Il GP di Monaco è uno degli eventi più amati e, al contempo, dei più indigesti per gli appassionati. Gli stereotipi si sprecano: “Montecarlo è affascinante solo per la qualifica”, “A Monaco non si passa”, “Il Principato è una pista storica e quindi va tutelata”, “Qui si viene solo per soldi” (citazione del mio papà a ogni singolo appuntamento con la Formula Uno da queste parti).
Il circuito di Montecarlo è l’unico in calendario che ha mantenuto la sua identità fin dagli albori della serie. È la DeLorean di “Ritorno al Futuro” della Formula 1: ogni anno riporta il Circus nel suo passato.
Dopo l’ultimo gran premio vinto in modo magistrale dall’eroe di casa Charles Leclerc con la Ferrari SF-24 “Evo” abbiamo constatato che la posizione dei primi dieci classificati è rimasta immutata dal primo all’ultimo giro. Ovviamente è potuto succedere anche in virtù della bandiera rossa provocata dall’incidente tra la Red Bull di Sergio Pérez e la Haas di Kevin Magnussen in cui è stato coinvolto anche il compagno di squadra, Nico Hülkenberg.
Lo youtuber inglese Matt Gallagher, il giorno dopo l’evento, su X, lancia una provocazione: “Togliereste Monaco dal calendario della F1?”. Come ben sapete, youtuber e influencer vivono di interazioni e di reazioni che spesso nascono proprio a seguito di considerazioni assai provocatorie. Come i politici, in pratica, sanno come far parlare di sè e utilizzano ogni mezzo necessario. Come si dice in questi casi: che se ne parli bene o che se ne parli male, l’importante è che se ne parli.
Sappiamo bene quanto gli appassionati di Formula 1, prevalentemente gli europei, ci tengano a questo Gran Premio (anche se, sotto sotto, se il pilota preferito non è in prima posizione gli occhi iniziano a chiudersi e riaprirsi per la sonnolenza) e che basta poco per accendere gli animi.
Il circuito di Montecarlo, ad oggi, sembra essere anacronistico per la massima serie e per questa generazione di vetture. E non lo è solo solo per le auto enormi ma anche per la durata incredibile dei motori che eliminano le incertezze scaturenti dalle rotture.
Gp Monaco: l’imprevedibilità è un ricordo
Uno dei tanti stereotipi del Gran Premio di Montecarlo venuto meno negli ultimi anni è proprio il fattore dell’imprevedibilità. Una volta, quando si correva tra i guard rail del Principato, si usava la metafora della roulette visto che davvero poteva capitare di tutto tra incidenti, rotture meccaniche e repentini cambiamenti meteorologici.
Le monoposto, che hanno misure da catamarani, non favoriscono i sorpassi. Oltre alle auto anche i motori, rispetto al passato, non regalano brutte sorprese. Un tempo si pregava che il propulsore non desse noie durante una gara, oggi è scontato che assolva al suo compito.
Il terzo fattore “annoiante” è il talento dei piloti. Nonostante certe scene viste proprio domenica scorsa, la preparazione media dei conducenti è molta elevata. Questo fattore, unito alla necessità di preservare le auto a causa della tagliola del budget cap, fa sì che in gara si eviti di affondare per preservare mezzo e posizione.
In chiusura e per rispondere alla provocazione di Matt Gallagher, non è Montecarlo a doversi adeguare alla Formula 1, ma è questa che deve andare in direzione del tracciato del Principato. Le auto del 2026 saranno più piccole? Forse, ma resteranno quegli elementi che non si sposano col cittadino rivierasco.
I motori continueranno a durare un’eternità, i piloti saranno sempre più dei cyborg infallibili, le vetture continueranno a essere troppo grosse per quegli angusti scorci. La Formula 1 se non vuole perdere Montecarlo deve tornare al suo passato con auto più piccole, motori più spinti e piloti più umani. È possibile?
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Oracle Red Bull Racing