Il presidente della FIA, Mohammed Ben Sulayem, è stato spesso al centro di critiche per il suo approccio autoritario alla guida dell’organo di governo del motorsport mondiale. Non lo scopriamo oggi. Da quando ha assunto l’incarico nel 2021, le sue decisioni hanno diviso il paddock, generando un dibattito acceso tra sostenitori e detrattori.
Tra le voci fuori dal coro, però, spicca quella di Toto Wolff: il team principal della Mercedes ha espresso pubblicamente il suo appoggio ad alcune delle misure più discusse adottate dal dirigente emiratino – che è nel bel mezzo di una campagna elettorale tramite la quale conta di ottenere il secondo mandato a Place de la Concorde – comprese le sanzioni per l’utilizzo di un linguaggio volgare da parte dei piloti.

FIA – Il caso delle volgarità e le reazioni dei piloti
Uno dei provvedimenti più contestati dell’era Ben Sulayem è stato l’introduzione di multe per i piloti che utilizzano espressioni volgari, in particolare durante interviste o comunicazioni ufficiali. La norma ha subito trovato la resistenza di numerosi protagonisti del Circus, tra cui Max Verstappen, che si è trovato direttamente coinvolto dopo alcune esternazioni durante i tram radio e qualche conferenza stampa.
Nonostante un parziale allentamento della misura – con la riduzione delle sanzioni economiche da 10.000 a 5.000 euro e la possibilità di sospensione della penalità alla prima infrazione – la norma continua a essere vista con sospetto dalla maggior parte dei piloti. In molti casi, gli atleti preferiscono limitarsi nei commenti, specie in momenti carichi di tensione, per evitare conseguenze disciplinari.
Il sostegno di Wolff: “Una leadership rigida può fare bene”
Un po’ a sopresa dati i trascorsi tesi con Ben Sulayem, Toto Wolff ha scelto di schierarsi a favore dell’approccio di Ben Sulayem. Intervistato da Autosport, il team principal austriaco ha sottolineato come una guida autoritaria possa rappresentare una risorsa, soprattutto in un contesto complesso e articolato come quello della Formula 1.
“Non si può negare che governi con fermezza. Non si lascia influenzare da nessuno e questo, in alcune situazioni, è un aspetto positivo“, ha affermato Wolff, che ha poi preso posizione anche sul tema specifico delle parolacce: “Penso che la sua posizione sia corretta. Molti piloti non hanno l’inglese come lingua madre. Un ‘va’ a quel paese’ pronunciato alla radio può sembrare normale a chi lo dice, ma se lo si traduce nella propria lingua, il significato cambia. Ha un impatto diverso, specie sui più giovani“.
Wolff ha posto l’attenzione sull’effetto emulativo che le parole dei piloti possono avere su chi guarda, in particolare sui più piccoli: “Ci sono bambini di otto o nove anni che parlano come i loro idoli. Se i modelli che vedono in TV si esprimono con termini volgari, è naturale che li imitino. Per questo è importante che chi guida la Federazione prenda una posizione netta“.

Comprensione, ma con dei limiti
Pur sostenendo la misura, Wolff ha anche riconosciuto la complessità della questione, soprattutto se inserita nel contesto emotivo e fisico della competizione. “Possiamo discutere a lungo sulla linea che separa l’insulto dalla semplice esclamazione. In gara i piloti sono al limite, a 300 all’ora, in lotta ruota a ruota. È anche uno sfogo. Pretendere compostezza assoluta in ogni circostanza forse è irrealistico. Ma non è questo il vero punto“, ha concluso, lasciando intendere che il dibattito sul tema è tutt’altro che chiuso.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, FIA
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