, leggeri, ibridi ma ingombranti, giganti di cartapesta in un budello cittadino.

Senna dicevamo. Nel principio di un giugno tanto simile alla primavera odierna fatta di piogge incessanti. Era lì, su una modesta Toleman, pronto a dare lezioni di guida ai veterani, senza spocchia, eppure senza ritegno. Il mondo lo scopriva tra muri di vapore acqueo, tanto densi da occultare la visione più prossima, tra muretti di guard-rail fatti apposta per essere accarezzati, sinuosi e seducenti come il canto delle sirene. Eppure lui, il brasiliano semisconosciuto, ci ha regalato la prima delle sue tante magie.

Dodici anni esatti, un’adolescenza in erba, pronta per essere ricordata dai tanti nostalgici. Montecarlo e Schumacher: il ritorno. Michael con la divisa tedesca, sebbene parlasse finalmente in italiano, nonostante guidasse una stella d’argento. Pochi gli acuti, molti i risultati mediocri, nulla che potesse ricordare il nostro amato Kaiser in rosso. Poi arriva Montecarlo 2012 e lui mette la sua firma, con inchiostro simpatico, perché la sua pole verrà cancellata. Colpa di una penalità precedente da scontare, proprio lì, sul più bello, quando è tornato a farci innamorare.

Leclerc Monaco
31/5/1987: Ayrton Senna vince il suo primo GP di Monaco

Ora il tempo diviene più breve, adotta una misura lieve: uno, due, cinque. Anni stampati nella memoria dei giovanissimi, di tifosi moderni ma ugualmente devoti. La sfortuna come leitmotiv, la rabbia come sentimento da accantonare in vista del futuro radioso, di quel compenso meritato, di quell’onore tributato. Il Principe di Montecarlo attende il momento propizio, la sua riscossa, la mossa vincente.

Provate a pensarvi Charles – e no, per favore, senza l’eco di Chiara Ferragni – Pensatevi un ragazzo pieno di ambizione e di talento, che sgomita e si agita con una dedizione invidiabile solo a pochi. Guardatelo laggiù a inseguire il suo sogno, a tremare nella consapevolezza che sarebbe potuto diventare impossibile senza un aiuto, poiché purtroppo essere fuoriclasse non basta senza i dannati soldi per spingere, per ungere, per tamponare. Una carriera salvata in extremis per merito di un amico che ora non c’è più. Un sogno iniziato grazie a un papà che ci sarà per sempre.

Quindi eccola qui Montecarlo 2024, la prima di Leclerc, il ritorno della Ferrari. La vittoria di Charles, perfettamente in bilico tra magia e perfezione. Fa sua la pole, nel terreno che gli è più congeniale, quello fatto dell’istante veloce, che tanto lo accomuna al suo idolo Senna. Gestisce la posizione di testa come un pilota navigato, sorbendo la concentrazione di Lauda, la maestria di Prost, la grinta di Schumacher. E infine torna se stesso, nel momento più importante, nei pochi giri che precedono la bandiera a scacchi.

Lacrime che offuscano, ma rinfrescano, come occhiali provvidenziali a rendere nitide emozioni sopite in un gorgo lontano. Gocce trasparenti di vita e di esultanza, di gratitudine e di fede, una rugiada nuova per il pilota e per la squadra.

Charles Leclerc si tuffa tra gli uomini della Ferrari dopo la vittoria del Gp di Monaco

C’è un fazzoletto di terra tra la montagna aspra e il mare, con un cuore di asfalto che pulsa a ritmo dei motori. Ma finito il Gran Premio è fatto di marciapiedi su cui cammina la gente, di vie percorse da auto ordinarie, di storie comuni come quella di un ragazzo che voleva vincere, per mantenere una promessa. Ecco, forse è proprio questo il vero successo, quello che ha bisogno di tempo, di abnegazione e di sconfitte.

Montecarlo per fortuna. Lo sbadiglio è sempre dietro l’angolo, va ammesso, e la pole continua a essere una vittoria ipotecata. Ma certe storie hanno il potere di risvegliare ardori, di rievocare ricordi, di ispirare intenti. Così, mentre Charles entra nella leggenda, noi ci ritroviamo tutti ebbri, cittadini di quell’indefinibile piccolo mondo antico e infinitamente attuale. Di quel principato che ancora ci fa credere nelle favole.


Crediti foto: Scuderia Ferrari HP

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