Erano appena finite le ferie d’Agosto, Settembre era ormai alle porte e i miei genitori attendevano solo la riapertura delle scuole. Io, a 6 anni, mi preparavo ad andare in prima elementare, pronto a scoprire un mondo tutto nuovo.
Era l’ultima domenica d’agosto e, come tutte le famiglie, ci riunivamo a tavola per il classico pranzo, decisamente più corposo e duraturo rispetto a quello che si consumava negli altri giorni della settimana. Ma quella non era una domenica come tutte le altre: c’era la F1 in TV.
All’epoca la Formula 1 andava in chiaro sulla RAI. Il concetto di “pay-per-view” per gli italiani era ancora lontano, anche se il campionato mondiale del 2000 veniva trasmesso anche su Tele+, rete satellitare a pagamento, antenata dell’attuale Sky. La F1 era alla portata di tutti: bastava avere una televisione e un’antenna.
La gara belga iniziava alle 14:00, subito dopo pranzo, o per alcuni, come noi, durante il pasto, cosa che ci consentiva di seguire l’evento tra un boccone e l’altro. Oggi, invece, per i Gran Premi europei, la Formula 1 ha un orario prettamente calcistico, alle 15:00, quando il pubblico italiano è preda della sonnolenza da “pranzo della domenica”.
Gp Belgio 2000: una gara segnante con protagonista Mika Hakkinen
Non ricordo bene cosa accadde all’inizio del Gran Premio del Belgio del 2000, ma eravamo a tavola, guardando la TV su RAI 1. Mio padre, carico di tensione, seguiva ogni momento, interrompendo il pranzo tra un boccone e l’altro, mentre il TG1 trasmetteva i collegamenti pre-gara dal Belgio.
Quel che ricordo chiaramente è l’immagine di una macchina rossa e una grigia che si inseguivano furiosamente, con mio padre che si alzava da tavola per l’agitazione. Papà mi spiegò che la “macchina rossa” era la Ferrari e che dovevamo tifarla perché era italiana, proprio come facevamo con il Napoli, la nostra squadra del cuore.
Arrivò il momento che segnò il mio primo ricordo della F1: la “macchina rossa” e la “macchina grigia” si trovarono davanti una “macchina bianca”, molto più lenta di loro. Entrambe le vetture più veloci si disposero ai lati di quella bianca: la “rossa” a destra e la “grigia” a sinistra. Alla curva, quella “macchia” grigia sorpassò entrambe, prendendo la testa della gara e poi vincendo.

Mio padre restò sconvolto da quella scena: uno dei sorpassi più famosi della storia della F1, ma purtroppo ai danni della Ferrari. Non avevo ben chiaro il concetto di “sconfitta”, ma vedere mio padre così turbato mi lasciò una strana sensazione. La macchina grigia divenne, ai miei occhi di bambino, una sorta di “cattivo dei film”. E ogni volta che guardavo la F1 in TV, quella monoposto incuteva timore. Lo faceva specialmente il suo pilota, Hakkinen, con il suo aspetto glaciale.
Il mio approccio con la Formula 1 non fu dei migliori, ma quell’evento rappresentò per me una sorta di “battesimo del fuoco”. Un’iniziazione necessaria, che mi avrebbe preparato alle incredibili emozioni che questo meraviglioso sport mi avrebbe poi regalato. Avrei certamente preferito un inizio diverso, ma forse è stato meglio così.
Auguri, Mika!