Bisognerà attendere solo il tempo necessario per formalizzare il tutto: Mohammed Ben Sulayem sarà rieletto presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA). Il manager degli Emirati Arabi non ha praticamente un avversario serio nelle elezioni che si terranno a metà dicembre, quindi tra poco meno di sei mesi. L’unica candidatura valida, credibile, è evaporata ieri pomeriggio, quando Carlos Sainz Sr. ha deciso di ritirarsi dalla corsa al ruolo di numero uno di Place de la Concorde.
Resta, flebile, sullo sfondo la possibilità di vedere nella corsa elettorale Susie Stoddart, moglie di Toto Wolff e nemica giurata di Ben Sulayem. Ma anche questo nome sembra essersi bruciato nel clamore mediatico e, soprattutto, per via delle clausole inserite nello Statuto dallo stesso ex rallista, che di fatto sembrano estromettere la manager per un conflitto di interessi, dati i rapporti parentali con un team principal e co-proprietario di una squadra di Formula 1.
Questa, tra le altre cose, potrebbe essere anche la ragione che ha estromesso Sainz dalla tenzone elettorale, considerando i rapporti che ha con un pilota in attività nella massima serie del motorsport. Leggendo il comunicato emesso ieri dal madrileno, si evince che qualche frizione esiste e che non c’è soddisfazione per l’operato di Ben Sulayem.
Sainz, infatti, non si ritira definitivamente, ma sposta di qualche anno il suo possibile ingresso in campo: tempo necessario a rimodificare gli Statuti e probabilmente a sanare l’ipotetico conflitto di interessi che attualmente pare essere incompatibile con l’attuale assetto statutario.
Mohammed Ben Sulayem: una FIA a sua immagine e somiglianza
Nel primo mandato, il dirigente ha plasmato la FIA rendendola il proprio giardino di corte. Diverse le mosse accentratrici: una serie di atti che hanno depotenziato gli organi di controllo dell’ente francese, a cui sono seguiti giri di vite mirati a far fuori la concorrenza, come anticipato nelle righe precedenti.
Ben Sulayem ha proposto una proposta di revisione dello Statuto che potrebbe ridefinire gli equilibri di potere all’interno della Federazione Internazionale dell’Automobile. Il documento introduce una serie di emendamenti destinati ad accrescere ulteriormente la forza del presidente in carica. Una mossa pericolosa, liberticida, che ha suscitato forti perplessità in alcuni settori dell’organizzazione francese che regola diverse categorie del motorsport.
Tra i punti più discussi della proposta spicca l’introduzione di criteri che consentirebbero alla FIA di escludere candidati alla presidenza qualora emergano dubbi sulla loro “integrità professionale”. Una clausola che, nei fatti, ha bloccato la candidatura di figure ritenute scomode, come appunto l’ex campione del mondo di rally Carlos Sainz.
Il tentativo dell’ex rallista emiratino di consolidare la propria posizione arriva alla vigilia della scadenza del suo primo mandato. Ma non è un inedito. Già nel 2023, il dirigente aveva promosso una modifica ai requisiti anagrafici per la candidatura, abbassando il limite massimo da 75 a 70 anni. Una mossa che aveva di fatto escluso dalla corsa David Richards, 72 anni, uno dei suoi principali oppositori.

Oltre al potenziale filtro sulle candidature, il progetto di riforma prevede una modifica del calendario elettorale. I candidati dovrebbero annunciare la propria squadra ben 49 giorni prima della data del voto, contro i 21 previsti dagli attuali statuti. Il cambiamento, secondo la versione ufficiale, servirebbe a concedere più tempo al comitato di nomina per verificare l’idoneità dei candidati e dei loro team. Tuttavia, i detrattori leggono in questa misura un possibile espediente per prolungare le verifiche e ostacolare alcune candidature.
Un altro capitolo estremamente controverso riguarda la composizione del Senato della FIA, che attualmente è composto da 16 membri: 12 scelti direttamente dal presidente e quattro selezionati su proposta dello stesso ma sottoposti ad approvazione del gruppo. La modifica proposta eliminerebbe questa seconda fase, assegnando al n. 1 l’autorità esclusiva di nomina per tutti e 16 i membri.
Cambiamenti sono previsti anche per il comitato etico. La durata del mandato dei suoi membri verrebbe allineata a quella del presidente della FIA, garantendo una coincidenza temporale che non si confà ai modelli democratici. Questo passaggio segue la decisione presa nel 2024 da Ben Sulayem di rimuovere i vertici dei comitati etico e di audit, coinvolti in un’inchiesta interna nei suoi confronti.
Mohammed Ben Sulayem: un presidente divisivo
Atti, quelli descritti finora, che pongono Ben Sulayem in una posizione di dominio ma che, contestualmente, fanno il vuoto intorno a sé e rendono le intese con i vertici della Formula 1 non proprio serene. Negli ultimi cinque anni i rapporti con la FOM sono spesso stati burrascosi, con scelte unilaterali che hanno infastidito Liberty Media. Come, ad esempio, il giro di vite sulla possibilità per i piloti di esprimersi liberamente su tematiche come l’ambiente e i diritti negati alle minoranze. Per non parlare delle salatissime multe inflitte a chi si macchia di un linguaggio ritenuto non consono.
Mohammed Ben Sulayem è stato abile a risanare finanziariamente l’ente, che aveva ereditato con un rosso piuttosto importante. È stato anche l’unico a credere ciecamente nell’ingresso di un undicesimo soggetto in Formula 1. Meriti che gli vanno riconosciuti, ma che non possono nascondere la deriva illiberale che si manifesta in una prossima tornata elettorale senza avversari degni di nota.
Se si è arrivati a un voto bulgaro è perché l’emiratino ha fatto in modo di non avere rivali. Non un buon segno in vista del prossimo quinquennio, in cui la Formula 1 – che ricordiamo non essere l’unico campionato organizzato sotto l’egida federale, anche se il più importante – affronterà la più grande rivoluzione della sua storia. Le due parti devono ricominciare a collaborare attivamente, senza strappi reciproci. Sarà possibile farlo con una sorta di despota al comando? Il tempo dirà.
Crediti foto: F1, FIA, Formulacritica
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